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Congiura del silenzio sulla tassazione delle rendite immobiliari

La tassazione delle trasformazioni urbane è così bassa da rendere il nostro paese un paradiso fiscale in questo campo. Ma dal 2014 una legge consente di tassare le grandi rendite immobiliari. Ignorata dalle regioni, sarà ripresa dalla riforma fiscale?

Un paradiso fiscale per immobiliaristi

Alle prese con una cruciale riforma dell’imposizione fiscale, anche il governo Draghi sembra prigioniero della congiura del silenzio che si è affermata nel nostro paese in tema di tassazione delle rendite immobiliari ed edilizie che nascono dai processi di trasformazione delle città.

Sottolineo subito che intendo per rendite immobiliari le plusvalenze che emergono dall’edificabilità di terreni in precedenza agricoli, dalle trasformazioni nel loro uso e dagli aumenti di volumi realizzabili; dunque le plusvalenze dei developer immobiliari. Non parlo delle “rendite” dei puri proprietari né di Imu.

La tassazione delle trasformazioni urbane è assegnata in misura preponderante alla fiscalità dei comuni attraverso gli oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria) e i contributi di costruzione, che sono pagati dai costruttori per i costi che i comuni devono affrontare per consentire l’utilizzo degli edifici (infrastrutture), per adeguare i servizi ai nuovi residenti e per i disagi arrecati nella fase di costruzione. Nel nostro paese il loro livello è tradizionalmente limitatissimo (anche se si comprendono i cosiddetti extra-oneri contrattati con le amministrazioni): si va da un 2 per cento a un 5-6 per cento del valore del costruito, contro il 30 per cento della Germania (vi si finanzia anche tutta l’edilizia sociale) e il 15 per cento in Francia sui progetti maggiori. Anche tenendo conto della imposizione nazionale delle plusvalenze (facilmente aggirabile e comunque assai ridotta) siamo in presenza di un vero paradiso fiscale.

Un secondo elemento preoccupante è emerso da uno studio del Servizio studi della Banca d’Italia, che mostra l’incredibile accelerazione dell’aumento dei prezzi delle costruzioni residenziali e l’ancor maggiore crescita del valore del suolo urbano. Fra il 1990 e il 2008, i prezzi delle abitazioni sono quasi raddoppiati, mentre i costi sono aumentati meno del 10 per cento, dando luogo a una esplosione del valore dei suoli, praticamente triplicati (il tutto al netto dell’inflazione) (figura 1a). Nel caso delle città maggiori, un raddoppio dei prezzi delle abitazioni era avvenuto già durante il boom economico (1950-1965), in costanza dei costi, mentre fra il 1970 e il 2008 i prezzi triplicavano, aprendo ulteriormente la forbice a favore dei valori fondiari (figura 1b).

Dati questi andamenti, la profittabilità lorda del settore immobiliare appare altissima e non ha pari negli altri settori industriali. Da una cauta valutazione effettuata sui dati ufficiali di sei ben noti Accordi di programma a Roma e dintorni (Polo tecnologico, Bufalotta, Lunghezza, Frascati Centro, Monterotondo, Colleferro) sono emerse plusvalenze (extraprofitti rispetto ai profitti normali del costruttore e dell’immobiliarista, e rendite di trasformazione) pari a oltre il 50 per cento dei prezzi di vendita (con una punta del 70 per cento a Frascati) e pari a oltre il 100 per cento del totale dei costi (Modigliani e altri, 2016).

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La svolta nello “Sblocca Italia”

Fortunatamente, una importante riforma degli oneri di urbanizzazione è stata introdotta con l’art. 17 della legge “Sblocca Italia” del 2014, subito integrata nel Testo unico delle disposizioni in materia Edilizia (Dpr 6.6.2001 n. 380, art. 16(L) comma 4.d-ter): al di là degli oneri tradizionali, introduce un “contributo straordinario” sul “maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica o in deroga (…) in misura non inferiore al 50 per cento”.

Si tratta di una norma che finalmente porta l’Italia nella schiera dei paesi avanzati, federalista perché lascia spazi di manovra alle autonomie locali, regioni e comuni, e non ambigua. Inoltre, impone che il gettito sia “vincolato (…) alla realizzazione di opere pubbliche e servizi”, cioè nuova domanda edilizia, realizzando una condizione che chiamerei win-win fra settore pubblico e privato.

Figura 1 – Prezzi reali delle case, del suolo e costi reali di costruzione in Italia (1945-2012)

a. Tutte le città

b. Principali città (prezzi reali delle case)

Fonte: Cannari e altri, 2016

Il comune di Roma ha anticipato e ispirato la riforma degli oneri con una norma tecnica (n. 20) del Nuovo piano regolatore del febbraio 2008, che prevede il contributo straordinario addirittura del 66 per cento. Il municipio ha difeso questa norma generale fino al Consiglio di Stato che ne ha codificato la legittimità con la importante delibera dell’8 giugno 2010 (depositata il 13.7.2010).

Si è superficialmente obiettato che la materia è soggetta alla potestà legislativa concorrente delle regioni e che dunque allo stato resta solo la possibilità di esprimersi su principi fondamentali. Tuttavia, proprio di un principio generale e fondamentale si tratta, che innova profondamente sulla giustificazione degli oneri: non più solo concorso al costo delle infrastrutture e dei servizi, ma compartecipazione a un plusvalore che è generato, in linea con la teoria economica classica, dallo “sviluppo generale della società”, e dunque dall’insieme delle iniziative e degli investimenti pubblici e privati sulla città.

