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Le tante Italie della diseguaglianza

Non c’è più solo lo storico divario Nord-Sud Italia. Ora emerge anche quello tra Est e Ovest. Perché la crisi ha accentuato le disuguaglianze nelle regioni più fragili, ma in modo diverso tra aree adriatiche e tirreniche. E il Lazio è un caso emblematico.

Il dato regione per regione

I dati sugli indici di diseguaglianza di Gini a livello regionale, che l’Istat ha da poco aggiornato sul suo sito (dati.istat.it), ci danno l’occasione per approfondire il livello e la dinamica recenti del fenomeno in Italia.

Partiamo dai livelli. La figura 1 riporta l’indice di Gini dei redditi disponibili per alcuni paesi europei e per le regioni italiane. L’Italia si conferma come uno degli stati in cui le disuguaglianze sono più ampie, comparabili a Portogallo e Grecia e superiori a Francia e Germania.

Tuttavia, il dato aggregato nasconde un’eterogeneità tra regioni talmente marcata da rendere poco esplicativo limitarsi al livello nazionale. Se alcune regioni presentano infatti livelli di diseguaglianza simili a quelli dei paesi più disuguali d’Europa, altre sono assimilabili alle socialdemocrazie scandinave.

Il quadro che se ne ricava non sembra inoltre ripercorrere il classico gradiente Nord-Sud. Tra le regioni più disuguali c’è il Lazio, dove la concentrazione dei redditi è seconda solo alla Sicilia. Al contempo, Abruzzo, Molise e Puglia si collocano al di sotto della media italiana. Emergono quindi due diversi Sud: quello adriatico, simile alle regioni del Nord, e quello tirrenico, con livelli di disuguaglianza in genere superiori, che include a pieno titolo anche il Lazio.

Differenze tra Sud tirrenico e Sud adriatico

Passando alla dinamica della diseguaglianza durante l’ultimo decennio (figure 2 e 3), i cambiamenti dell’indice di Gini sono molto eterogenei tra le regioni.

In generale, la crisi sembra aver determinato un più forte aumento della diseguaglianza nelle aree più fragili. I divari tra aree ricche e povere si stanno ampliando. Anche in questo caso le marcate differenze non sono ordinabili sull’asse dello storico dualismo territoriale. Accanto a regioni che hanno visto un forte incremento della concentrazione dei redditi – e di nuovo il Lazio è protagonista, insieme a Calabria e Sicilia – ve ne sono altre dove la diseguaglianza non è cambiata in modo significativo, inclusa la Campania, e altre ancora in cui l’indice di Gini è diminuito, in particolare l’Emilia-Romagna. Al contrario, in Veneto e in provincia di Trento la diseguaglianza è leggermente cresciuta, partendo però da valori bassi.

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I livelli e la dinamica della diseguaglianza fanno emergere una distinzione in parte originale tra le regioni: l’area con minore diseguaglianza è il Nord-Est assieme a gran parte del Centro, mentre il Sud si divide in due parti: quella tirrenica, che nei fatti include anche il Lazio e arriva fino alla Sicilia, in grossa difficoltà, e quella adriatica dove la diseguaglianza è minore e in crescita più contenuta.

In tema di disuguaglianze l’Italia è sostanzialmente una somma di differenti paesi nel paese, diversi almeno quanto lo sono tra loro gli stati dell’Unione europea. I confini tra questi piccoli paesi nel paese sono in parte inattesi: oltre al divario Nord-Sud, sta emergendo infatti un divario Est-Ovest.

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  1. Savino

    La diseguaglianza più acuta non è nemmeno geografica, ma generazionale e patrimoniale. In età teoricamente lavorativa, un reddito da lavoro dipendente o non c’è o, quando c’è, è insufficiente alle esigenze vitali. Al contrario, fruttano sovrapiù le rendite vitalizie in età di quiescenza,dal cumulo di pensioni medie agli immobili.

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