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Ruolo degli esperti e responsabilità della politica

Troppo spesso negli ultimi anni ai tecnici sono state affidate decisioni che spetterebbero alla politica. Gli esperti possono svolgere molteplici ruoli per migliorare la gestione della cosa pubblica, senza sovrapporsi alle funzioni proprie dei politici.

Decisioni tecniche e decisioni politiche

Negli ultimi anni si è consolidata la tendenza, pur non nuova, di lasciare agli “esperti” o ai “tecnici” scelte che sarebbero state di competenza della politica, ossia di quelle persone che, essendo elette, sono in un sistema democratico deputate a rappresentare i valori e gli interessi dei cittadini. Ciò, nonostante il fatto che le strutture tecniche e di analisi all’interno dei partiti sono state progressivamente alleggerite, se non cancellate.

Parallelamente, in una parte forse minoritaria, ma comunque ampia, dell’opinione pubblica, si è fatta strada l’idea che, al contrario, la competenza non sia più un valore, che gli esperti siano sostanzialmente asserviti a poteri più o meno occulti e che quindi l’opinione di chiunque sia altrettanto valida di quella di chi ha competenze riconosciute su un determinato tema.

La situazione nasce dall’avere travisato il ruolo corretto degli esperti che qui si vorrebbe provare a ricapitolare.

Il problema, secondo alcuni, nasce principalmente dalla comunicazione: i dissidi tra esperti che propongono tesi diverse (normali in quanto l’avanzamento della conoscenza avviene attraverso il confronto tra tesi diverse e la loro corroborazione/falsificazione) porterebbero le persone a pensare che non esista una verità e che tutto sia opinabile, per cui accentrare la comunicazione, in modo che gli esperti si confrontino tra di loro e poi presentino al pubblico una versione unica e concordata, risolverebbe il problema. I casi dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) e del Comitato tecnico scientifico (Cts) vanno in questa direzione.

Ad avviso dello scrivente, il problema nasce invece dall’uso degli esperti nell’arena politica nell’ambito di strategie di comunicazione finalizzate a garantire il supporto dell’opinione pubblica, presentando come tecniche e oggettive molte decisioni che sono invece politiche in quanto hanno vantaggi e svantaggi. Anche la scienza non è neutra, come mostrano gli studi sulla mutua influenza di scienza, società e politica, a partire dai lavori di Latour, Habermas e Nowotny fino a quelli più recenti di Oreskes e Chesta.

Andando più specificamente ai temi di politica economica, affidarsi agli esperti non significa avere la garanzia di realizzare politiche che abbiano effetti positivi su tutti gli obiettivi. I trade-off (di cui ho scritto recentemente su lavoce) sono una caratteristica quasi imprescindibile delle politiche e quindi non è possibile ascrivere ai soli esperti le decisioni, come invece è stato fatto spesso negli ultimi anni in Italia e non solo.

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Un ministro dell’economia deve essere sufficientemente competente, per capire i dossier sui quali il governo si troverà a decidere, ma svolge comunque un ruolo politico dovendo scegliere tra misure alternative che beneficiano alcuni più di altri (o anche a scapito di altri). Decidere a quali investimenti pubblici dare priorità, se alzare o abbassare l’età pensionabile e per chi, come rimodulare le aliquote fiscali, sono tutte scelte politiche e non tecniche.

Il ruolo degli esperti

Se gli esperti non sono deputati a prendere decisioni (che restano politiche), quale ruolo dovrebbero avere? Restano molteplici funzioni che i tecnici possono svolgere per migliorare la gestione della cosa pubblica, pur senza sovrapporsi alle funzioni proprie dei politici.

Innanzitutto, gli esperti, pur con la loro competenza, non possono evitare la presenza dei trade-off, ma possono aiutare politici e collettività a navigarvi attraverso. Avranno infatti un ruolo importante nella progettazione delle politiche: quello di presentare le alternative in modo comprensibile, prestando particolare attenzione a evidenziare tutte le conseguenze di ciascuna di esse, comprese quelle non immediatamente visibili. Si tratterà quindi di presentare esplicitamente i trade-off permettendo scelte informate.

In questo modo, potranno anche aiutare a fare emergere quelle preferenze sociali che altrimenti resterebbero implicite, migliorando il processo decisionale, poiché obiettivi e sistemi di valori diversi non possono essere composti efficacemente senza conoscere la posta in gioco degli altri.

E, al tempo stesso, presentando le alternative, l’esperto contribuirebbe alla definizione degli obiettivi. Per esempio, di quanto potrebbe ridursi lo spopolamento delle aree interne italiane assegnando a questi interventi 1 miliardo di euro? E quanto con altre cifre?

