L’analisi dei congedi Covid-19 conferma, ancora una volta, che le madri svolgono il ruolo di principale care-giver all’interno delle famiglie italiane. Solo il 21 per cento dei papà ha fatto richiesta. Cosa succede quando la madre guadagna più del padre.
Chi ha preso il congedo Covid-19?
Le misure di contenimento del Covid-19 hanno avuto un forte impatto su vari aspetti della vita delle famiglie italiane, inclusa la gestione dei tempi di lavoro e di cura nel caso di famiglie con figli in età scolare e pre-scolare. Infatti, la necessità di garantire il distanziamento sociale in contesti di elevato rischio epidemiologico ha riportato, almeno parzialmente, all’interno dei nuclei familiari l’onere di gestire tempi e compiti normalmente affidati alle istituzioni educative.
Per far fronte a queste difficoltà il legislatore ha introdotto a partire da marzo 2020 col decreto “Cura Italia” specifici strumenti di sostegno alle famiglie: il congedo parentale Covid-19 per la cura dei minori fino a 12 anni è fruibile alternativamente da entrambi i genitori, o un bonus monetario per l’acquisto di servizi di baby-sitting (si veda anche rapporto Inps).
L’analisi del ricorso a queste misure consente di osservare il modo in cui le famiglie si sono confrontate con il contesto pandemico e le dinamiche che ne sono scaturite, che si dimostrano tutt’altro che neutre in termini di genere. In un contesto culturale e familiare caratterizzato da una netta preponderanza delle donne quale soggetto di riferimento per la cura dei figli, che effetti ha avuto la riorganizzazione e la temporanea “internalizzazione” dei tempi normalmente affidati a soggetti esterni alla famiglia?
Analizzando i dati Inps sui beneficiari di tali misure nel corso del 2020, si nota innanzitutto che le madri rappresentano una percentuale molto elevata dei richiedenti di entrambi gli strumenti: per il bonus baby-sitting, la quota si attesta al 68 per cento circa, per arrivare a ben il 79 per cento per il congedo. Se nel caso del bonus l’impegno si limitava agli adempimenti burocratici per la richiesta, nel caso del congedo la fruizione comportava l’astensione dall’attività lavorativa con una indennità pari al 50 per cento della retribuzione, con un impatto sulla prestazione lavorativa del richiedente e sul suo reddito.
Come mostrato nella tabella 1, la percentuale delle madri che usufruiscono del congedo cresce ulteriormente in presenza di minori di età inferiore ai 4 anni, sfiorando l’84 per cento del totale. Il protagonismo dei padri aumenta nel caso dei minori di età compresa tra i 5 e i 12 anni, ma resta comunque relativamente contenuto tanto in termini di incidenza (24,5 per cento) che di giornate di fruizione rispetto a quanto si osserva per le madri, e non subisce particolari variazioni in diverse aree del paese.
Per tener conto di elementi attinenti alla specifica condizione dei genitori sul mercato del lavoro, fortemente connotata dal genere in un contesto come quello italiano, abbiamo focalizzato l’attenzione sui fruitori del congedo-Covid e sul comportamento delle coppie di lavoratori del settore privato. Questo ci consente di stimare la probabilità che il genitore richiedente sia il padre, attraverso un modello di probabilità lineare in cui consideriamo l’effetto di altri fattori che potrebbero avere rilevanza, quali cittadinanza, età del padre e della madre, imponibile da lavoro dipendente del 2020, situazione lavorativa (tempo pieno o parziale, indeterminato o a termine), oltre che età e genere del minore.
L’analisi di regressione multivariata conferma quanto emerso dall’analisi descrittiva e aggiunge alcuni elementi interessanti rispetto alla situazione lavorativa dei componenti della famiglia. In effetti, oltre al fatto che i padri hanno una minore probabilità di essere i richiedenti del congedo quando i figli sono piccoli, si rileva che reddito del genitore e fruizione del congedo sono inversamente correlati. A parità di altre condizioni, la probabilità che il padre sia il richiedente si riduce all’aumentare del suo reddito e cresce all’aumentare del reddito dell’altro genitore. Ciò indica che il gender gap che caratterizza il mercato del lavoro italiano potrebbe incentivare le donne a stare a casa.
Tuttavia, gli effetti sono complessivamente modesti: un incremento del reddito della madre di 10 mila euro annui comporta un aumento della probabilità che a usufruire del congedo sia il padre di circa un punto percentuale. La scarsa reattività rispetto alla situazione lavorativa e alla relativa perdita economica determinata dal congedo suggerisce che oltre agli aspetti di carattere economico ci sono elementi di altra natura che giocano un ruolo rilevante nelle scelte intra-familiari di accudimento dei figli.
La conferma di schemi tradizionali
Per indagare ulteriormente questo aspetto, abbiamo stimato la probabilità che il richiedente sia l’uomo, in funzione del reddito relativo della madre rispetto al padre. Anche in questo caso, si assiste a un andamento coerente con quanto evidenziato in precedenza sia nel segno che nella forza della relazione: la probabilità predetta che il padre sia il genitore richiedente il congedo, rappresentata nella figura 1, aumenta all’aumentare della capacità reddituale relativa della madre, ma gli effetti sono complessivamente contenuti. Interessante è l’inversione nel segno della relazione che si registra quando il reddito materno supera quello paterno (circa il 20 per cento dei casi nel nostro dataset): oltre questa soglia, infatti, la probabilità che sia il padre a fruire del congedo si riduce anche se il “potere reddituale” della madre aumenta.
Figura 1 – Probabilità di ricorso al congedo Covid-19 da parte del padre in relazione alla capacità reddituale della madre
Le cause di questo andamento potrebbero derivare da meccanismi di compensazione che, secondo la letteratura, in alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, portano le donne con una retribuzione più elevata rispetto a quella dei loro partner ad attuare comportamenti tesi a controbilanciare il disagio derivante dal mancato rispetto di un modello sociale che vede nell’uomo il soggetto principalmente incaricato del mantenimento della famiglia (ad esempio, sopportando un maggior carico di lavoro nei ruoli di cura e domestici). Tuttavia, altri motivi che restano da indagare potrebbero giocare un ruolo. Ciò che emerge invece piuttosto chiaramente dai comportamenti delle famiglie, almeno per quanto riguarda la fruizione dei congedi Covid-19, è che la contrazione dei tempi di cura affidati all’esterno della famiglia a causa della pandemia non insidia, semmai ribadisce, gli schemi di accudimento tradizionali.
* Questo contributo è apparso contemporaneamente anche sul Menabò di EticaEconomia.
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Savino
E’ sempre evidente la carenza di welfare per ausilio familiare e questo discorso si estende oltre la pandemia e coincide con il calo demografico, con una società, un mondo del lavoro ed un welfare che scoraggiano all’incremento demografico. La generazione dei baby boomers, nati negli anni ’50 e ’60 continua ed essere privilegiata su chiunque quando lavora e quando è in pensione, a discapito di tutti quelli che sono arrivati dopo, complice una sottovalutazione dei titoli di studio in possesso e degli oneri familiari post lavoro a carico che debbono sostenere ventenni, trentenni, quarantenni e cinquantenni. Il mondo del lavoro sgangherato e primordiale esistente fino agli anni ’80 e alla prima metà degli anni ’90 non contemplava alcuna considerazione per i titoli di studio e prevedeva un lassismo all’italiana sul welfare basato più sul buon cuore che su tutto il resto; oggi ciò non è tollerabile e occorrono meritocrazia da un lato e diritti dall’altro per le generazioni piu’ giovani.