Introdotto a fine 2020 e abbandonato sei mesi dopo, il costoso cashback ha contribuito ad aumentare i pagamenti elettronici, ma ha avuto ben pochi effetti sull’evasione fiscale. Benché più utile allo scopo, anche la lotteria degli scontrini va ripensata.
Due misure contro l’evasione
In una recente relazione sulle misure prese dal governo per ridurre l’evasione fiscale, il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è occupato del cashback e della lotteria degli scontrini, introdotti dal governo Conte II alla fine del 2020.
La valutazione che viene fuori non è molto diversa da quella che era stata anticipata quando la misura venne introdotta: un meccanismo di ricompensa per l’utilizzo dei metodi di pagamento elettronici tende ad avere un impatto positivo sull’uso delle carte di debito e di credito, ma è importante determinare in quali settori applicare il cashback se non si vuole rendere la misura poco efficiente e poco sostenibile per le finanze pubbliche. Un discorso diverso va fatto per la lotteria degli scontrini, il cui costo non è stato molto elevato, ma la cui efficacia è stata minata da un meccanismo complicato e dalla partecipazione limitata da parte degli utenti, anche a causa di una comunicazione carente.
I limiti del cashback
Sono passati ormai oltre sei mesi dalla sospensione del cashback, ma continuano a non esserci abbastanza dati per una valutazione precisa dei benefici del programma, mentre i costi sono certi e molto elevati: 4,75 miliardi di euro. Se un bilancio complessivo è dunque complicato per mancanza di dati, la relazione del Mef è piuttosto lapidaria nell’affermare che il gettito recuperato grazie all’emersione di transazioni che altrimenti non sarebbero state tracciate non può essere così alto da coprire i costi della misura. Per corroborare la conclusione, sarebbe importante, quando saranno disponibili i dati, mettere in relazione l’andamento del tax-gap con l’introduzione del cashback e anche della lotteria degli scontrini, che è tuttora attiva.
Vi sono comunque alcuni elementi che potrebbero far pensare che il cashback non abbia funzionato e che forse anche la lotteria degli scontrini potrebbe presentare dei problemi.
Le due misure riguardano tutte le tipologie di acquisto: secondo i dati finora disponibili, il 57 per cento del valore delle transazioni è avvenuto in esercizi commerciali ad alto rischio di evasione, mentre il restante 43 per cento è avvenuto in settori a basso rischio. Quasi metà delle risorse impiegate, dunque, è stata utilizzata per limitare l’evasione in settori dove già era piuttosto bassa. Sarebbe stato più opportuno circoscrivere l’intervento ai settori ad elevata evasione.
Inoltre, perché questi schemi di incentivo abbiano effetto sulla lotta all’evasione, è necessario che i dati dei pagamenti elettronici siano utilizzabili dall’amministrazione finanziaria a fini fiscali. Attualmente, invece, i pagamenti elettronici non sono comunicati automaticamente all’amministrazione finanziaria. Come si propone nella relazione, bisognerebbe “trasformare i Pos in veri e propri sostituti dei registratori telematici di cassa”, in modo da garantire all’amministrazione finanziaria la tracciabilità di tutti i pagamenti così effettuati, come già avviene con la fatturazione elettronica. Senza questo accorgimento, il pagamento elettronico da parte del consumatore incentivato dal cashback non ha alcun effetto sulla propensione a evadere del venditore. Il pagamento elettronico potrebbe infatti non essere accompagnato dall’emissione dello scontrino fiscale, visto che il registratore telematico di cassa e il Pos non son tra loro collegati.
Date queste criticità, è verosimile che l’unico effetto del cashback sia l’aumento del numero di transazioni con pagamento elettronico che, comunque, riduce i costi di transazione e aumenta la sicurezza dei pagamenti. Ma non era ovviamente questo il fine della misura.
Il governo ha deciso in estate di interrompere il cashback: i quasi cinque miliardi stanziati non giustificavano l’unico fine dell’aumento dei pagamenti elettronici. Tuttavia, crediamo che un disegno della misura che prevedesse la tracciabilità dei pagamenti Pos, unito all’obbligo dell’utilizzo di questo metodo di pagamento per le attività a più alto rischio di evasione, magari limitando a queste ultime i confini dell’intervento, avrebbe potuto renderla molto più efficace.
Come rilanciare la lotteria degli scontrini
Per quanto riguarda la lotteria degli scontrini, il problema della tracciabilità non si ripropone. Per partecipare, infatti, è necessario che l’esercente emetta uno scontrino fiscale, rendendo la transazione effettivamente tracciabile: quindi sicuramente la misura contribuisce alla lotta all’evasione.
Il problema è che la lotteria, ancora attiva, è stata disegnata in maniera contorta, rendendo complicata la partecipazione da parte dei cittadini. E al contrario di quanto accaduto con il cashback, ancora oggi non è stata pubblicizzata a sufficienza. I modi per migliorarne l’efficacia ci sono, come suggerito dalla relazione del Mef e anche su questo sito. Per esempio, si potrebbe decidere di legare la partecipazione all’utilizzo del codice fiscale, rendendola più immediata per chiunque. Si potrebbe inoltre prevedere un numero di estrazioni molto più ravvicinate, o addirittura istantanee, in modo da aumentare l’interesse del cliente al momento dell’emissione dello scontrino. Senza dubbio, è necessaria una revisione della misura.
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Lorenzo
Ancora attiva? Non sapevo nemmeno che fosse partita.
Matteo Marchini
Per incentivare i pagamenti digitali senza sperperare un sacco di soldi, invece di risarcire il 10% dell’acquisto al cliente, non sarebbe più conveniente ed efficace riconoscere all’esercente un ristoro più alto delle commissioni che pagano per l’uso del bancomat? Alla fine, se fosse una fonte di un, seppur piccolo, guadagno, sarebbero gli esercenti a chiedere di pagare bancomat perfino il caffè.
Enrico
Incentivi come il cashback e la lotteria degli scontrini sono sostanzialmente falliti in tutti i paesi in cui sono stati applicati. Il motivo è che un individuo mediamente disonesto, ma razionale, piuttosto che fatturare troverà sempre conveniente praticare uno sconto pari al “risparmio” fiscale, che normalmente è pari all’IVA più l’Irpef dovuta sul lavoro e sul markup. Parliamo di percentuali superiori al 35%, che sono lontanissime da qualsiasi incentivo. Con i quasi 5 mld sprecati per il cashback si potevano pagare gli stipendi ad almeno 10000 ispettori fiscali per 10 anni.
Francesca M
Il cashback ha avuto un effetto collaterale positivo: convincere molti cittadini , anche anziani, a dotarsi di spid, che può essere utilizzato per molte transazioni con la pubblica amministrazione.