Lavoce.info

Un Nobel alla “nuova” econometria


Il Nobel per l’economia 2021 premia un approccio all’analisi empirica basato sull’utilizzo di una metodologia che permette il trattamento di dati osservazionali come sperimentali o quasi-sperimentali. Apre nuove prospettive di ricerca, ma ha anche limiti.

Il Nobel per l’economia 2021

I commenti sull’attribuzione del Nobel 2021 in economia a Joshua Angrist, David Card e Guido Imbens hanno principalmente riguardato i contributi dei premiati basati sull’analisi empirica, a proposito del mercato del lavoro o degli effetti dell’istruzione sul reddito, enfatizzando che i risultati sono stati ottenuti applicando il metodo sperimentale a dati non sperimentali.

I tre premiati hanno prodotto contributi fondamentali nella ricerca empirica, individuando soluzioni innovative per selezionare i dati osservati in modo da riprodurre un “esperimento naturale” o dati “quasi-sperimentali”. Le loro innovazioni metodologiche riguardano anche la risoluzione di problemi noti come causalità inversa, bias di autoselezione e confondimento non controllato.

Il Nobel ad Angrist, Card e Imbens premia però un approccio all’analisi empirica in economia basato sull’utilizzo di una metodologia che è attualmente molto discussa tra gli econometrici, proprio per le difficoltà insite nel trattamento di dati osservazionali come sperimentali o quasi-sperimentali. Infatti, i loro contributi si fondano su rigorosi studi empirici che conducono l’analisi di inferenza causale in un contesto in cui gli esperimenti randomizzati (casualizzati) sono praticamente impossibili.

Gli studi controllati randomizzati, che sono usualmente considerati come sperimentali, sono ampiamente utilizzati per l’inferenza causale nella ricerca clinica, dove l’identificazione di metodi di intervento affidabili per la cura del paziente è spesso molto incerta o addirittura ignota. In altri campi della scienza, e in particolare nelle scienze economiche e sociali, oltre alla difficoltà pratica di condurre esperimenti, esistono spesso anche vincoli etici sulla loro opportunità.

Per tenere conto della peculiarità dei dati osservazionali e della natura non sperimentale, sono stati sviluppati metodi statistico-econometrici specificamente progettati per l’inferenza causale basata sui dati osservazionali, quali le analisi difference-in-differences, le variabili strumentali, i disegni di discontinuità di regressione e l’analisi dei dati panel a effetti fissi. Questi metodi si rivelano particolarmente utili nella ricerca sociale anche per la crescente disponibilità di dati amministrativi e di basi di dati raccolti elettronicamente (big data). Gli studi condotti dai tre Nobel 2021 hanno utilizzato questi metodi.

Il problema della casualizzazione

Alla base degli studi sperimentali, che possono quindi essere controllati per le caratteristiche che non riguardano l’esperimento, sta la casualizzazione (randomization), requisito che non può essere soddisfatto nei dati osservazionali. Gli “esperimenti naturali” e i “quasi esperimenti” della economia empirica non sono esperimenti veri e propri, ma sono espedienti per una casualizzazione realizzata costruendo artificialmente gruppi di trattamento e gruppi di controllo. Nel caso dei dati osservazionali, si può quindi arrivare a dati “quasi sperimentali” ottenendo una casualizzazione ex-post. Ma ciò presuppone che si sia effettivamente in grado di verificare – e non solo assumere ex ante – che le probabilità di tutte le altre cause, tranne quella presunta, abbiano la stessa distribuzione nei gruppi di trattamento e di controllo e che le probabilità di assegnazione ai gruppi di trattamento o di controllo siano indipendenti da tutte le altre potenziali variabili causali.

Leggi anche:  Abuso economico, una violenza di genere

Gli esperimenti reali e la casualizzazione stessa raramente soddisfano questi requisiti. Quindi, sì, possiamo fare a meno di conoscere tutte le cause possibili, ma per farlo ci vogliono esperimenti ideali e una randomizzazione ideale, non bastano gli esperimenti reali. Questo significa che per identificare una procedura di selezione dei dati che riproduca una sorta di casualizzazione nell’insieme di quelli selezionati, individuando un gruppo di trattamento (soggetto alla misura oggetto di studio) e un gruppo di controllo, la conoscenza di base necessaria deve essere ampia e approfondita per inferire appropriatamente in senso causale.

