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Autore: Agar Brugiavini Pagina 4 di 6

brugiavini Professoressa di Economia Politica presso l'Università Cà Foscari di Venezia ha conseguito una laurea in Scienze Statistiche alla Sapienza di Roma, un Master in Econometria e un Ph.D. in Economia alla London School of Economics. È stata docente alla City University Business School di Londra e visiting scholar presso la Northwestern University negli USA. Nella sua ricerca si occupa principalmente di scelte di risparmio delle famiglie, di pensioni e di stato sociale. Redattrice de lavoce.info.

Tfr o fondi pensione: alcuni esempi

L’attuale governo ha disposto con Decreto Legge (13 Novembre 2006 n. 279) l’anticipo al 1 gennaio 2007 degli effetti previsti (a partire dal 2008) dal Decreto Legislativo n. 252/2005 in materia di previdenza complementare per i lavoratori dipendenti privati. I lavoratori dovranno fare una scelta sulla destinazione del proprio Tfr. Le storie contributive dei lavoratori sono molto diverse tra loro, come sono diversi i profili salariali, e difficilmente si possono fornire degli esempi utili alla platea degli undici milioni di lavoratori coinvolti.
Sembra tuttavia utile basarsi su dati concreti per capire i motivi (o meno) della convenienza.
I percorsi a disposizione dei lavoratori vedono nella data del 29 aprile 1993 un importante spartiacque:

  1. coloro che già erano iscritti alla previdenza obbligatoria a quella data e non partecipavano a forme pensionistiche complementari possono ora scegliere di mantenere il TFR maturando presso il datore di lavoro che provvederà a versarlo in un fondo costituito presso l’Inps, oppure possono conferirlo ad un fondo pensione nella misura prevista dagli accordi o contratti collettivi, o in mancanza di questi in misura non inferiore al 50%. Nel caso in cui tale lavoratore avesse già contribuito a forme pensionistiche complementari, la sua scelta è ancora tra il mantenimento del TFR presso il datore di lavoro o il conferimento ad un fondo, ma in questo caso il TFR maturando andrà alla forma pensionistica a cui già aderisce. Se il lavoratore non si esprime entro il 30 giugno 2007 (o entro 6 mesi dalla data di assunzione), il datore di lavoro provvederà a trasferire il TFR maturando alla forma pensionistica complementare prevista dagli accordi o contratti collettivi (o aziendali) se non aderiva già ad un fondo pensione, o viceversa al fondo pensione già prescelto dal lavoratore (forma di adesione tacita);
  2. per i lavoratori assunti dopo il 29 aprile 1993, la scelta esplicita è di nuovo tra conferimento a forma pensionistica complementare o mantenimento presso il datore di lavoro (fondo Inps). La scelta tacita prevede che il datore di lavoro trasferisca il futuro TFR alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi (salvo diverso accordo aziendale), e nel caso di più forme, presso quella con il maggior numero di iscritti. Qualora le due alternative descritte non fossero applicabili, il TFR verrà indirizzato presso il fondo Inps.

Oltre a questo elemento discriminante occorre tenere presente che l’età anagrafica e l’anzianità contributiva (numero di anni di contributi) del lavoratore sono variabili rilevanti nella determinazione della prestazione pensionistica di base – cioè quella erogata dall’Inps.
Il lavoratore "tipo" prescelto è un lavoratore rappresentativo dei dipendenti privati: il suo profilo salariale è la mediana dei redditi dei lavoratori maschi. I suoi salariali sono stati agganciati alla dinamica salariale aggregata pur tenendo conto delle differenze di livello salariale esistente, a tutte le età, per generazioni di lavoratori più giovani. I salari tipici di questi lavoratori variano – nell’arco della vita lavorativa – da un minimo di circa 20000 euro all’anno a un massimo di 45000 euro.
E’ utile distinguere tre casi, che sono soggetti a trattamenti diversi a causa delle riforme pensionistiche degli anni ’90: un lavoratore con almeno 18 anni di contributi nel 1995 che va in pensione con regime retributivo puro, uno con meno di 18 anni di contribuzione al tempo della riforma Dini e quindi sottoposto ad un regime misto (quello retributivo per la parte di contributi precedente il 1996 e il contributivo per quella successiva e sino alla pensione), e infine un lavoratore assunto dopo il 1995 con una pensione interamente contributiva. Le età di pensionamento sono quelle calcolate applicando tutte le principali regole del sistema pensionistico italiano fino alla riforma del 2004 (riforma Maroni).

