Sulle riforme istituzionali, i saggi propongono ricette di buon senso, orientate al superamento del bicameralismo perfetto. Saranno approvate? Forse è più semplice riformare le istituzioni in tempi di crisi economica e politica. Il maggior potere contrattuale di Napolitano dopo la riconferma.
IL DOCUMENTO DEI QUATTRO SAGGI
Mario Mauro, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello e Luciano Violante, i “quattro saggi” nominati da Giorgio Napolitano alla fine del suo (primo) mandato per proporre un corpo di riforme istituzionali, si sono incontrati cinque volte e hanno prodotto un documento piuttosto agile (29 pagine) che contiene una serie di proposte ragionevoli e ben individuate. Forse l’espressione inglese “no nonsense” (non insensato) è quella che meglio descrive il risultato finale prodotto dai saggi: si tratta di un insieme di proposte che, pur provenendo da esperti ideologicamente distanti, evitano con cura il pericolo maggiore per una riforma istituzionale: la creazione di un sistema insensato nel suo essere sconnesso e complicato.
Il documento è diviso in sei parti dedicate a temi ampi e cruciali, ovvero i diritti alla partecipazione politica da parte dei cittadini, il metodo stesso attraverso cui realizzare la parte costituzionale delle riforme, il legame tra Parlamento e Governo, le relazioni tra Stato e Regioni, il funzionamento del sistema giudiziario, e il finanziamento dell’attività politica. Anche se risulta naturale attribuire gradi diversi di importanza a queste aree di intervento, il modo in cui è scritto il documento sembra invece assegnare a tutte la stessa importanza, e può dunque trarre in inganno il lettore.
Ad esempio, è evidente come la riforma del rapporto tra elettori, Parlamento e Governo sia il tema cruciale per una democrazia rappresentativa: qui i quattro saggi si soffermano sul tema della governabilità, cioè la ricerca di un sistema che eviti stalli elettorali, poteri di veto eccessivi e lentezza nelle decisioni. Nella fattispecie, tre esperti su quattro ritengono preferibile un sistema parlamentare “razionalizzato”, mentre il solo Quagliariello predilige un sistema semipresidenziale, collegato necessariamente a una legge elettorale a doppio turno sia per il presidente che a livello di ogni singolo seggio parlamentare. Il sistema parlamentare “razionalizzato” è compatibile invece con diverse leggi elettorali, purché si allontanino da una regola puramente proporzionale. I quattro saggi sono però decisi nella propria avversione a un bicameralismo perfetto, poiché vi associano direttamente il rischio – diventato realtà dopo le elezioni del 24 e 25 febbraio – di uno stallo politico dovuto alla presenza di maggioranze possibili diverse nei due rami del Parlamento. Il Senato deve pertanto tramutarsi in un Senato delle Regioni composto dai presidenti delle Regioni e da rappresentanti di ciascuna di esse, e che sostituisce interamente la Conferenza Stato-Regioni nel gestire i rapporti tra livello centrale e livello regionale. Il potere legislativo e il voto di fiducia al Governo sono assegnati alla Camera, mentre il Senato delle Regioni può solo proporre emendamenti ai disegni di legge discussi nella Camera. Solo per alcune categorie ben definite di leggi rimane il bicameralismo perfetto.
Sempre all’insegna della governabilità, la proposta dei quattro saggi attribuisce poteri maggiori al presidente del Consiglio rispetto ai ministri (potere di nomina e revoca di questi) e alle commissioni parlamentari, che diventano la sede ordinaria dell’attività legislativa, con un ruolo residuale e di indirizzo politico per “l’Aula”, cioè la Camera in seduta piena.
Dal punto di vista del metodo attuativo delle riforme costituzionali, i quattro saggi avanzano l’idea di una “Commissione redigente” – composta da parlamentari e non parlamentari – che venga istituita con legge costituzionale e che abbia il compito di redigere un testo di riforma, poi votato come insieme di leggi costituzionali dai due rami del Parlamento. Si riecheggia dunque l’Assemblea costituente, ma si propone un itinerario diverso.
