L’industria delle crociere è fortemente polarizzata: quattro grandi gruppi gestiscono l’80 per cento del mercato. Il Covid-19 ha ridotto i ricavi, ma ha permesso l’ingresso di nuovi operatori. Sulla ripresa pesano le incognite della guerra in Ucraina.

Fotografia del settore

L’industria delle crociere è fortemente polarizzata, soprattutto in termini di offerta di posti letto. I quattro gruppi più importanti, infatti, detengono circa l’80 per cento della capacità complessiva (il 50 per cento in termini di numero di navi), mentre i due più rilevanti hanno una quota di oltre il 60 per cento. Tra i top 4, se si eccettua Msc Crociere (che ha una struttura proprietaria a base famigliare), gli altri operatori sono holding quotate in borsa, presenti sul mercato con una molteplicità di marchi. Il gruppo più importante è Carnival Corporation (Ccl) che detiene nove marchi; il secondo operatore, Royal Caribbean Cruises (Rcl), ne possiede tre nonché una quota del 50 per cento in Tuic (a sua volta proprietario di due marchi). Il terzo gruppo, Norwegian Cruise Line Holdings (Nclh), opera attraverso tre marchi.

I Caraibi sono la principale area geografica di riferimento, con oltre un terzo della quota di mercato. Quanto ai passeggeri, nel 2019 erano 29,7 milioni, 14,4 milioni dei quali provenivano dagli Usa.

Il fatto che la maggioranza dei crocieristi sia statunitense e che il principale bacino di destinazione sia quello caraibico con inizio e fine crociera negli Stati Uniti fa sì che il settore sia fortemente influenzato dalle politiche attuate nei diversi settori dalle autorità di quel paese. Con lo scoppio del Covid-19, a metà marzo 2020 tutte le compagnie hanno volontariamente sospeso le crociere, mentre quasi contestualmente lo US Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) promulgava un dispositivo per il divieto alla navigazione da crociera, rimasto in vigore fino a ottobre 2020. Nei mesi successivi, il divieto è stato progressivamente attenuato (passando dall’essere assoluto a condizionato), in relazione all’andamento pandemico e ai miglioramenti raggiunti in termini di vaccinazioni, ed è rimasto in vigore fino al 30 marzo 2022. Alcuni paesi hanno scelto di negare l’accesso alle navi da crociera, non solo per il 2020, ma anche per il 2021 e per parte del 2022 (per esempio Canada, Australia e Nuova Zelanda).

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La crisi da Covid

Il Covid ha provocato il collasso dell’intera industria crocieristica. Nel 2020, i primi quattro gruppi hanno trasportato 5,9 milioni di passeggeri, diventati 3,2 milioni nel 2021, contro i 24,9 milioni nel 2019). A partire da maggio 2021, con il crescere del tasso di vaccinazione e l’attenuarsi di alcune misure restrittive, molte compagnie, adottando particolari accorgimenti (per esempio l’obbligo vaccinale, l’uso delle mascherine in ogni area della nave o il servizio dei pasti in camera), hanno ripreso progressivamente la propria attività (quasi sempre non con l’intera flotta e con tassi di occupazione ridotti). Il numero delle navi in servizio è passato, quindi, dalle 48 di maggio 2021 alle 190 di agosto 2021, alle 264 di marzo 2022, con una previsione di quasi totale ripresa entro il terzo trimestre del 2022.

Il blocco delle attività ha causato un crollo delle quotazioni di borsa dei primi tre gruppi: il 18 marzo 2020 subivano perdite medie dell’80/90 per cento rispetto ai valori di inizio anno. Nei mesi successivi, si è assistito a una parziale ripresa, ma il mercato è ancora oggi lontano dai valori pre-pandemia, oltre a risultare molto volatile in relazione all’andamento del Covid: per esempio, si è subito registrato un -10 per cento medio nella settimana in cui venne annunciata la scoperta della variante Omicron.

Altrettanto pesante è stato l’impatto sui risultati economici. Come riportato in Figura 1, i ricavi sono calati drasticamente (i 41,8 miliardi di dollari del 2019 sono diminuiti a 9,9 miliardi nel 2020 e a 5 miliardi nel 2021). Il reddito operativo è passato da 7,1 miliardi di dollari del 2019, a -17,9 miliardi del 2020 e a -14,4 miliardi del 2021. Il debito a lungo termine è aumentato da 29,3 miliardi di dollari nel 2019 a 57 miliardi del 2020 e a 66,2 miliardi del 2021. Il debito consiste principalmente in prestiti bancari (soprattutto per l’acquisto di nuove navi) e obbligazioni. Le compagnie non hanno potuto beneficiare delle misure di stimolo introdotte da alcuni paesi perché la gran parte opera in paradisi fiscali adottando bandiere “di comodo” (come Panama, Bermuda o altro).

Il futuro delle crociere

Per fronteggiare la crisi, Ccl ha venduto 19 navi (-13 per cento della capacità complessiva), tra le più vecchie e meno efficienti della flotta, e ha negoziato lo slittamento della costruzione di alcune delle 16 nuove navi ordinate. Le navi vendute sono andate in parte (14) ad alimentare il mercato dell’usato: grazie ai prezzi drasticamente ridotti rispetto ai periodi pre-Covid, sono infatti entrati alcuni nuovi operatori, mentre altre compagnie ne hanno approfittato per ingrandire la propria flotta. Le restanti cinque navi sono state demolite (in cantieri turchi o indiani). Nel marzo 2021, Rcl ha venduto, per 201 milioni di dollari, il suo marchio Azamara (3 navi) al fondo di private equity Sycamore Partners, mentre nel 2020 ha lasciato che Pullmantur (di cui possedeva il 49 per cento) fallisse. In controtendenza il caso di Msc: ha confermato tutti gli ordinativi già effettuati e ha superato Nclh in termini di offerta di posti letto. A partire dal 2023, entrerà poi nel segmento “lusso” con un nuovo marchio specifico.

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A gennaio 2022, il gruppo Genting Hong Kong, che possiede tre marchi, è stato dichiarato insolvente e ciò rappresenta una ulteriore opportunità per soggetti che desiderano entrare nel mercato o che già vi operano.

Il modo migliore per fare previsioni sul futuro dell’industria crocieristica è quello di monitorare l’andamento delle navi in corso di costruzione. Nel periodo 2022-2027, è previsto l’ingresso di 75 navi, con una capacità complessiva di circa 177 mila letti (+22 per cento rispetto ad oggi) e un investimento di quasi 50 miliardi di dollari.

Il ritorno ai risultati pre-Covid è ipotizzabile tra circa due anni, anche se la ripresa sarà influenzata non solo dalla situazione pandemica, ma anche da eventi quali il conflitto in corso in Ucraina. Tutto ciò avrà comunque effetti negativi sull’andamento economico generale, nonostante il settore delle crociere in passato si sia mostrato sempre molto resiliente.

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