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Preoccuparsi oggi della vecchiaia di domani

Le persone più giovani appaiono pronte a preoccuparsi in anticipo dei rischi legati alla non autosufficienza. Istituzioni e organizzazioni devono iniziare a promuovere servizi nuovi che siano più vicini alle necessità delle famiglie di oggi e di domani.

Un modello di welfare che scricchiola

Il 4° Rapporto dell’Osservatorio Long Term Care del Cergas SDA Bocconi propone una fotografia del profilo dei non autosufficienti di oggi, cui affianca la prospettiva diretta degli anziani di domani, indagando la percezione del rischio di non autosufficienza e il rapporto con i servizi di welfare.

Gli anziani non autosufficienti oggi in Italia sono 3,8 milioni. Un numero impressionante, che vive principalmente al domicilio, accudito da 2,5 milioni di caregiver familiari e da oltre un milione di badanti, in entrambi i casi prevalentemente donne. I servizi pubblici domiciliari hanno una potenza di fuoco limitata, orientata a un approccio riparativo, che non può configurarsi come una presa in carico completa e coerente con un bisogno di lunga assistenza.

Il modello attuale oggi scricchiola per la progressiva riduzione delle persone disponibili a fare le badanti e per il diradarsi delle strutture familiari, che si traduce in anziani sempre più soli. Come si collocano gli anziani di domani in questo quadro? Quale grado di consapevolezza hanno rispetto alla non autosufficienza e quale percezione hanno dei servizi?

Più consapevolezza del problema

Tradizionalmente, gli italiani si sono dimostrati poco sensibili al tema non autosufficienza in età anziana: nel 2015, il 30 per cento dei cittadini dichiarava di non pensare a questo rischio, né ai potenziali esborsi connessi, il 23 per cento di porsi il problema solo quando dovesse sopraggiungere e il 17 per cento di contare sul welfare pubblico in caso di bisogno. Da allora la percezione sul tema è profondamente mutata. Da un lato, le compagnie assicurative hanno iniziato a proporre sul mercato polizze dedicate; dall’altro, la pandemia ha portato il tema dell’assistenza agli anziani all’attenzione del grande pubblico.

Alcuni primi dati sul cambio di approccio emergono da una survey esplorativa che ha raccolto la prospettiva diretta di 508 individui residenti nel Nord Italia, diffusa grazie alle pagine social di sette enti di erogazione di servizi di welfare. L’indagine ha avuto una natura esplorativa e ha limiti di rappresentatività, ma fornisce alcuni dati preliminari di grande interesse. I rispondenti sono principalmente donne (70 per cento), di età media 37 anni, residenti in città metropolitane (35 per cento) o di medie dimensioni (17 per cento).

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Le risposte mostrano elementi di discontinuità rispetto al passato: il 65 per cento dei rispondenti si dichiara infatti pronto a adottare comportamenti di prevenzione e a organizzarsi in anticipo rispetto all’età anziana. Il 13 per cento ha raccolto attivamente informazioni anche rispetto a servizi specifici e il 3 per cento circa ha già preso accordi per attivarli nel momento futuro più opportuno.

Alla domanda rispetto a quali servizi immaginano di dover richiedere nel futuro, esprimono idee rispetto alla necessità di supporto professionale nell’assistenza (26 per cento) ma anche di supporto operativo nella gestione domestica (29 per cento) immaginando quindi servizi sia rivolti direttamente alla persona che alla tenuta organizzativa della casa. I bisogni sottointesi sono quindi assistenziali e di sollievo dalle piccole incombenze routinarie (come pulizie e igiene personale). Anche il tema dell’emergenza viene indicato in una percentuale rilevante di rispondenti (14 per cento) segnalando come il bisogno di monitoraggio, sicurezza e pronto intervento sia fortemente percepito.

Lontani dalle istituzioni

Emerge quindi uno scollamento tra l’offerta attuale dei servizi, orientata unicamente all’assistenza, e l’immaginario dei cittadini. Considerando il divario temporale tra l’età dei rispondenti e il momento in cui saranno non autosufficienti (generalmente dopo i 75 anni) resta ora da chiedersi se i gestori del settore saranno in grado in questo lasso di tempo di orientare la loro offerta nella direzione richiesta e di innovare i servizi. Il terreno è fertile, anche considerando che il 10 per cento circa dei rispondenti già cerca informazioni sui servizi disponibili a pagamento, esprimendo una marcata predisposizione alla spesa out of pocket.

