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Preoccupati dalla disuguaglianza, ma non cerchiamo rimedi*

Gli italiani sono preoccupati per la disuguaglianza, ma la richiesta di interventi redistributivi non si discosta da quella di altri paesi. Anche perché circola una certa sfiducia nell’efficacia delle politiche. Come modificare la situazione.

Un problema sentito

Gli italiani tendono a essere più preoccupati dalla disuguaglianza nei redditi rispetto ai cittadini di altri paesi, come mostrato in un recente rapporto Ocse. La preoccupazione è determinata da una percezione di alta disuguaglianza – in linea con i dati oggettivi – e da una scarsa fiducia nell’uguaglianza di opportunità, in particolar modo per quanto riguarda le possibilità di diventare relativamente abbienti. Gli italiani tendono inoltre a non collocarsi correttamente nella scala dei redditi: soprattutto i più ricchi, che si ritengono più vicini alla classe media di quanto siano effettivamente.

Che influenza hanno queste percezioni e preoccupazioni sulla domanda per politiche volte a ridurre le disuguaglianze? Nonostante la preoccupazione, la richiesta di una maggior redistribuzione è in linea con quella di altri paesi.

Il sostegno a un maggiore intervento redistributivo da parte del governo è infatti in linea con la media Ocse (figura 1): il 65 per cento degli italiani ritiene che il governo dovrebbe fare di più per ridurre le differenze tra ricchi e poveri, un valore inferiore a paesi con livelli di disuguaglianza simili o più bassi (come Spagna e Grecia).

Poca fiducia nelle soluzioni politiche

Una possibile spiegazione risiede nella scarsa fiducia nell’efficacia delle politiche redistributive. In effetti, una larga maggioranza di italiani ritiene che i benefit vadano a persone che non li meritano o non ne hanno diritto (73 per cento contro il 64 nella media Ocse, secondo i dati dell’indagine Risks that Matter 2020). Questa percezione si può ricollegare a due atteggiamenti. Da una parte, al convincimento che chi riceve trasferimenti sociali sia in realtà responsabile della situazione d’indigenza in cui si trova; una convinzione forse indotta anche da una forte attenzione mediatica a casi di utilizzo indebito. Circa un quarto degli italiani ritiene che i poveri siano tali per pigrizia o mancanza di forza di volontà, un valore in realtà non così elevato rispetto alla media Ocse (34 per cento, dati Risks that Matter 2018). Dall’altra parte, la scarsa fiducia nell’efficacia delle politiche potrebbe riflettere il timore che i trasferimenti vadano spesso a persone che non ne hanno effettivamente bisogno. I dati oggettivi Ocse corroborano in parte questa ipotesi, indicando che meno di un decimo dei trasferimenti sociali va alle famiglie del 20 per cento più povero, contro circa un quarto in media Ocse.

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Il sostegno a un sistema di tassazione maggiormente progressivo sembra però più largamente condiviso: il 71 per cento vorrebbe una maggiore tassazione sui più ricchi. Questa volontà è coerente con la percezione che la ricchezza non è necessariamente meritata, ma anche frutto di privilegi. Il consenso verso una tassazione più progressiva può essere spiegato, inoltre, dalla tendenza a percepirsi meno ricchi di quanto si è in termini relativi. Non a caso, le riforme tributarie sono spesso accompagnate da un acceso dibattito su quale soglia di reddito definisca effettivamente i ricchi.

Come disegnare le riforme

L’evidenza per l’Italia, così come quella per altri paesi Ocse, mette in luce come il sostegno pubblico per politiche volte a ridurre la disuguaglianza non vada dato per scontato, anche quando le persone sono fortemente preoccupate dalla questione. Entrano infatti in gioco altri elementi, come la sfiducia nelle politiche pubbliche o le opinioni sull’importanza del merito. Una migliore comprensione di tali fattori aiuterebbe a disegnare misure non solo efficaci, ma anche capaci di intercettare un largo consenso.

Per esempio, il rapporto dell’Ocse mostra che per le persone è importante sia ridurre le disparità economiche sia promuovere l’uguaglianza di opportunità, come risulta evidente anche nelle percezioni degli italiani. Politiche che riescano a incidere su entrambi gli aspetti – per esempio aiutando, con percorsi di formazione, ad attivare i beneficiari di trasferimenti sociali che hanno effettivamente la possibilità di uscire dalla povertà – hanno perciò una maggior probabilità di ricevere un ampio consenso.

D’altro canto, la ricerca più recente mette in luce come le persone siano più disposte a sostenere politiche che ritengono efficaci. Oltre a reiterare l’importanza di disegnare politiche efficaci utilizzando l’evidenza disponibile, il risultato sottolinea quanto sia importante facilitare la comprensione di come le politiche funzionino, per esempio mostrando il loro effettivo impatto sulla vita delle persone più svantaggiate.

Anche se la maggioranza degli italiani concorda che la disuguaglianza sia un problema, spesso si registrano posizioni eterogenee, frutto di percezioni differenti sulla dimensione del problema e sulle sue cause. Fornire informazioni accurate sulle disuguaglianze può aiutare a creare un terreno comune per il dibattito pubblico, riducendo la divisione e la polarizzazione dell’opinione pubblica. Non bisogna però illudersi che l’informazione sia una panacea e che da sola possa modificare sostanzialmente le opinioni sulle politiche pubbliche. Un passo significativo in questa direzione potrebbe essere la costruzione di un atlante della mobilità intergenerazionale sulla base di dati amministrativi, che permettesse ai cittadini di osservare come la mobilità sociale vari tra le diverse città e quartieri.

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* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire esclusivamente agli autori e non investono la responsabilità delle organizzazioni di appartenenza.

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  1. Lorenzo

    Del resto se la parte politica che ha emanato la flat tax è premiata dagli elettori, ci sarà pur un motivo!
    P.S. Come è possibile portare sullo stesso piano di chi guadagna 60 k€, chi invece be guadagna un quarto di tanto?

  2. Alessandro Sebastiani

    A proposito dell’utilità di fornire informazioni accurate sulle diseguaglianze per aiutare le persone ad avere una “percezione” corretta della situazione, mi sembrerebbe importante riportare se i dati nei vari paesi indichino una correlazione fra aumento delle disuguaglianze e aumento della percentuale della popolazione in povertà assoluta (non relativa). Se così non fosse, almeno riguardo al benessere economico, andrebbe sottolineata la necessità che tutti abbiano pari opportunità, piuttosto che una maggiore eguaglianza nella ricchezza personale. Ci sono dati al riguardo?

  3. Jeriko

    <>
    Come gia´ evidenziato in un precedente commento: come e´ possibile portare allo stesso livello chi guadagna 60K€ e chi ne guadagna un quarto?
    Personalmente ritengo che la questione sia affrontata erroneamente ed evidenzia un´approccio pseudo-comunista tutto italiano: non bisogna livellare, ma definire soglie sotto le quali scattano gli aiuti (e punire duramente chi percepisce indebitamente anche pochi euro).
    Il rischio e´ quello di incentivare la starvazione in attesa degli aiuti.
    La questione delle oportunita´, invece, passa tutta dal sistema scolastico. Su questo punto si potrebbe fare molto di piu per dare accesso a chi non se lo puo´ permettere a tutti i livelli di istruzione; evitando chi non vuole o non ottiene determinati risultati.

  4. domenico schiesari

    Mi pare impossibile che non si riescano ad individuare coloro che stanno effettivamente vivendo una situazione economica e culturale difficile. Lì dobbiamo intevenire economicamente e fornire un aiuto per riconoscere la scuola come una leva contro le disuguaglianze.
    nico schiesari

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