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Mutui: una moratoria da estendere

Salgono i tassi di interesse e cresce il numero delle famiglie in difficoltà a pagare le rate del mutuo. Per fronteggiare il problema, andrebbero riviste alcune regole del fondo Gasparrini. Il costo per lo stato sarebbe tutto sommato basso. 

Misure per chi non riesce a pagare il mutuo

La legge di bilancio per il 2023 (legge 29 dicembre 2022 n. 197), la prima del nuovo governo, ha riesumato una norma del decreto legge 70/2011 per tentare di fronteggiare l’aumento, dovuto all’inflazione, delle rate dei mutui a tasso variabile. Fino al 31 dicembre prossimo, i mutuatari con un Isee non superiore a 35 mila euro, possono chiedere il ricalcolo, con il tasso fisso, delle rate di quelli accesi per l’acquisto di un’abitazione, con capitale originario fino a 200 mila euro. Malgrado si possa dubitare sul suo impatto, la misura ha attratto una certa attenzione della stampa. 

Sul fronte delle famiglie in difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo, la legge di bilancio contiene però un’altra misura (articolo 1 comma 74): la proroga, per tutto il 2023, della possibilità di accedere al fondo Gasparrini anche per i lavoratori autonomi, liberi professionisti, imprenditori individuali, coltivatori diretti, artigiani e piccoli commercianti, che diventano morosi nel pagamento delle rate come conseguenza di una riduzione di un terzo del fatturato. 

L’apertura del fondo alle partite Iva e agli altri non percettori di reddito fisso fu introdotta con il decreto legge “Cura Italia” (18/2020), emanato per fronteggiare gli effetti dell’emergenza Covid. Da quando c’è stata questa apertura, le moratorie agevolate dal fondo per i mutui sottoscritti da professionisti e partite Iva sono state una su quattro.

Lo strumento ha assolto, soprattutto dall’inizio della pandemia, una funzione rilevante nel consentire a tanti mutuatari in difficoltà di beneficiare di una moratoria nel pagamento delle rate. Ora può essere utile una riflessione per verificare la possibilità di estendere la sua operatività anche ai mutuatari in difficoltà nel pagamento delle rate dei mutui a causa dell’aumento dei tassi d’interesse variabili. 

La moratoria del fondo Gasparrini

Il fondo Gasparrini è un fondo di solidarietà sui mutui per l’acquisto della prima casa, istituito nel 2007 con la legge 244. Vi possono accedere i proprietari in temporanea difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo, in seguito a una riduzione del reddito, dovuta alla perdita del lavoro, alla necessità di sostenere spese che non possono essere rinviate o, nel caso degli eredi, alla morte del mutuatario. Se il mutuo non eccede i 400 mila euro, al ricorrere di queste condizioni, il mutuatario può chiedere alla banca di attivare il fondo, gestito da Consap, per ottenere una moratoria nel pagamento delle rate per un massimo di diciotto mesi ed evitare così di perdere l’abitazione. Il mutuo si allunga del numero di rate non pagate alla loro scadenza; il 50 per cento degli interessi sulle rate sospese è liquidato alla banca dal fondo.

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Nel primo anno della pandemia il numero di famiglie che hanno fatto richiesta della moratoria è cresciuto in modo esponenziale. Nel 2020 sono state poco meno di 190 mila, con una forte concentrazione nei mesi centrali dell’anno. Nei due anni successivi il ricorso al fondo è decisamente calato. 

Il numero elevato di interventi richiesti al fondo testimonia l’efficacia della misura. L’importo medio per il 50 per cento degli interessi liquidato si aggira sugli 850 euro e quello medio del capitale residuo sui 100 mila euro. Nel complesso, il costo per il bilancio statale è relativamente modesto, soprattutto se confrontato con l’ammontare del capitale che è stato interamente salvaguardato e con il risvolto sociale positivo delle decine di migliaia di famiglie che hanno conservato la loro abitazione grazie a quella salvaguardia.

Rate, reddito e inflazione

Non ci sono dati specifici, ma non tutte le moratorie sono finite con il ritorno al pagamento regolare delle rate per tutta la durata residua dell’ammortamento dei mutui. Questi casi sono andati ad aggiungersi a quelli dei mutui morosi privi dei requisiti per avvalersi del fondo Gasparrini. Il loro numero potrebbe crescere ancora, spinto dall’inflazione e dal conseguente aumento dei tassi di interesse, che la Bce ha già annunciato proseguirà anche quest’anno. I sottoscrittori dei mutui a tasso fisso naturalmente non ne risentiranno: le rate sono sempre tutte della stessa cifra. È, invece, già cresciuto, e crescerà ancora, per quelli a tassi variabili. Secondo alcune stime, nel 2022 l’aumento è stato del 36 per cento. È probabile perciò che aumentino sia le richieste di moratoria, in misura più consistente di quella modesta che lascerebbe prevedere la relazione tecnica sul disegno di legge per il bilancio 2023, sia i casi per i quali il periodo di moratoria non sarà risolutivo; a essi vanno aggiunti i mutui per i quali, per mancanza dei requisiti necessari, non può essere chiesto l’intervento del fondo.