Ipotesi di base sulle tipologie dei lavoratori

Coorte di nascita Età di ingresso nel mondo del lavoro Anni di contributi Età di pensionamento
       
1953 19 40 59
1956 21 40 61
1967 22 39 61
1976 23 38 61

L’esercizio consiste in una simulazione – basata sulle regole vigenti e sulle ipotesi discusse – che permetta un confronto tra Tfr e Fondo Pensione. Dalla simulazione si ottengono i montanti sia nel caso TFR che nel caso Fondo Pensione (FP) derivanti dalla medesima contribuzione (6.91% annuo del salario lordo). Il montante rappresenta la cifra accumulata nel tempo dal lavoratore, che si rende disponibile al momento del pensionamento (e quindi è una ricchezza), mentre la rendita rappresenta il reddito, cioè il flusso che si può ottenere periodicamente (la pensione o il vitalizio) negli anni successivi al pensionamento(1).
Nella prima colonna della successiva tabella, si legge l’ammontare di TFR maturato dal 2007 alla data di pensionamento e rivalutato seconda i criteri di legge al netto della tassazione dell’11% (tassa sulla rivalutazione del tfr applicata solo dal 1/01/2001), nelle colonne dalla seconda alla quarta il montante derivante dal trasferimento del TFR maturando dal 2007 ad un fondo chiuso (ipotesi sui rendimenti basati su valori medi COVIP, 2005), e nelle successive colonne quello derivante dal conferimento del futuro TFR ad un fondo aperto. Le altre colonne presentano il montante derivante da un investimenti in fondo chiuso o aperto con rendimenti massimi tenendo conto di commissioni – cioè costi di gestione ecc… – differenti (pari a 0.19% per fondo negoziale, 1.7% per fondo aperto).

Tabella 1. TFR e Fondo Pensione Accumulati da un lavoratore "a reddito medio" (rendimenti tassati all’11%)

Coorte

Nati nel

Età di pensionamento

TFR dal 2007 in azienda (o presso INPS)

Rendimento 2,4%

Fondo chiuso min

(rendimento 2,8%)

Fondo chiuso

(5,4%)

Fondo chiuso max

(11,7%)

Fondo Aperto

Min

(3,6%)

Fondo aperto

(6,10%)

Fondo aperto Max

(12,6%)

                 
1953 59 6.045 6.332 6770 7946 6461 6888 8116
1956 61 15.897 17.113 19.370 26.275 17.762 20.005 27.379
1967 61 46.722 53.296 68.440 131.200 57.396 73.151 143.710
1976 61 88.052 104.466 146.984 372.080 115.458 161.244 425.116

La Tabella 1 mostra che il montante derivante da un fondo chiuso (a parità di contribuzione) è sempre preferibile al TFR, particolarmente per orizzonti temporali più lunghi (coorti nate nel 1976). Questo risultato è dovuto in parte ai rendimenti ipotizzati – sulla base delle informazioni desumibili – che sono più vantaggiosi del rendimento offerto dal TFR, in parte alla caratteristica che il TFR, avendo un rendimento pari all’1.5% più il 75% del tasso d’inflazione, recupera solo parte dell’inflazione. Per i lavoratori "tipo" nati nel 1953 si osservano differenze minime nel risultato da Tfr o da FP chiuso.
E’ ovvio che nelle previsioni per il futuro occorre tenere conto dei rischi. Il rendimento del Tfr (qui ipotizzato al 2,4%), è un rendimento certo, mentre per i fondi pensione esiste il rischio di rendimento legato all’andamento dei mercati, che da un lato giustifica un rendimento medio dei FP più elevato (proprio come premio al rischio) e dall’altro espone la ricchezza finale da FP a fluttuazioni. Il risultato finale del FP dipende quindi dalla capacità del gestore di investire il patrimonio in maniera redditizia – nei limiti della legge- e di applicare la giusta regola di diversificazione. Per illustrare gli effetti del rischio di rendimento vengono presentati anche una caso Minimo e un caso Massimo – sempre basati sull’esperienza storica.
Per i fondi aperti i risultati sono di più difficile lettura, proprio perché se da un lato si possono raggiungere rendimenti elevati (vedi valori massimi), dall’altro si ha maggiore volatilità (vedi differenze tra valori massimi e minimi) e maggiori costi di gestione.
Un nota finale sui rischi impliciti nella scelta tra Tfr e FP non deve trascurare il fatto che – qualora il Tfr fosse lasciato in azienda – sarebbe soggetto ai rischi tipici fronteggiati dalle imprese (pur in presenza di un fondo di garanzia), mentre il FP è ben isolato dalle vicende dell’impresa di riferimento.

La caratteristica specifica dei fondi pensione è quella di offrire una rendita vitalizia (cioè un reddito negli anni della pensione). I fondi pensione offrono già nel loro "pacchetto" un contratto di rendita vitalizia che è molto diverso da quello che il singolo individuo può ottenere da un assicuratore per via della ripartizione dei rischi che si può operare su gruppi di lavoratori.
Per offrire un confronto più completo è utile ipotizzare che il lavoratore decida che metà del suo FP venga liquidato in capitale e metà in rendita (il minimo previsto dalle regole). La parte "soluzione capitale" è confrontabile con la metà del TFR, entrambi lordi in questo esempio. In più il lavoratore otterrà una rendita dal FP che è certamente superiore a una rendita ottenibile, per eguale premio, dall’acquisto di un vitalizio individuale. Cioè se il lavoratore decidesse di utilizzare metà del suo Tfr per l’acquisto di un vitalizio, al momento del pensionamento, sarebbe svantaggiato rispetto al contratto ottenibile dal FP.
La tabella intende mostrare come in alcuni casi (specialmente per i lavoratori più giovani) la rendita ottenibile dal FP costituisca un complemento importante della pensione pubblica. Questo è semplicemente dovuto al fatto che il FP è stato accumulato per più anni (e quindi il montante è più alto), ma anche al fatto che le pensioni pubbliche offriranno tassi di rimpiazzo più bassi (rapporto tra prima pensione e ultimo salario).
La rendita può variare molto sia per la variabilità dei rendimenti del FP (abbiamo ipotizzato i rendimenti "medi" della Tabella 1), sia per le condizioni con cui è stato stipulato il contratto tra FP e compagnia di assicurazione nell’erogazione della rendita stessa.
E’ evidente che se i lavoratori si preoccupano di proteggere il loro reddito nelle età anziane dovrebbero valutare la gamma delle opzioni che si offrono.

Tabella 2. Pensione pubblica e Rendita.
(prima rata di pensione e di una rendita annuale acquistata pagando come premio unico il 50% del montante derivante da fondo pensione chiuso)
(2)
Profili salariali "medi"

Coorte

Pensione Pubblica

annuale

Tasso di rimpiazzo: prima pensione su ultimo salario (%) Metà Montante lordo da TFR Metà Montante lordo del FP (fondo chiuso al 5,4%)

Rendita annua vitalizia da fondo chiuso

(al 2%)

Pensione più rendita Metà Montante lordo del FP (fondo aperto al 6,10%) Rendita annua Vitalizia da fondo aperto (2%) Pensione più rendita
                   
1953 13.831 78,92 3.022 3.385 201 14.032 3.444 205 14.036
1956 17.872 75,53 7.948 9.685 615 18.487 10.002 635 18.507
1967 22.304 63,18 23.361 34.220 2.173 24.477 36.575 2.322 24.627
1976 26.081 49,96 44.026 73.492 4.667 30.749 80.622 5.120 31.202

1) In dettaglio le ipotesi sui rendimenti e commissioni fondi pensione sono le seguenti. Il montante derivante dall’investimento dell’intero TFR futuro in fondo pensione negoziale: commissioni: 0.19%; rendimento: 2.8%, 5,4% e 11,7%.
2) Per poter proporre un esempio si considera una rendita vitalizia immediata, (certa per 10 anni e poi vitalizia significa che per i primi 10 anni è percepita dall’assicurato a vita e in caso di decesso dalla persona designata sino al termine del periodo di 10 anni). Il calcolo della rendita dipende fortemente dalle ipotesi sulla sopravvivenza, che qui è ipotizzata seguite le tavole di mortalità ISTAT pubblicate.

Domande fondamentali

I giovani avranno la pensione? E a quali condizioni? Come agiscono i coefficienti di trasformazione? Un’eventuale nuova riforma comporterebbe vantaggi o svantaggi per chi entra oggi nel mercato del lavoro? E quali conseguenze avrebbe la rimozione dello scalone? Interrogativi basilari, postici dal Forum Nazionale Giovani che chiedono risposte chiare. Ma l’unica via per non penalizzare troppo i più giovani è anticipare l’entrata in vigore delle nuove regole previdenziali. Come in Svezia, dove il sistema contributivo è stato adottato subito per tutti, escludendo solo gli ultrasessantenni.

Tfr o fondo pensione? Una scelta di convenienza

Benché le storie contributive dei lavoratori siano molto diverse tra loro, abbiamo tentato una valutazione di convenienza relativa delle alternative a disposizione di chi si trova di fronte alla scelta se lasciare il futuro Tfr in azienda oppure conferirlo a un fondo pensione. Il montante derivante da un fondo chiuso, a parità di contribuzione, è sempre preferibile al Tfr, particolarmente per orizzonti temporali lunghi. Per i fondi aperti, i risultati sono più incerti, perché si ha maggiore volatilità e maggiori costi di gestione. Gli effetti della diversa tassazione.

Operazione Tfr: le risposte del ministro Damiano

Meno di due mesi al via dell’operazione smobilizzo del trattamento di fine rapporto. Ma i suoi contorni restano ancora poco chiari. Per meglio informare i nostri lettori, Tito Boeri e Agar Brugiavini rivolgono sette domande al ministro Damiano su dove andranno i flussi di Tfr maturati nei primi sei mesi del 2007, come cambierà l’organizzazione dell’Inps, la previdenza complementare per gli autonomi, la trasformazione della liquidazione in rendite vitalizie, i fondi multicomparto e i requisiti previsti per entrare nel cda dei fondi. Nelle colonne di destra le risposte del ministro Cesare Damiano.

Un accordo senza i giovani

La trattativa sul Tfr ha visto protagonisti Governo e Confindustria, mentre il silenzio dei rappresentanti dei lavoratori è stato fragoroso. Il compromesso raggiunto circoscrive l’intervento alle imprese con più di cinquanta addetti. Una soluzione che crea ingiustificabili asimmetrie. Semmai, la discriminante dovrebbe essere l’età: i lavoratori più anziani possono anche lasciare il Tfr in azienda. Ma i giovani, che avranno una pensione pubblica molto più bassa, devono essere incentivati al trasferimento ai fondi pensione. Dovrebbe essere questo il compito del sindacato.

Un tavolo senza i giovani (postilla sul tfr)

È sorprendente che in questi giorni si continui a discutere di Tfr a due voci (Confindustria e Governo) e nessuno parli in nome del vero proprietario di quei soldi: i lavoratori. Il trattamento di fine rapporto è un prestito obbligatorio dei lavoratori alle imprese che dà un rendimento piuttosto basso se confrontato con gli andamenti dei mercati. Delle sorti del Tfr devono perciò decidere i lavoratori, non le imprese.

Chi protesta e chi tace

Il disegno di legge Finanziaria prevede attualmente di destinare il 50 per cento dei flussi di Tfr "inoptati", cioè non espressamente indirizzati dai lavoratori ai fondi pensione, ad un fondo per il finanziamento delle infrastrutture istituito presso la Tesoreria, che dovrebbe raccogliere 6 miliardi di euro.
Le imprese – a cui questo provvedimento sottrae gradualmente liquidità – hanno protestato vivacemente e subito. Fragoroso, invece, il silenzio del sindacato. Qualche voce di dissenso si è, in un secondo tempo, levata da Cisl e Uil, ma il compromesso poi raggiunto fra Governo e parti sociali, ignora una volta di più le esigenze dei lavoratori. Si è infatti deciso di circoscrivere il trasferimento del Tfr all’Inps solo alle imprese con più di cinquanta addetti, quelle che hanno meno problemi di liquidità: è una soluzione che può andare bene alle imprese, ma che crea asimmetrie ingiustificabili tra i lavoratori.

Il vero problema

Per effetto delle riforme pensionistiche dell’ultimo decennio, per i giovani i tassi di rimpiazzo (ovvero il rapporto tra prima prestazione pensionistica e ultimo salario) delle generazioni che vanno in pensione ora sono irraggiungibili, pur conteggiando trenta o quaranta anni di versamenti al Tfr. Questo perché la pensione pubblica offrirà un rimpiazzo del reddito da lavoro del 35-40 per cento nei casi migliori, contro l’attuale 65-70 per cento (1). L’unica via per coprire questo "buco" pensionistico è garantire, specialmente ai giovani, rendimenti più elevati all’accantonamento ora versato al trattamento di fine rapporto.
Quindi se c’è una discriminante da applicare nel decidere le sorti del trattamento di fine rapporto, non è certo quella della dimensione dell’impresa, ma semmai quella dell’età dei lavoratori: i più anziani possono anche lasciare che il Tfr rimanga in azienda (non ci piace l’idea di trasferire il debito dalle imprese allo Stato). Mentre per i giovani deve essere incentivato al più presto il trasferimento del Tfr ai fondi pensione.

