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Lo specchio del paese?

Uno dei dilemmi della democrazia è quanto il processo elettorale possa distorcere la rappresentatività del Parlamento. Questo problema è solitamente più vero quanto più la legge elettorale è di tipo maggioritario. In Italia, un terzo dei seggi viene assegnato in questo modo. Quanto è quindi davvero rappresentativo il Parlamento italiano?

Età, genere e livello di istruzione

Dopo l’ufficializzazione degli eletti a Camera e Senato, è possibile cominciare a delineare un profilo dei rappresentanti nelle due Camere. Limitandosi ai senatori eletti, e quindi escludendo quelli a vita (Elena Cattaneo, Mario Monti, Giorgio Napolitano, Renzo Piano, Carlo Rubbia e Liliana Segre), il Senato della XIX legislatura risulta composto al 65,5 per cento da uomini e al 34,5 da donne; alla Camera, queste percentuali sono rispettivamente del 67,8 e del 32,2 per cento. Non c’è bisogno di scomodare l’Istat per intuire che si tratta di proporzioni ben lontane da quelle dell’intera cittadinanza (51,3 per cento di donne su poco meno di 59 milioni di abitanti, per gli amanti della precisione) o anche del solo corpo elettorale (51,8 per cento di donne su 49,8 milioni di maggiorenni). Rispetto alla XVIII legislatura, nulla cambia al Senato, mentre è diminuita la quota di donne alla Camera (nel 2018, erano il 36 per cento). L’età media dei nuovi senatori è di 56 anni (57 per gli uomini e 54 per le donne), mentre quella dei nuovi deputati è di 50 anni (i dati messi a disposizioni dal sito della Camera non sono ancora sufficientemente completi da poter distinguere tra uomini e donne). Nella popolazione, l’età media (e mediana) è di 46 anni mentre nel corpo elettorale l’età media (e mediana) è di 52 anni. A causa delle note soglie di elettorato passivo, la distribuzione per età dei parlamentari è ovvio non possa riflettere quella della popolazione nel suo complesso: si può infatti far parte della Camera dei deputati solo a partire dai 25 anni e del Senato della Repubblica a partire dai 40 anni. La Tabella 1 illustra la composizione per età delle due camere e del corpo elettorale. In quest’ultimo caso, per coerenza, le quote sono calcolate solo sulla popolazione over 25.

È piuttosto sorprendente notare che le età sottorappresentate non sono solo quelle più giovani (25-29) ma anche quelle più anziane: sono pochissimi deputati e senatori con età superiore ai 70 anni; addirittura, alla Camera è sottorappresentata anche la classe di età che va dai 60 ai 69 anni. Si tratta comunque di una tendenza comune anche in altri paesi, come Regno Unito, Francia, Germania e Spagna (dati sulle camere basse).  Nonostante ciò, aumentano l’età media sia alla Camera dei deputati (era di 44 anni nel 2018) sia al Senato (52 anni nel 2018). L’effetto soglia di elettorato passivo agisce solo sulle fasce di età più basse: le enormi differenze di rappresentatività delle fasce più anziane, quindi, hanno sicuramente natura diversa. Infine, per quanto riguarda il titolo di studio (Figura 2), le due camere appaiono molto simili e, in ambo i casi, la quota di popolazione con titolo di studio elevato è decisamente superiore rispetto al corpo elettorale.

Tutta colpa della legge elettorale?

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Rispetto alla popolazione e al corpo elettorale, il Parlamento italiano risulta quindi composto da molti più uomini che donne, con età media non molto diversa ma che è basata principalmente su una popolazione con fascia di età compresa tra i 30 e i 60 anni; infine, ci sono molti più laureati in Parlamento che nel paese. Da che cosa dipende questa differenza nella distribuzione per età (e anche per genere)? La legge elettorale è certamente responsabile del fatto che, non potendosi esprimere preferenze di sorta, il risultato finale è fortemente influenzato da chi compone le liste elettorali, ossia dai partiti. Ci si deve quindi augurare che, nonostante la scarsa rappresentatività, le competenze selezionate siano utili al lavoro da svolgere. Vale tuttavia la pena di chiedersi se ci sia anche una responsabilità del corpo elettorale. È vero che il processo elettorale, con questa legge, è piuttosto deterministico, ma forse la modalità con cui vengono redatte le liste dai partiti risente delle caratteristiche della popolazione che effettivamente si reca alle urne. Che senso avrebbe, per esempio, avere candidati giovani se i giovani poi non vanno a votare? Secondo i dati del cosiddetto “Libro bianco sull’astensionismo”, per esempio, le fascia di popolazione più giovane ha una tendenza a votare di meno; tuttavia, parte di questo astensionismo deriva anche da fattori involontari, come l’impossibilità di effettuare il voto fuorisede: un fenomeno che riguarda, secondo le stime del lavoro citato, quasi 5 milioni di individui (non solo studenti). È plausibile inoltre, mettendosi nella prospettiva opposta, che i giovani non vadano alle urne perché raramente vengono inseriti nel discorso politico e, quando avviene, spesso lo sono solo come bandierine elettorali. Anche gli anziani sono soggetti ad astensione (più o meno) involontaria: sarebbero 4,2 milioni gli elettori over 65 con difficoltà nella mobilità, di cui 2,8 milioni con gravi difficoltà motorie; non a caso, a 75 anni il livello di astensione raggiunge quello della popolazione più giovane e poi esplode all’aumentare dell’età. I dati elaborati da Ipsos sull’astensione alle ultime elezioni confermano queste tendenze. Mostrano inoltre che, come i giovani, le donne hanno una propensione maggiore degli uomini ad astenersi (il 41,5 per cento delle donne si è astenuto, contro il 36,9 per cento degli uomini); infine, la partecipazione al voto sembra essere positivamente correlata anche al titolo di studio. Senza alcuna pretesa di scientificità, sembra esserci una certa vicinanza tra le caratteristiche meno rappresentate in Parlamento e la partecipazione al voto. Una conclusione che, se confermata, dovrebbe far riflettere sia la dirigenza politica sia gli stessi elettori.

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  1. Maurizio Cortesi

    Perché il Parlamento dovrebbe essere uno specchio della popolazione? Questo articolo mi sembra fuorviante e non solo poco scientifico. Non capisco il senso ed anzi mi conferma come l’approccio economico-statistico alla politica di stampo americano sia tra le cause della disaffezione alla politica e della crescente apoliticita’ dei partiti.

    • Francesco Vecil

      Concordo. Se volessimo un campione della popolazione, basterebbe fare un’estrazione aleatoria. Ma non credo che avremmo un parlamento veramente funzionale…

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