Per tentare di contenere il numero di famiglie che, per una morosità temporanea, rischiano di perdere la casa dove abitano, occorrerebbe forse riflettere sulla possibilità di intervenire su alcune regole operative del fondo. In particolare, sarebbe utile valutare la possibilità di modificare uno dei requisiti di accesso al fondo Gasparrini e la durata della moratoria. Attualmente, l’intervento del fondo può essere richiesto a seguito di una riduzione temporanea del reddito del mutuatario. Ciò che giustifica la richiesta è, quindi, l’incidenza dell’importo della rata eccessivamente onerosa rispetto al reddito, al punto che il mutuatario non riesce più a pagarla o che per farlo dovrebbe sopportare un sacrificio eccessivo. 

Ma la quota di reddito assorbito dal pagamento del mutuo può crescere anche per un aumento del numeratore del rapporto, fermo restando il denominatore. A parità di reddito, è proprio quello che succede nel caso dei mutui a tasso variabile quando aumenta l’inflazione. Poiché, in questo caso l’effetto sulla capacità del mutuatario di far fronte al servizio del debito è similare a quello prodotto da una riduzione del reddito con lo stesso importo della rata, non sembra irragionevole equiparare le due situazioni come requisito di ammissione alla moratoria. Si potrebbe subordinare l’accettazione della richiesta di accesso al fondo a un peggioramento del livello di sostenibilità dell’ammortamento del mutuo, al verificarsi di un aumento della rata misurato congiuntamente in valore assoluto e in percentuale rispetto al suo importo un anno o sei mesi prima. In fin dei conti, si è pur sempre in presenza di una morosità non dovuta a una decisione del mutuatario.

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Se questa è la modifica più rilevante, se ne può affiancare un’altra, forse di minor impatto, ma non trascurabile per la sua efficacia. Attualmente, la moratoria può durare 18 mesi, anche non continuativi. Il protrarsi del periodo potrebbe favorire, per un certo numero di mutuatari morosi, la ripresa del regolare pagamento delle rate, a seguito del ripristino del livello accettabile di sostenibilità del mutuo, come conseguenza di un abbassamento dei tassi interesse o di un miglioramento del reddito. Il rischio dell’azzardo morale connesso alla decisione del mutuatario di protrarre la durata della moratoria oltre il necessario è neutralizzato dal fatto che “al termine del periodo di sospensione, è necessario restituire l’importo delle rate oggetto di sospensione, al netto degli interessi riconosciuti dal Fondo, ma comprensive degli ulteriori interessi maturati sulle sole quote capitali sospese”; questi interessi crescono con la durata della sospensione. 

Entrambe le ipotesi di lavoro comportano, ovviamente, un onere per il bilancio statale. Ma ha un costo anche l’aumento del numero dei mutui che non rientrano in carreggiata, che aggrava il problema sociale delle famiglie senza casa, inevitabilmente bisognose di un sostegno pubblico, e nello stesso tempo carica i bilanci delle banche di nuovi crediti inesigibili. Un’analisi costi benefici che tenga conto di tutti questi elementi farebbe probabilmente propendere per la modifica dell’operatività del fondo Gasparrini.

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  1. Matteo

    Salve ad oggi non tutte le banche stanno applicando il passaggio a tasso fisso come riportato nella legge di bilancio.
    Questo credo abbia dei profili di illegalità e ad oggi nessun giornale si occupa di far luce su questa faccenda.
    Le banche temporeggiano e comunicano ai propri clienti che ad oggi non ci sono linee guida definite per il passaggio al tasso fisso.
    Di contro passano i giorni e anche l’IRS aumenta andando ad impattare sulla rinegozazione del mutuo.
    Bisognerebbe smuovere l’opinione pubblica su questa faccenda.

  2. Flavio

    Un po’ curiosa questa proposta. Fa parte della serie “privatizzare i guadagni e collettivizzare le perdite”. Al momento della firma del contratto di mutuo a tasso variabile, il mutuatario si è assunto il rischio dei tassi di interesse. Finora ciò ha comportato un guadagno per il mutuatario stesso considerati i bassi tassi di interesse degli ultimi anni. Secondo questa proposta, adesso la collettività dovrebbe farsi carico dei costi dovuti al rialzo dei tassi. Non mi pare una buona idea.

    • Matteo

      Non si tratta di collettivizzare le perdite, il passaggio al tasso fisso sarebbe il risultato dello somma fra lo spread nel momento in cui si è sottoscritto il contratto e l’IRS dei restanti anni di mutuo.
      Calcolando la somma dei due dati il tasso finale è più alto della media dei tassi offerti attualmente dalle banche.
      Ergo le banche non ci perdono ed è una manovra a costo zero per la collettività e protegge dall’influenza i mutuari più in difficoltà

    • raffaele lungarella

      Certo l’erario sostiene un costo per il pagamento di parte degli interessi durante il periodo della moratoria. Ma nella valutazione occorre anche considerare le conseguenze della perdita della casa per una morosità che potrebbe essere temporanea; oltre al problema sociale che ne conseguirebbe, è probabile che servirebbe anche un sostegno pubblico a tutte quelle famiglie che non sono in grado di risolvere autonomamente il problema della casa (a meno che non si pensi che debbano arrngiarsi da sole)

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