Posto di fronte alle alternative, il politico verrebbe portato a fare le scelte che gli spettano e anche l’opinione pubblica potrebbe divenire consapevole della complessità delle scelte e dei valori sulle quali si fondano.

In secondo luogo, un esperto avrà il compito fondamentale di evitare soluzioni interne (quelle che non sfruttano appieno il potenziale delle risorse impiegate) al fine di arrivare a politiche efficienti nelle quali non è possibile raggiungere un livello più alto in un obiettivo senza dovere ridurre il livello di un altro. Si tratta quindi di identificare e comunicare possibili miglioramenti paretiani, ovvero situazioni migliori da almeno un punto di vista e non peggiori su nessun altro punto di vista.

Ancora, un esperto potrà servire per trovare la migliore (o meno costosa) combinazione di strumenti per raggiungere il livello desiderato dell’obiettivo di policy, minimizzando il costo delle politiche. Per esempio, se l’obiettivo fosse di ridurre del 2 per cento il divario di Pil pro-capite del Mezzogiorno rispetto al resto d’Italia, quali interventi potrebbero ottenere il risultato con il minimo impiego di risorse pubbliche?

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Similmente, l’esperto potrebbe illustrare come raggiungere il massimo livello di un certo obiettivo dato l’ammontare di risorse disponibili. Supponiamo che il governo decida di assegnare una certa cifra alla coesione territoriale e che tale obiettivo venga declinato in termini di riduzione del divario Nord-Sud, con quali interventi si potrebbe ottenere il massimo risultato?

L’esperto aiuterebbe quindi a identificare la migliore combinazione tra i vari interventi possibile (per esempio: sul capitale umano, sulle infrastrutture, sulla governance, sulla fiscalità di vantaggio, e così via) per ottenere gli obiettivi di policy.

È chiaro che, per svolgere questi ruoli, gli esperti necessitano di tempo e risorse per studiare i problemi e fornire risposte fondate, magari utilizzando modelli e analisi econometriche, il che può essere difficilmente compatibile con i tempi brevi del dibattito pubblico e la mutevolezza delle agende politiche.

Inoltre, anche la conoscenza dei migliori esperti è imperfetta. Matematicamente, l’attuazione di una politica può essere descritta come una funzione di molti input in molti output. Gli input saranno i vari strumenti applicati nella strategia politica, gli output saranno i risultati raggiunti nei vari obiettivi di policy.

Sfortunatamente, nel mondo reale, nessuno possiede una conoscenza perfetta di questa funzione, perché è estremamente complessa e anche perché la sua forma è normalmente diversa in luoghi diversi e in circostanze diverse. Tuttavia, ci sono buone ragioni per pensare che un esperto possieda informazioni preziose sui tratti rilevanti della relazione, sia attraverso l’esperienza passata che attraverso un’adeguata ricerca mirata.

L’esperto trasmetterà quindi la sua conoscenza tecnica e la decisione, a quel punto, sarà in capo al politico, che rappresenta i cittadini e, eventualmente, pagherà le conseguenze in termini elettorali delle proprie scelte.

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  1. Savino

    Siamo carenti da sempre di un accesso diretto e dal basso alla politica. E’ vero che i partiti della prima Repubblica erano un fenomeno di massa, ma, forse, più correttamente bisogna dire che essi erano un fenomeno di gregge, nel senso che i caminetti e i capibastone comandavano e gli altri seguivano ed eseguivano. Non ne parliamo, poi, di come è andato in crisi il sistema partitocratico, tra tangenti e cattivo finanziamento pubblico. I partiti liquidi e i cartelli elettorali di oggi sono figli eredi di quelle macerie e, invece, della politica a tutto tondo, delle origini dal basso del dibattito pubblico e della necessità di avere una classe dirigente ai fini decisionali non se ne parla più, direi in tutto il mondo, come dimostra anche la GB. Oggi la politica si traduce così: togliti tu da quella poltrona che mi ci devo piazzare io. E’ solo potere fine a sè stesso, manca ogni riferimento al mezzo per migliorare le condizioni sociali per le future generazioni e creare ascensore sociale, manca ogni riferimento al bene comune e tecnicamente non esiste istituzionalizzazione delle forze politiche.

  2. Mauro Palumbo

    Gli esperti si pronunciano sui mezzi e non sui fini, ma in certi casi possono anche mostrare (come osservò Weber) che certe politiche sono in contrasto con i fini dichiarati, perché producono effetti contrastanti con questi.
    Gli esperti possono quindi sia rendere più trasparente e corretto il processo decisionale, sia favorire il controllo democratico attraverso una opinione pubblica informata. Purtroppo perché questo accada occorrono diverse condizioni non semplici, quali l’esistenza di centri studi di riconosciuta competenza, la volontà politica di usare in modo non strumentale i tecnici, e magari anche una dose meno consistente di narcisismo tra i tecnici …

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