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Autore: Alberto Zanardi Pagina 7 di 8

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Professore ordinario di Scienza delle finanze nell'Università di Bologna. Attualmente è componente del -Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa pubblica istituito presso il MEF. Durante il 2022 è stato presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard presso il MEF e tra il 2014 e il 2022 componente del Consiglio direttivo dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Nel passato ho fatto parte della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale e della Commissione tecnica per la finanza pubblica presso il MEF.

Imup, imposta dal futuro incerto

La seconda fase della riforma della fiscalità comunale scatterà dal 2014. A partire da quellÂ’’anno, i comuni che decideranno di farlo potranno istituire una nuova imposta, denominata Imposta municipale propria (dÂ’’ora in poi Imup), regolata dalla normativa statale ma con il riconoscimento ai comuni di margini di autonomia. Se istituita, lÂ’’Imup cancellerà le imposte statali immobiliari devolute nella prima fase (con lÂ’’eccezione della cedolare secca sulle locazioni) e lÂ’’Ici.

DUE COMPONENTI PER UN’IMPOSTA

Dell’Â’Imup, il decreto fissa alcuni elementi fondamentali ma su altri rimanda la decisione al futuro. Sarà un’Â’imposta “doppia”, con due differenti componenti: la prima basata sul possesso dellÂ’’immobile, come lÂ’’Ici attuale, la seconda sul suo trasferimento, come oggi l’Â’imposta di registro e quella ipo-catastale. E sarà un’imposta patrimoniale, visto che la base imponibile resta il valore catastale, gravante prevalentemente sulle seconde case (a disposizione e locate) e sugli immobili non residenziali, con netta conferma dellÂ’’esenzione totale dell’Â’abitazione principale per la “componente possesso”. Le aliquote base saranno fissate dallo Stato, ma si riconosce ai comuni la possibilità di manovrarle in aumento o in diminuzione entro limiti prefissati, addirittura fino al 3 per mille sulla “componente possesso”. Sulla stessa componente è poi previsto un regime fortemente agevolativo, addirittura metà dell’Â’imposta ordinaria, nel caso di immobili locati e in quello di immobili utilizzati nellÂ’’esercizio dell’Â’attività di impresa, arti e professioni ovvero posseduti da enti non commerciali.
La nuova Imup sarà in realtà un tributo composito, basato su presupposti differenti (il possesso, il trasferimento di immobili), una collezione di tributi oggi esistenti che, sotto una etichetta unica, manterranno in gran parte i loro caratteri distintivi. Insomma, una forzatura dettata dall’Â’obiettivo di attribuire tutta la tassazione immobiliare ai comuni (con margini differenziati di manovrabilità) e di “semplificare” a tutti i costi, senza però cambiare nulla in sostanza, senza cogliere l’Â’occasione per mettere mano a una riforma concreta della tassazione immobiliare.

UNA SUPER-PATRIMONIALE SULLE SECONDE CASE

Valutare lÂ’’Imup è esercizio arduo in quanto il decreto manca di fissare un elemento fondamentale del nuovo tributo: lÂ’’aliquota base della sua componente principale, quella collegata al possesso dell’Â’immobile. Qualche considerazione di larga massima è comunque possibile.
Sotto il vincolo della “neutralità finanziaria”, data la riconferma della piena esenzione della prima abitazione, data la necessità di recuperare la perdita di gettito derivante dalla cedolare secca al 20 per cento rispetto allÂ’’Irpef attuale e dati infine i regimi fortemente agevolativi previsti nella nuova imposta, il risultato non può che essere un pesante spostamento del prelievo fiscale a danno, in particolare, delle seconde case.
Le prime simulazioni indicano che per garantire parità di gettito, lÂ’’aliquota base dovrebbe essere fissata nell’Â’intervallo tra l’Â’11 e il 14 per mille, ossia circa il doppio dell’Â’aliquota Ici attuale. Il risultato sarebbe pertanto una super-patrimoniale sulle seconde case. Questa prospettiva avrebbe qualche vantaggio in termini redistributivi, ma penalizzerebbe fortemente l’Â’investimento immobiliare diverso da quello finalizzato allÂ’’acquisizione della prima abitazione. La possibilità di fissare lÂ’’aliquota base a un livello un po’Â’ più basso dipende criticamente dall’Â’effettivo recupero di evasione nella tassazione sugli immobili che dovrebbe derivare dagli incentivi allÂ’’emersione generati dallÂ’’abbattimento dell’Â’aliquota previsto con la cedolare secca e dal maggiore coinvolgimento dei comuni nellÂ’’attività di accertamento. Ma su entrambi i fronti, i margini di incertezza sono forti.
Anche per la seconda fase rimangono i problemi evidenziati sul piano perequativo, in quanto la nuova Imup concorre al finanziamento del fondo di perequazione. Un punto di ambiguità che permane nel testo del decreto è poi quello che riguarda il carattere facoltativo del passaggio dalla prima alla seconda fase. La Relazione sul federalismo fiscale del 30 giugno affidava lÂ’’istituzione dell’Â’Imup “a una verifica di consenso popolare su iniziativa dei singoli comuni”. Si tratta di una previsione alquanto singolare poiché nel caso in cui solo alcuni comuni decidano di passare alla nuova imposta, si avrebbero seri problemi di funzionalità per il sistema perequativo municipale. E ciò perché il meccanismo perequativo dipende dalla determinazione della capacità fiscale, la quale deve necessariamente riferirsi a tributi di applicazione generale in tutti i comuni. Il testo del decreto sembra allontanare questo scenario, ma non risolve tutte le ambiguità.
Da ultimo, la riforma va valutata sul piano dellÂ’’obiettivo della semplificazione della tassazione immobiliare rispetto al quadro attuale. Il combinato dei differenti trattamenti differenziali previsti per le diverse tipologie di proprietari e di immobili porta a un sistema di tassazione di redditi e patrimoni immobiliari (vedi tabella 1) che sembra francamente coraggioso definire più semplice e più neutrale rispetto a quello attuale.

FEDERALISMO DEMANIALE À LA CARTE

Uno schema di decreto legislativo fissa i principi generali e le procedure per regolare il trasferimento di parti del patrimonio immobiliare dello Stato a favore degli enti territoriali. Proprio il procedimento lascia perplessi. Il risultato non sarebbe una devoluzione del patrimonio statale tra diversi livelli di governo sulla base di criteri economici di pertinenza dei beni alle funzioni attribuite agli enti decentrati, ma un’allocazione basata su puri criteri di profittabilità, che lascerebbe allo Stato i beni di minor valore commerciale.

EMERGENZA CONTINUA IN CARCERE

Le carceri italiane sono sovraffollate e obsolete: difficile garantire accettabili condizioni di vita per personale e detenuti, e perseguire l’obiettivo della riabilitazione. E’ necessario accantonare la logica dell’emergenza continua distinguendo tra misure di impatto immediato e politiche di lungo periodo. L’ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse, con la chiusura di istituti fortemente sottoutilizzati, può portare in tempi relativamente brevi a risparmi di spesa strutturali. Ma serve poi la costruzione di nuovi penitenziari, più grandi e più efficienti.

FEDERALISMO E CONCORRENZA FISCALE

La proposta di introdurre forme di fiscalità di vantaggio a favore delle Regioni meridionali gioca un ruolo rilevante nel disegno di legge Calderoli sul federalismo fiscale. Ma l’Unione Europea accetta simili ipotesi solo a condizione che non ci sia compensazione delle perdite di gettito da parte del governo centrale. E’ dunque possibile immaginare uno scenario in cui le Regioni del Sud decidano di abbassare le aliquote dei tributi loro assegnati con l’obiettivo di attrarre investimenti dall’esterno. Si tratterebbe però di concorrenza fiscale.

MA REGIONI E COMUNI NON SONO LA STESSA COSA

Uno dei punti più controversi del disegno di legge sul federalismo fiscale è certamente quello del sistema di finanziamento e perequazione dei comuni e dei suoi rapporti con lo Stato e le Regioni. Il progetto impernia la finanza comunale su funzioni fondamentali e non, sul modello di quanto previsto per le Regioni. Ma è un parallelismo poco convincente. Una parte degli interventi dei comuni non ha un valore equitativo così rilevante da farli necessariamente ricadere tra le materie tutelate dai livelli essenziali delle prestazioni.

I CONTI CON LA BOZZA CALDEROLI

L’attuazione del federalismo fiscale non può prescindere dal problema della perequazione interregionale, per i forti divari territoriali del nostro paese. Qual è la posizione della proposta Calderoli sul tema? E’ ancora troppo vaga per dirlo con precisione. Ma le stime suggeriscono che alcune Regioni potrebbero soffrire perdite non irrilevanti, mentre altre avere risorse in eccesso. E’ perciò cruciale indicare regole chiare per la redistribuzione e definire un periodo di transizione. E affrontare la questione delle Regioni a statuto speciale.

Fisco locale sotto stress

Attorno alle addizionali locali sull’Irpef si è accesa una polemica forse eccessiva. Anche perché è una misura adottata da una quota relativamente piccola di comuni. E bisogna evitare di moltiplicare i costi di adempimenti per i contribuenti che deriverebbero da spazi troppo ampi lasciati ai governi locali sui tributi erariali. Gli interventi vanno valutat nella prospettiva più generale dei vantaggi che una riforma in senso federale potrebbe portare. Difficile comprendere perché il sostegno alla famiglia debba passare dall’Ici.

Ma il contrasto di interessi non è la soluzione

Il contrasto di interessi è sempre più spesso indicato come la formula magica cui affidare la lotta all’evasione. Ma per essere efficace l’agevolazione riconosciuta ai contribuenti onesti dovrebbe essere tale da annullare completamente il gettito dello Stato. Ed è illusorio pensare che si elimini così la necessità di controlli e accertamenti fiscali. Sembrerebbe più proficuo perseguire altre modalità, che costringano il singolo contribuente a confrontare il guadagno dell’evasione con i rischi o i costi che essa potrebbe comportare su altri fronti.

Come funziona (o non funziona) il contrasto di interessi

Si ha contrasto di interessi fra un venditore e un compratore quando la convenienza a evadere dell’uno trova un ostacolo nella convenienza a rendere nota la transazione al fisco da parte dell’altro. Ecco alcuni esempi. Dalla situazione attuale di una convergenza di interessi a evadere alla piena deducibilità dal reddito imponibile del compratore della spesa sostenuta. L’ampiezza dell’intervallo di contrattazione tra i due attori dipende criticamente dalle rispettive aliquote dell’Irpef. Mentre in diversi casi lo Stato non incassa alcun gettito.

Se il federalismo si rafforza in Lombardia

La giunta lombarda ha avviato l’iter per l’ottenimento di maggiori competenze rispetto a quanto riconosciuto alle Regioni a statuto ordinario. Una possibilità prevista dall’articolo 116 della Costituzione. Che pone però molte questioni. Da quali motivazioni siano ammissibili per il riconoscimento del federalismo differenziato al suo finanziamento. Dalle modalità di monitoraggio dell’efficienza delle Regioni rafforzate nelle materie per cui sono fissati livelli essenziali al problema del debito pubblico e ai processi di decisione politica.

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