Il fallimento di Ftx non ha messo a nudo solo l’assenza di una regolamentazione adeguata. Ha anche posto in discussione tre pilastri fondamentali del sogno delle criptovalute: la decentralizzazione degli scambi e dei controlli e l’assenza dello stato.
Una storia esemplare
Con una trama così piena di celebrità, uomini politici, sesso, droga e arresti eccellenti, è comprensibile che i produttori cinematografici e televisivi di tutto il mondo facciano a gara per accaparrarsi una storia come quella di Ftx, il mercato delle criptovalute fallito ai primi di dicembre. Al di là degli aspetti più spettacolari, la vicenda è destinata a cambiare non solo l’assetto regolamentare, che finora ha lasciato operare indisturbate le criptovalute, ma anche la percezione che abbiamo di esse e forse la loro stessa natura.
Certamente la vicenda andrebbe raccontata nei corsi di finanza poiché riassume tutti i principali tratti caratteristici delle crisi finanziarie: 1) Ftx è nato e si è sviluppato molto rapidamente in un mondo con tassi d’interesse vicini allo zero e abbondante liquidità, dove la propensione al rischio degli operatori è molto alta. La sua caduta, invece, è coincisa con il precipitare del valore dei cripto asset in un periodo di politiche monetarie e creditizie più restrittive. 2) La politica è stata abbondantemente finanziata dall’impresa: Sam Bankman-Fried, fondatore e deus-ex machina di Ftx, ha donato 40 milioni di dollari ai Democratici e il suo socio, Ryan Salame, 23 milioni di dollari ai Repubblicani. 3) Tale generosità ha sicuramente contribuito a persuadere i regolatori a seguire un approccio attendista in nome dell’innovazione finanziaria. 4) Un management giovane e incompetente, per usare un eufemismo, ha certamente messo insieme sistemi e procedure del tutto inadeguate. 5) È poi mancata qualsiasi segregazione dei fondi e dei titoli dei portafogli dei clienti, mentre 6) venivano condotte inaccettabili operazioni con parti correlate.
Dall’utopia alla realtà
Ciò che tuttavia più sorprende è come il mondo delle criptovalute si sia sviluppato in un modo molto diverso da quello che i suoi fondatori hanno immaginato, proclamato e rivendicato. Oggi la stragrande maggioranza delle transazioni dei cripto asset viene effettuata “off-chain”, cioè fuori dalle blockchain, mentre gli intermediari/mercati, che nella visione utopica dovevano scomparire, giocano un ruolo fondamentale negli scambi e nella custodia delle criptovalute.
Questi mercati, infatti, si sono rivelati di gran lunga più convenienti, poiché richiedono molte meno competenze e sofisticazioni e sprecano molta meno energia per effettuare le transazioni. Inoltre, permettono di trovare più facilmente controparti interessate agli acquisti e alle vendite. I mercati centralizzati, come gli intermediari (middle man), aiutano anche gli scambi perché inducono – o almeno dovrebbero indurre – fiducia nelle controparti e nei processi di negoziazione. Sia gli acquirenti che i venditori, che non si conoscono, si affidano ai mercati per operare le loro transazioni perché li ritengono più capaci di selezionare controparti affidabili. I grossi mercati centralizzati dovrebbero inoltre offrire sicurezza e garantire il monitoraggio sulla regolarità delle operazioni e la custodia degli asset. Nel caso delle criptovalute, che sono spesso conservate in portafogli digitali, un individuo può perdere centinaia o migliaia di dollari semplicemente dimenticando la chiave di accesso o cadendo nei rischi di hackeraggio. Avere un contact point di riferimento in caso di problemi può infine risultare estremamente importante. Così i grossi mercati centralizzati hanno preso il posto di una finanza che avrebbe dovuto essere decentralizzata secondo un modello di distributed ledger (registro distribuito).
Come dimostra la storia economica e la recente esperienza del Ftx, i mercati finanziari centralizzati hanno bisogno di una credibile regolamentazione e un’attenta vigilanza. Così il sogno di affidarsi all’auto-regolamentazione, ipotizzato dai fondatori delle criptovalute, risulta una strada difficilmente percorribile, se non ad altissimo costo in termini di credibilità. Mercati regolamentati, tuttavia, devono risiedere giuridicamente in stati con solide istituzioni e consolidate autorità di regolamentazione e vigilanza. Così il sogno di Friedrich von Hayek, che a lungo perorò la causa della moneta privata e universale, da molti ritenuto il precursore del concetto di cripto valute, sembra infrangersi contro una realtà più articolata e rischiosa. Nondimeno, in assenza di un assetto decentrato, auto-monitorato e universale, ci si può chiedere che scopo possano avere le valute digitali.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Rony Hamaui è laureato all'Università Commerciale L. Bocconi e Master of Science alla London School of Economics. E’ professore a contratto presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, segretario generale de Assbb (Associazione per gli Studi Banca e Borsa), amministratore unico di Airosh S.p.a.s, Vice Presidente del Cdec (Fondazione Centro di Documentazione Ebraica contemporanea).
Ha ricoperto numerosi incarichi presso il gruppo Intesa Sanpaolo, quali Direttore Generale di Mediocredito Italiano, AD di Mediofactoring, responsabile Financial Institutions e del Servizio studi della Banca Commerciale Italiana nonché professore a contratto presso l' Università di Bergamo e l' Università Bocconi.
È autore di numerosi articoli scientifici e ha scritto e curato diversi libri riguardanti gli intermediari, i mercati finanziari internazionali, lo sviluppo economico finanziario nei paesi arabi e il populismo.
Maurizio Cortesi
Appunto sono solo mezzi per speculazioni, riciclaggi ecc. La moneta privata e universale, che tra l’altro non somiglia alla merce generale di Marx? a conferma che liberali e comunisti sono sono due facce dello stesso ceto medio borghese, è una illusione che dimostra solo che anche gli economisti non capiscono il senso profondo dell’istituzione moneta -il significato politico del conio – e conferma che la piccola borghesia non capisce le istituzioni compresi i mercati essendo essenzialmente anarco-sindacalista, cioè costituita da individui “psico-sociali” snobisti e consumisti raggruppate in varie aristocrazie -anche operaie – altro che da cittadini della Repubblica!