Supponiamo, ad esempio, che si voglia stimare l’effetto della copertura sanitaria sulla salute delle persone. In uno stato Usa è stato effettuato uno studio basato sulle dimissioni ospedaliere dei pazienti ammessi al pronto soccorso. Questi pazienti vengono classificati secondo due criteri: età inferiore o superiore a 65 anni, possesso o assenza di copertura assicurativa sanitaria. Si determina così il sottoinsieme composto da coloro che sono privi di assicurazione (campione di controllo) e il sottoinsieme di coloro che sono coperti da assicurazione (campione di trattati). Affinché la situazione possa essere considerata un quasi-esperimento è necessario che sia soddisfatta la randomizzazione. Qui viene impiegata una tecnica che sfrutta la conoscenza dell’età soglia dei 65 anni. La tecnica presuppone che gli individui che sono abbastanza vicini alla soglia di età ma su lati diversi siano, in media, identici per quanto riguarda tutti i determinanti osservabili e non osservabili dell’esito di interesse, tranne appunto che per l’età. In questo modo, le regole così definite imitano le caratteristiche di uno studio clinico controllato randomizzato. La logica è quella di confrontare i risultati medi degli individui che si trovano appena prima e appena dopo la soglia, assumendo che l’attribuzione al lato sinistro o destro sia casuale. Questa regola consente di costruire ex-post il gruppo dei “trattati” e quello dei “non trattati”. La credibilità dell’assunzione è generalmente elevata quando gli individui prescelti hanno una età che si colloca in una zona molto vicina alla soglia, per esempio quando si confrontano individui nati appena uno o due mesi prima o dopo la soglia. Lo studio ha mostrato che la copertura assicurativa ha aumentato la durata della degenza e successivamente ha ridotto la mortalità.

Leggi anche:  La carriera politica di Silvio Berlusconi

Manca il modello teorico

Il risultato dell’esempio non può essere ritenuto valido in assoluto, perché la regola in esso adottata è basata su due insiemi di dati specifici, senza che sia enunciato un modello teorico di supporto che preveda una relazione causale tra copertura assicurativa e salute.

Per avere un riferimento in cui inquadrare la decisione dovremmo disporre di molta più informazione e specificare un modello strutturale. La modellazione strutturale è complicata e richiede una teoria economica ben definita e una quantità di dati molto superiore a quella di singoli casi di studio. Per aggirare questa difficoltà, al fine di valutare gli effetti di interventi di politica economica, da alcuni anni si assiste a una proliferazione di studi empirici basati su “esperimenti naturali” o dati quasi sperimentali, come alternativa alla modellazione strutturale.

L’approccio ha però dei limiti. Innanzitutto, può essere difficile trovare interventi di politica economica adeguati, cioè che permettano di rispondere a specifiche domande di ricerca. Ciò che può essere studiato dipende quindi dalla possibilità di definire una regola che selezioni, tra i dati disponibili, quelli adatti a costituire i due gruppi, quello dei “trattati” e quello dei “non trattati”. Inoltre, la validità esterna (external validity) e la generalizzabilità dei risultati non sempre sono possibili, e devono essere definite con cautela. Infine, ma non meno importante, devono essere soddisfatte le ipotesi di identificazione: l’assenza di influenza diretta di uno strumento sul risultato e l’assenza di tendenze comuni tra i gruppi di trattamento e di controllo. E vale la pena ricordare che la validità delle ipotesi non può essere testata direttamente.

Questi metodi sono comunque interessanti e aprono prospettive nuove di ricerca nell’ambito dell’econometria empirica, anche se i risultati di volta in volta ottenuti vanno valutati con cautela per la difficoltà nel soddisfare le condizioni su cui si basa il metodo sperimentale.

È auspicabile che in futuro l’analisi empirica basata su un modello strutturale e quella basata sul metodo sperimentale si integrino in maniera complementare e non siano viste come antagoniste.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Abuso economico, una violenza di genere

Precedente

Per i lavoratori poveri va ripensato tutto il sistema di sostegno

Successivo

Passo avanti per il nuovo Codice delle pari opportunità*

  1. Marco Gerani

    Thanks Prof. Orsi for the article. The point on structural models vs. impact evaluation is well made, thanks. However:

    1) the article forgets to mention that half the prize was for Imbens, Angrist, and another half to Card. Card himself stated his part would have been shared with Krueger, if he was alive. Any article about this year Economics Prize not mentioning Krueger loses credibility. The role of Princeton is not vital but could have been mentioned too.

    2) in the example made, it is unclear how the 65 years old threshold is chosen: the article should specify that 65 is the age of Medicare onset. Missing that, the regression discontinuity design does not make sense and is unclear how or why the design simulates an experiment.

    3) A theory of change / logic model is often enunciated in these papers, so there is a theory discussion, and some channels of influence which form logic models are also tested. The article focuses on the shortcomings of experiment/quasi-experiment research vs. structural models, which is good, but it could have enunciated what the structural models would add to the (often, not always) existing theories of change.

    Best regards,
    Marco

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén