Trasformare l’imposta sulla Rc-auto in un’accisa sui carburanti avrebbe, a parità di gettito, numerosi vantaggi. Il primo è un calo dei premi di assicurazione. Potrebbe poi portare a una riduzione delle emissioni perché si tratterebbe di una carbon tax.
La questione delle accise sui carburanti
Il tema delle accise sui carburanti (benzina, gasolio e Gpl) è al centro del dibattito politico-economico degli ultimi mesi.
In particolare, la decisione del governo di non prorogare la riduzione delle accise, assai dibattuta sul piano politico, ha trovato ampio consenso sul lato tecnico (come illustrato in recenti interventi ad esempio qui, qui e qui) poiché a) ha eliminato un effetto distorsivo nella funzione segnaletica dei prezzi; b) ha tolto un beneficio regressivo che favoriva le famiglie più abbienti; c) ha consentito la liberazione di risorse economiche verso obiettivi più mirati (in particolare il supporto alle famiglie meno abbienti); d) ha maggiormente allineato la politica di spesa con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza e la transizione ecologica.
C’è però una misura fiscale ancora meno problematica e non meno opportuna, a nostro giudizio, che potrebbe essere adottata per ottenere vari benefici, non del tutto coincidenti coi precedenti.
La proposta consiste nella defiscalizzazione del premio della Rc-auto e nella trasformazione della relativa imposta, a parità di gettito, in un’accisa sui carburanti (per un approfondimento si veda il Quaderno Ivass n. 14).
Per comprenderla meglio serve una breve premessa sull’attuale tassazione della Rc-auto.
Le tasse nella Rc-auto
Nel premio assicurativo pagato per la polizza Rc-auto (obbligatoria) su tutti i veicoli a motore sono comprese tre componenti fiscali e parafiscali, parametrate al livello del premio.
La prima componente è una tassazione fissata dalla legge (art. 17 del Dlgs n. 68/2011) a beneficio delle province, con aliquota base al 12,5 per cento, variabile tra il 9 e il 16 per cento su delibera di ogni provincia. Di fatto, l’aliquota è fissata nella misura massima del 16 per cento, fatta eccezione per pochi casi con aliquote tra il 9 e il 15,5 per cento. La seconda componente va a finanziare il Servizio sanitario nazionale, con aliquota al 10,5 per cento. La terza, con aliquota al 2,5 per cento, serve a finanziare il Fondo di garanzia delle vittime della strada (Fgvs). Il carico fiscale complessivo è di quasi il 29 per cento.
Considerando solo la prima componente (con aliquota 16 per cento), nel 2021 il gettito è stato di circa 2 miliardi di euro. La trasformazione in un’accisa finanziariamente equivalente si può ottenere dal consumo di carburante (soprattutto benzina e gasolio) rilevato dal ministero dell’Ambiente, pari, in quell’anno, a oltre 37 miliardi di litri, per una spesa netta di 32,5 miliardi di euro e lorda di quasi 70 miliardi di euro (tabella 1).
In questo modo, invece dell’imposta sul premio dell’assicurazione, si avrebbe un’accisa equivalente di circa 4,6 centesimi sulla benzina e di 5,6 centesimi sul gasolio. Quali sarebbero i vantaggi?
I vantaggi
I vantaggi di questa trasformazione d’imposta sono numerosi.
- Il premio della assicurazione Rc-auto si ridurrebbe del -16 per cento, consentendo la prosecuzione di una dinamica che, dal 2013, sta progressivamente chiudendo il gap con la media dei più importanti paesi europei (si veda la Relazione Ivass sul 2021, p. 70). Infatti, l’Italia è seconda in Europa per le accise sulla benzina, ma prima per costo dell’assicurazione Rc-auto.
- Non ci sarebbero effetti sul livello generale dei prezzi poiché a fronte dell’aumento delle accise c’è un calo del prezzo della Rc-auto che entra nel paniere dei beni di consumo con peso sostanzialmente equivalente, a conti fatti, al consumo di carburante (rispettivamente 1,20 per cento contro 4,57 per cento). In effetti, poiché il premio scenderebbe del -16 per cento, mentre il prezzo del carburante in media ponderata salirebbe del +6,16 per cento, l’effetto netto sull’indice dei prezzi sarebbe persino di riduzione, di quasi mezzo punto percentuale. Per i consumatori si avrebbe, sia pure marginalmente, un beneficio.
- Oggi l’imposta sulla Rc-auto è proporzionale alle determinanti del premio assicurativo, che sono, soprattutto, la frequenza e il costo medio dei sinistri stradali. Zone e soggetti a elevata rischiosità pagano, pertanto, premi più alti: in particolare i giovani e i residenti nelle aree meridionali si trovano un costo della polizza superiore alla media nazionale: a loro si applica, oggi, anche un’imposta proporzionalmente più elevata. L’azzeramento dell’imposta sulla Rc-auto determinerebbe un indubbio beneficio per questi soggetti.
- Poiché la nuova imposizione si applicherebbe al carburante, verrebbe gravato in misura maggiore chi utilizza di più l’auto: nelle aree (soprattutto al Sud) di maggior premio e minor consumo si otterrebbe il beneficio più ampio. Ad esempio, dall’analisi dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dello scorso ottobre, risulta che le famiglie meno abbienti hanno un consumo di carburante che è quasi un terzo di quelle più abbienti.
- L’imposta sul carburante sarebbe pagata anche da quella quota di automobilisti che circolano senza copertura assicurativa (circa il 6 per cento dei veicoli circolanti), che oggi evadono non solo l’obbligo assicurativo, ma anche l’imposta sul premio: verrebbe recuperata con l’imposta nel prezzo del carburante, con conseguente sgravio per gli automobilisti assicurati. Nella circolazione illegale rientrano anche i veicoli immatricolati all’estero che si muovono abitualmente sul territorio italiano (quindi contro la normativa). L’imposta nel prezzo del carburante inciderebbe anche su di loro.
- Nei contratti Rc-auto stipulati “a distanza” (per esempio online) c’è un diritto di recesso di 14 giorni: esercitarlo non è di fatto conveniente perché la componente fiscale del premio non può essere rimborsata. Un’imposta sui carburanti eliminerebbe l’impedimento al pieno esercizio del diritto di recesso.
- Ultimo, ma non certo per importanza, il passaggio dell’imposizione dal premio Rc-auto al costo del carburante rappresenta, a tutti gli effetti, una carbon tax, con disincentivo all’uso di fonti di energia inquinanti (in particolare per il biossido di carbonio CO2) a favore delle energie rinnovabili, in vista dell’obiettivo, ancora lontano di quasi 14 punti, di riduzione del gas serra del -40 per cento entro il 2030.
* Le opinioni qui espresse non coinvolgono l’Istituto di appartenenza.
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Firmin
Ho il fondato sospetto che, come in ogni mercato oligopolistico che si rispetti, lo sgravio sulla RCA finirebbe per essere incassato dalle compagnie, piuttosto che avvantaggiare gli utenti.
Riccardo
In realtà il mercato r.c. auto é fortemente regolamentato e concorrenziale con piena mobilità dei consumatori.
Rick
Da un lato, non mi sembra una bella idea togliere tasse in un mercato oligopolistico e spostarle in un mercato molto più competitivo. Immagino entrambe le domande siano molto inelastiche, ma non conosco i dati.