Purtroppo, a oltre sette anni dall’approvazione, la legge è stata quasi totalmente disattesa nella pratica legislativa e attuativa: dapprima ignorata e poi tacitamente o esplicitamente disconosciuta dalle norme regionali, nel silenzio totale della “cultura urbanistica”. Solo tre regioni hanno legiferato, indicando il 50 per cento come entità del prelievo (Piemonte, Liguria e Toscana), ma non mi risultano applicazioni effettive; altre regioni non ne parlano proprio. Casi limite di illegittimità – a mio avviso, confortato dall’opinione di un giurista rigoroso come Alberto Roccella – sono quelli di Emilia-Romagna e Lombardia, le cui leggi in materia affermano che la disposizione “non trova applicazione” sul loro territorio. Milano non applica la legge nazionale, con rilevanti perdite di gettito fiscale che ho potuto calcolare in un caso rilevante.

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Con tali plusvalenze e le attuali tassazioni benevole, è fatale che in Italia il risparmio privato e molte energie imprenditoriali si rivolgano sempre più al real estate e sempre meno all’industria, e che il settore immobiliare, specie nei grandi progetti nelle città più grandi, sia a rischio di inquinamento da capitali internazionali di origine non trasparente.

È importante osservare che non sarebbe contrario alla lettera della legge applicare sconti sugli oneri e mantenere alcuni incentivi per i casi, più costosi, di rigenerazione urbana di provato interesse collettivo. Ma si dovrebbe partire comunque dal livello di oneri previsto dalla legge, mantenendo un congruo differenziale rispetto al trattamento di progetti di nessun interesse pubblico o effettuati su suolo non edificato.

In conclusione, è possibile oggi che i comuni tassino adeguatamente le grandi rendite di trasformazione urbana, facendo leva su una legislazione già esistente, e investano le entrate conseguenti in sostenibilità e inclusione sociale, senza necessariamente aspettare le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Sarebbe importante che nella riforma fiscale – che dovrà prima o poi affrontare anche il problema della finanza locale – si ribadisse l’esistenza e la vigenza di questa legge, magari estendendone il campo a tutte le trasformazioni urbanistiche. E anche la nuova “Commissione per la riforma della normativa nazionale in materia di pianificazione del territorio”, istituita di recente dal ministro Giovannini, potrebbe utilmente riflettere sulla materia, specifica, ma centrale per una efficace ed equa politica urbana e territoriale.

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  1. Pietro Della Casa

    È cambiato qualcosa dai tempi de “Le mani sulla città”?

  2. Grazie di quest’analisi davvero eccezionale della finanza e della fiscalità dello sviluppo immobiliare, in particolare nelle grandi città! Oltre l’inadempienza regionale e l’arretratezza normativa bisogna lamentare una grave mancanza di trasparenza, condizioni ideali per l’arbitrario amministrativo, l’inefficienza giudiziaria, truffe private, collusioni pubbliche e il mantenimento del mondo occulto di arricchimento privato anonimo e di finanziamento illecito della politica. Il sindaco della capitale economica del paese dichiara in tv che non sa da dove vengono i capitali che finanziano lo sviluppo immobiliare più importante dalla seconda guerra! Potrei raccontare la storia di 24 ha di terreni agricoli a 5 km da Linate dichiarati inedificabili, venduti 15 anni fa a 10 mio, ma resi subito dopo edificabili e valutati 110 mio. Nessun’indagine penale ha disturbato i promotori fortunati e i loro appoggi pubblici non nascondibili, perché nel paese dell’azione penale obbligatoria mancava l’elemento della minaccia a coloro che vendendo sono stati truffati, non solo da astuti imprenditori privati. Dove sono finiti tutti questi guadagni?

  3. Jacopo Foggi

    Articolo eccezionale di cui ringrazio l’autore. Ha portato una ventata di aria fresca e alzato gli altarini su una questione centrale per l’intero modello di sviluppo italiano. E’ possibile ricondurre a questo aspetto molti problemi, dalla continua impermeabilizzazione dei suoli al declino della produttività industriale alla scarsa pratica della rigenerazione a scopi sociali degli edifici.

  4. ugo romano

    La bella pagina di analisi sul fenomeno delle alte rendite immobiliari tassate in misura irrisoria e degli effetti sulle scelte di allocazione dei capitali in real estate piuttosto che in attività produttive ha radice profonde purtroppo ignorate dalle masse, tenute all’oscuro da una stampa a dir poco reticente: le radici vanno ricercate nell’affossamento della Riforma Urbanistica di Fiorenti Sullo, killeraggio operato dagli stessi amici di partito (…e il modo ancor m’offende…); nello scombinato sistema di distribuzione dei poteri tra Stato Centrale, che emana norme fiscali di puro favore alla rendita in parola, e alla assoluta incapacità degli Enti Locali ad assumersi responsabilità difronte al proprio elettorato. Tale mix ha prodotto e continuerà a produrre soltanto cementificazione selvaggia, ingiustizia fiscale, deturpazione del territorio con conseguenti ricorrenti catastrofi …naturali..

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