L’ORA DELLE RIFORME
Le 29 pagine del documento contengono un insieme corposo di proposte, che naturalmente devono essere vagliate nel dettaglio. Resta la questione cruciale di quanto sia verosimile l’inizio nel breve termine di una fase di riforme costituzionali. Per chi è convinto della necessità di decidere e realizzare in fretta queste riforme, ci sono a mio parere due elementi che ne aumentano la probabilità: il primo è la rielezione a Presidente della Repubblica del promotore stesso dei due comitati di saggi, quel Giorgio Napolitano che oggi dispone pienamente del potere di sciogliere le Camere, a differenza dell’ultimo semestre del precedente mandato (cosiddetto “semestre bianco”). In secondo luogo, è più facile porre in essere riforme istituzionali in un momento di crisi economica e politica, in quanto il pubblico, i media e i politici sono portati ad attribuire maggiore importanza a temi strutturali: se il meccanismo rappresentativo non appare in grado di esprimere in tempi ragionevoli un nuovo Governo, allora il sistema costituzionale stesso finisce sul banco degli imputati perché il problema è della struttura, non della singola disposizione normativa.
Detto in termini tra il lapalissiano e il brutale: un infarto dà maggiori stimoli a cambiare regime di vita rispetto a un banale raffreddore.
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antonio gasperi
che sia il momento giusto per le riforme nessuno lo nega, però nel motivarlo pare che l’articolo indichi più gli effetti della stasi istituzionale (rielezione Napolitano, attenzione dell’opinione pubblica) che le cause politiche ed economiche, le quali sono, forse non è inutile ricordarlo, la drastica semplificazione del sistema dei partiti (dovuta ad una legge elettorale che doveva essere la premessa della fallita riforma costituzionale del 2006) e l’alleanza fra detentori del capitale e classe dirigente che sta distruggendo lo stato sociale ed impoverendo i cittadini italiani più che altrove.
Ivano Zatarra Terzo
Brunetta ha subito detto che il Governo Letta (Enrico) deve realizzare i punti del programma Berlusconi: togliere l’Imu e rimborsarla, la giustizia, ecc… Insomma tutte quelle cose che avrebbero dovuto accontentare l’italica e mai soddisfatta pancia dell’elettorato e che, chissà in quale misura, hanno forse contribuito alla creazione dello stallo politico e istituzionale di questi ultimi cinquanta giorni.
Brunetta si dichiara un economista. Ma dando un’occhiata a Publish or Perish non si direbbe.
Parla come Mangi
La colpa è dei partiti di questa sistuazione che per meri calcoli elettorali non hanno cambiato la legge elettorale che fa si chi abbia si e no il 30% dei consensi dei votanti e non degli aventi diritt,i perchè in tal caso stiamo parlando – numeri alla mano – di Pd, Pdl e Sc che messi assieme non rappresentano neanche il 50% dei cittadini e questa distorsione abberante, deliberatamente voluta ha fatto spacciare per plebiscito l’elezione di napolitano che in realtà non è. La stessa evidenza si riflette sulla composizione dei saggi che non rappresentano neanche la metà dei cittadini. Per ciò che concerne la Costituzione essa è nata ed è stata concepita si un sistema elettorale proporzionale, come del resto dovrebbe essere, con un Parlamento che discute e approva le leggi e per finire con un presidente della repubblica garante della stessa, Non a caso è previsto il reato di alto tradimento proprio per il presidente. I partiti hanno snaturato tutto, non c’è da inventare, ma semmai attenersi alla costituzione e se qualcosa deve essere modificato devono essere i partiti che hanno occupato le istituzione come del resto è risultato evidente dal discorso di insediamento dello stesso presidente, essere un appello politico anzichè far valere dei valori costituzionali.
La rovina sono loro – i partiti -e non gli italiani che ne subiscono le conseguenze nefaste dell’occupazione delle isituzioni in un apparente consociativismo che ormai è ulteriormente degenerato e che può essere assimilato a patti di ferro molto simili a ricatti reciproci con un modus operandi da vere e proprie associazioni mafiose. Basta solo ricordare l’elezione di napolitano con le schede segnate e firmate pena l’espulsione alla faccia e in barba all’art.67 della costituzione.
Sono malati e avendo occupato le istituzione le hanno contagiate rendendo impossibile qualsiasi forma di democrazia, anche la più elementare, ammalando anche le stesse istituzioni ormai ridotte a loro mere propagazioni.
Il cancro va estirpato e solo dopo una lunga convalescenza si potrà mettere mano alle regole, fatto salvo scoprire poi che non era necessario.
carlo giulio lorenzetti
Un suggerimento puramente lessicale : meglio parlare di bicameralismo paritario o simmetrico e non di bicameralismo perfetto, ché se fosse veramente tale non si vedrebbe la ragione di correggerlo.