Nella scorsa legislatura, era stata presentata una proposta, poi arenata, per allargare la partecipazione dei lavoratori all’azionariato dell’impresa. Cinque nuovi disegni di legge stanno provando a tornare sul tema. Le principali caratteristiche.

In un precedente articolo abbiamo esaminato le modalità e gli obiettivi dei piani azionari per i dipendenti promossi da un gruppo di imprese italiane, e recentemente la stampa ha dato risalto ad altri piani lanciati con successo nel 2021 .Manca però ancora una organica disciplina della materia che non soltanto incentivi queste forme di partecipazione, ma che definisca anche le modalità attraverso le quali questa si può organizzare per incidere nei processi decisionali e nella governance societaria .

Il disegno di legge Ichino-Sacconi

Come è noto, nella passata legislatura, Pietro Ichino e altri senatori di diversi gruppi parlamentari presentarono un disegno di legge di Delega al Governo in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché per la definizione di misure per la democrazia economica, che prevedeva la possibilità per le imprese di stipulare contratti collettivi aziendali o aderire ad accordi territoriali per promuovere il coinvolgimento dei lavoratori in procedure di informazioni, consultazione e verifica degli orientamenti strategici. Oltre alla partecipazione ai consigli di sorveglianza, si ipotizzavano anche “modalità di accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti al possesso di azioni, quote del capitale dell’impresa, o diritti di opzione sulle stesse, direttamente o mediante la costituzione di fondazioni, di enti appositamente costituiti in forma di società di investimento a capitale variabile, oppure di associazioni di lavoratori”. La discussione rimase però confinata alla Commissione Lavoro del Senato.

In questa legislatura, le Commissioni riunite Finanze e Lavoro pubblico della Camera hanno avviato il 3 novembre 2021 la discussione congiunta di altre proposte (sono ben cinque). Queste proposte, pur con diverse modulazioni, riprendono sostanzialmente le linee del progetto Ichino.

Le nuove proposte per la partecipazione dei lavoratori

Viste le turbolenze politiche, è difficile fare previsioni sull’arrivo in aula di un testo unificato, ma è importante quantomeno mettere in evidenza alcuni elementi significativi che segnano un mutamento di scenario.

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Il primo è che comunque c’è una convergenza nelle diverse proposte verso l’accesso collettivo dei lavoratori a forme organizzate di partecipazione, in modo da legare i piani azionari a più incisivi meccanismi di rappresentanza nella governance, insieme ad un incremento di poteri informativi e di controllo.

Il secondo è che c’è stato in questi ultimi anni un graduale superamento della diffidenza delle parti sociali verso queste architetture partecipative. Se, per tradizione, il sindacato di origine cattolica, la Cisl, ha sempre prestato attenzione all’azionariato dei dipendenti, anche altre componenti sindacali e imprenditoriali hanno mostrato caute aperture verso una simile prospettiva. Per esempio. il Patto della fabbrica stipulato tra Confindustria e le Organizzazioni Sindacali nel 2018 considera la diffusione di “modalità di partecipazione più efficaci ed incisive rispetto al passato con particolare riferimento agli aspetti di natura organizzativa”, come motore per rafforzare la competitività delle imprese e valorizzare il lavoro, attraverso l’opportunità di condivisione “nei processi di definizione degli indirizzi strategici dell’impresa”

Il terzo e forse più importante mutamento riguarda il quadro regolamentare: sulla spinta della comunità europea, da sempre sensibile a queste tematiche, si sta affermando un ordinamento societario definitivamente lontano da quella che è stata definita “l’idolatria” dello shareholder value, con il recupero del coinvolgimento degli stakeholders dell’impresa come solida garanzia per una sostenibilità di lungo periodo. Ed è evidente che, nell’universo degli stakeholder, i dipendenti assumono un ruolo di assoluti protagonisti. Uno scenario dove la partecipazione dei lavoratori nella struttura proprietaria dell’impresa può assumere un grande, e per certi versi innovativo rispetto al passato, ruolo propulsivo, come dimostra anche il diffondersi delle iniziative di recupero aziendale (il workers buyout). Un ruolo che però, e qui sta la differenza rispetto ai normali piani azionari, può offrire un reale valore aggiunto solo se supera la semplice prospettiva di una gestione individuale delle azioni che pone il singolo lavoratore in una posizione di debolezza nei confronti dell’impresa.

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In sostanza, affinché la partecipazione azionaria diventi un perno di una strategia di relazioni sindacali con l’obiettivo ambizioso di contribuire alla sperimentazione di nuove forme di democrazia economica, bisogna chiedersi se esistono gli strumenti per garantire che nel governo dell’impresa si possano confrontare (e pesare) quando gli stakeholders coincidono con gli stockholders.

La prospettiva

Stimolare la creazione di soggetti che si incarichino di organizzare la voce degli azionisti lavoratori è quindi un contributo essenziale per un vero percorso legislativo di riforma, così come un rafforzamento e un maggiore impegno di investitori istituzionali come i fondi pensione, ma bisogna chiedersi se tutto ciò sia sufficiente e se, alla luce di quei mutamenti di scenario appena richiamati, non si debbano aprire nuove strade per una più generale riarticolazione degli assetti proprietari delle grandi imprese, che segni un passaggio fondamentale verso forme più avanzate di democrazia economica. Per questo motivo, all’inizio di questa serie di articoli, abbiamo ricordato l’esperienza del piano Meidner, e per questo motivo concluderemo la serie con un prossimo articolo nel quale cercheremo di individuarne le possibili declinazioni in grado di valorizzarne la grande attualità.

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