Non c’è tempo da perdere

L’unico elemento positivo dell’accordo raggiunto ieri consiste nell’anticipazione al 2007 della possibilità di conferire il Tfr ai fondi pensione. E’ un’occasione che non possiamo permetterci di perdere. I fondi pensione oggi in Italia amministrano un patrimonio inferiore a quello delle fondazioni bancarie. I giovani hanno bisogno di accedere a un ampio spettro di fondi pensione ad adesione collettiva. Sono quelli che permettono di contenere i costi amministrativi e di meglio distribuire il rischio fra i diversi aderenti. Ma perchè questo secondo pilastro offra prodotti adeguati ai lavoratori, bisogna che nuovi fondi pensione nascano e crescano e ci sia più competizione fra di loro.
Quindi lo smobilizzo del Tfr è un’occasione irripetibile per dare la possibilità ai giovani di diversificare il rischio, distribuendo i propri risparmi su diversi strumenti previdenziali. Il sindacato ha un ruolo molto importante nell’informare i giovani e nello spingerli a pensare al loro futuro.

(1) Si vedano le simulazioni di Gronchi e Sismondi in M.Messori (a cura di), La previdenza complementare in Italia, Il Mulino, 2006.

Il nuovo Tfr: Trasferimento Forzoso di Risparmio

La Finanziaria prevede che il flusso di Tfr non destinato dai lavoratori ai fondi pensione venga versato su un fondo, istituito presso la Tesoreria centrale dello Stato e gestito dall’Inps, che dovrebbe servire a finanziare le infrastrutture. Il Governo si attende di ottenere da questo intervento 5,2 miliardi di euro. E’ un modo di fare cassa ai danni dei lavoratori più giovani, un’operazione di finanza creativa che speriamo non venga accettata da Bruxelles. Si tratta di soldi dei lavoratori e i debiti sono debiti.

Che sia davvero l’ultima riforma

La riforma delle pensioni non serve a ripianare l’attuale deficit di bilancio. E’ necessaria soprattutto per ridurre il precariato. Ma se non si ha la forza politica di completare il passaggio al metodo contributivo, meglio lasciare tutto com’è. Perché i ritocchi costano più dello status quo. Tra i correttivi prioritari da adottare, l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione, l’introduzione di riduzioni attuariali per chi lascia il lavoro prima dei 65 anni, lo smobilizzo immediato del Tfr nelle piccole imprese. Interventi e commenti di Sandro Gronchi, Marcello Messori e Carlo Ippoliti.

Pensioni: 10 correttivi al posto di uno scalone

Ritoccare le regole di un sistema previdenziale è operazione molto delicata. Si deve dare il tempo ai lavoratori coinvolti di rivedere i propri piani di lavoro e risparmio, evitare di generare nuove sperequazioni e nuovi interventi in futuro. Il Governo Prodi dovrà rimediare agli errori commessi nella scorsa legislatura rivedendo la normativa con orizzonti lunghi, guardando alla sostenibilità del sistema, alla necessità di dare spazio a un secondo pilastro, piuttosto che all’esigenza di fare cassa da subito. Ecco dieci possibili correttivi che mirano ad anticipare l’entrata in vigore del sistema introdotto dalla riforma del 1996.

Pensioni, contributi e sostegno agli anziani nei programmi elettorali

La proposta dell’Unione è articolata: considera sia le prestazioni pubbliche sia la previdenza complementare, distingue tra lavoratori dipendenti, autonomi e intermittenti. Tuttavia, resta generica su molti aspetti. L’unico elemento quantitativo sono i cinque punti di riduzione del cuneo contributivo annunciati da Prodi. Viceversa, il programma della Casa delle libertà è piuttosto scarno e non affronta i temi della sostenibilità. E’ specifico solo sugli 800 euro delle pensioni minime. Entrambi i Poli promettono cambiamenti piuttosto costosi.

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