Le fonti informative a cui si attinge per i servizi vedono prevalere (34 per cento) il canale del passaparola, seguito da istituzioni pubbliche sanitarie (14 per cento) e dalle piattaforme web di servizi (13 per cento). Poco riconosciuti (9 per cento) i gestori del socio-sanitario. La prevalenza delle reti familiari non stupisce, tuttavia è da segnalare come vi sia un rischio di “loop informativi” ed esperienziali che precludono in partenza la valutazione di soluzioni nuove o più adeguate. Rispetto alle istituzioni, prevale l’idea di una non autosufficienza molto spinta verso problematiche di salute (e quindi Sistema sanitario nazionale), che tuttavia rappresenta solo una parte dell’offerta esistente, quella che dovrebbe essere residuale a vantaggio di interventi sociali e socio-sanitari. I gestori, così lontani dall’immaginario delle persone, devono chiedersi come rendersi riconoscibili all’enorme platea di soggetti, anziani e non solo, che potrebbero avere bisogni legati alla non autosufficienza e costruirsi uno spazio di mercato per il futuro ed evitare di rivestire un ruolo residuale.

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In sintesi, a fronte di un sistema di welfare pubblico che raggiunge una quota residuale di cittadini e dei cambiamenti demografici e sociali, le persone più giovani sembrano più consapevoli che in passato dei rischi associati alla non autosufficienza e sono disposti a (pre)occuparsene attivando risorse esterne alla famiglia e quindi meno gravosi per le donne. Questa prontezza richiede un profondo lavoro di costruzione di fiducia e di opportunità di mercato da parte delle istituzioni e organizzazioni, che devono iniziare a investire in questa direzione anche promuovendo servizi nuovi che siano più vicini alle necessità delle famiglie di oggi e di domani.

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  1. Savino

    La storia economica e non solo giudicherà quanto male hanno operato gli anziani di oggi e i baby boomers in particolare, generazioni dei sessantenni e settantenni che sono addirittura negazionisti dell’età che avanza e che, ancora oggi, coi problemi che abbiamo rispetto alle conseguenze belliche e pandemiche, continuano a pensare a sè stessi, hanno solo ostinazione a fare affari e a cumulare ricchezze non fermatosi neanche di fronte all’incertezza degli eventi che travolge il loro figli e nipoti e li costringe a campare alla giornata

    • Jeriko

      Assolutamente d´accordo. In particolare i baby boomers, che non riescono nemmeno a concepire il concetto de “la storia economica e non solo”; personalmente trovo anche stucchevole il fatto che si prendano cura di figli e nipoti attingendo alla pensione, compiacendosi di tale fatto e senza collegare le due cose.

      Purtroppo la storia non e´ piu´ misurata in 50 anni/secoli, le evoluzioni sono cosi rapide che ne vedremo gli effetti nei prossimi 5 anni e saranno dolori. In fondo dal 2008 nulla e´ cambiato e ancora oggi sta andando in pensione chi ha sistemi misti, sbilanciati sul retributivo (e non a 67 anni). Sara´ un risveglio amaro.

      • bob

        il versato è capitale del contribuente e non dello Stato. Basta analizzare la vergognosa situazione degli agenti di commercio con la doppia contribuzione Enasarco/INPS persone con 38 anni di contributi che non hanno pensione perché non cumulabili. Ma quei soldi dove sono e chi li gestisce?

  2. umberto scaccabarozzi

    L’approccio oltre l’economico e l’organizzativo deve anche essere culturale in una società sempre più di persone anziane con patologie invalidanti croniche.A tale proposito consiglio la lettura del libro di Pascale Molinier Care : prendersi cura un lavoro inestimabile Moretti &vitali. Umberto Scaccabarozzi

  3. Stefano Coculo

    Solo chi, di tutta evidenza, non ha mai avuto a che fare direttamente con l’accudimento di una persona non più autosufficiente può definire “piccole incombenze routinarie” (!) l’espletamento quotidiano – magari nell’arco di lunghi anni, come nella mia tragica, distruttiva esperienza di caregiver – delle necessarie operazioni legate ad un’accurata igiene personale dell’anziano condannato alla completa invalidità.
    Ignoranza, in questo caso intollerabile, mostrata anche da certi sprezzanti giudici tutelari (talvolta giudici onorari, cioè giudici finti) che condannano – senza minimamente rendersene conto – il caregiver a fare pure da amministratore di sostegno. Parlo per allucinante esperienza personale, visto che per me ha significato inchiodarmi ancor più alla croce cui ero già crocifisso da anni.

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