La Fed ha stabilito un aumento di 50 punti base del tasso di riferimento sui federal funds e ha annunciato l’avvio della riduzione del proprio bilancio. È un chiaro segnale che l’inflazione non è più considerata temporanea. Che farà ora la Bce?

Gli annunci della Fed

Il 4 maggio l’organo che decide la politica monetaria degli Stati Uniti – il Fomc (Federal Open Market Committee) – ha stabilito un aumento di 50 punti base del tasso di policy e ha dato alcune indicazioni su come la Fed si muoverà a partire dal 1° giugno per ridurre le dimensioni del suo bilancio, che hanno assunto proporzioni davvero ragguardevoli.

Il Fomc decide una banda di oscillazione entro la quale deve collocarsi il tasso sul mercato dei fondi federali (federal funds). Tocca poi all’organo che gestisce operativamente la politica monetaria – la Federal Reserve Bank of New York – intervenire perché il tasso effettivo si posizioni all’interno della banda stabilita. La banda di oscillazione è stata 0-0,25 per cento dall’aprile 2020 fino al marzo 2022. La figura 1 mostra che in tutto quel lasso di tempo il tasso effettivo si è collocato all’interno di questa stretta banda, attestandosi su livelli di poco superiori allo zero. Nello stesso periodo è cresciuto a un ritmo estremamente sostenuto l’attivo di bilancio della Fed (figura 2).

Le due circostanze, congiuntamente considerate, hanno determinato fino al marzo 2022 un forte grado di espansione della politica monetaria americana.

Il mutamento del quadro congiunturale e la svolta tardiva della Fed

Già alla fine del 2021 sono iniziati ad apparire segnali di rialzi sul fronte dei prezzi dovuti a strozzature dell’offerta di beni e servizi di fronte a una forte ripresa della domanda dovuta all’uscita dalla pandemia. Le autorità monetarie le hanno giudicate transitorie, non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa. Lo scoppio della guerra in Ucraina, il 24 febbraio, ha aggravato la situazione soprattutto per i prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari e i mercati hanno cominciato ad avere la sensazione che le tensioni, da transitorie, stessero trasformandosi in permanenti.

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Solo il 16 marzo la Fed si è mossa innalzando il corridoio dei tassi a 0,25-0,50 per cento con un aumento di 25 punti base. L’incremento, seppur modesto, ha creato l’aspettativa che ci sarebbero stati ulteriori aumenti dei tassi a breve nel corso del 2022. Come insegna la teoria della struttura per scadenza, ne è derivata una spinta verso l’alto dei livelli dei tassi di interesse a lunga (titoli di stato a lunga scadenza, prestiti ipotecari, e così via).

I provvedimenti del 4 maggio

Per inquadrare le misure appena prese sono utili le parole con cui il presidente della Fed, Jerome Powell, ha aperto la conferenza stampa: rivolgendosi direttamente ai cittadini americani, ha affermato: “l’inflazione è troppo alta, comprendiamo bene le difficoltà che sta causando e ci stiamo muovendo speditamente per riportarla verso il basso”. In questo contesto è stato annunciato un aumento immediato della banda a 0,75 – 1 per cento ed è stato comunicato che nei prossimi meeting la banda sarà portata a 1 – 1,50 per cento, per passare poi “speditamente” a 1,50 – 2 per cento.

Si tratta di un aumento di notevole rilievo che ha provocato immediatamente un forte aumento dei tassi a lunga scadenza che si è trasmesso anche ad altri paesi. Secondo alcuni osservatori, il consistente aumento dei tassi nominali potrà spingere i tassi di interesse reali su valori positivi interrompendo il lungo periodo in cui sono stati negativi. Livelli positivi dei tassi reali possono creare rischi di stagnazione dell’economia.

L’attivo della Fed (composto prevalentemente da titoli di stato e titoli garantiti da ipoteche) è finora cresciuto vertiginosamente (figura 1). Il 4 maggio è stato stabilito che la banca centrale americana comincerà a non rinnovare titoli, procedendo nella fase iniziale con molta gradualità (ovvero “non speditamente”).

Che cosa farà la Bce?

Il prossimo Consiglio direttivo della Banca centrale europea si terrà il 9 giugno. Nel precedente Consiglio del 14 aprile era stata ribadita l’attenzione per le tensioni inflazionistiche ed era stata confermata la graduale riduzione del bilancio dell’Eurosistema, ma non erano stati presi provvedimenti sui tassi di interesse. Sui mercati, anche per effetto di dichiarazioni rilasciate in varie sedi da membri del Consiglio, si era gradualmente creata l’aspettativa che la Bce non avrebbe tardato molto ad aumentare i tassi. A rafforzarla ci sono ora le misure prese oltreoceano. E si aprono due questioni importanti: quando la Bce sarà costretta a muoversi più decisamente sul fronte dei tassi? E quali saranno le conseguenze su paesi, come l’Italia, che hanno un elevato debito pubblico e per i quali si prospetta un ulteriore aumento dell’onere del debito?

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