Washington e Pechino cercano di spezzare la forte interconnessione dei loro sistemi produttivi. Perché implica una dipendenza che va oltre le semplici relazioni commerciali. Difficile in un quadro di guerra fredda disegnare il futuro del multilateralismo.
Autore: Alessia Amighini Pagina 5 di 9
Professore associato di Politica economica presso l’Università del Piemonte Orientale e Associate Senior Research Fellow nel programma Asia dell'ISPI. E' stata visiting scholar presso il Department of International Business and Economics dell'Universita' di Greenwich ed economista presso la United Nations Conference on Trade and Development. Ha pubblicato numerosi articoli sull’economia cinese e sull'espansione delle imprese cinesi all'estero su riviste accademiche internazionali quali China Economic Review, China and the World Economy, International Economics, World Development, World Economy. Tra i libri: L'economia della Cina nel XXI secolo (con F. Lemoine), Il Mulino, 2021; L'économie de la Chine au XXIè siècle (con F. Lemoine), La Découverte (in corso di pubblicazione); China Dream: Still coming True?, ISPI, 2016; Xi Jinping's policy gambles: The bumpy road ahead (con A. Berkofski), ISPI, 2015 e L'economia della Cina (con S. Chiarlone), Il Mulino, 2006.
Dopo la pausa imposta dal Covid-19, nell’ex colonia britannica riprendono le proteste. A essere presa di mira è la nuova legge per la sicurezza nazionale in discussione a Pechino, ma in gioco c’è molto di più. A partire dal futuro del modello “un paese, due sistemi”.
È da cinque anni che il paese guidato da Xi Jinping si impegna nella cooperazione sulla salute quando stipula accordi internazionali come la Via della seta. Ma con poca trasparenza e tutto sembra ricondurre a un’abile strategia commerciale.
I ritardi e le reticenze di Pechino nel lanciare l’allarme hanno trasformato il nuovo coronavirus in una pandemia. Per il governo la reputazione del paese prevale sulla salute dei cittadini. Ma ciò solleva dubbi sulla Cina quale “potenza responsabile”.
È difficile indicare stime su quali saranno gli effetti del Covid-19 sull’economia mondiale. Si possono però ipotizzare alcuni scenari sulla base di studi effettuati dopo le ultime epidemie. Ricordando però che oggi l’interdipendenza è maggiore.
L’impatto economico dell’epidemia da coronavirus sarà superiore a quello della Sars. Perché il contagio si è sviluppato in una regione centrale sul piano economico. E il blocco della produzione avrà riflessi sulle filiere internazionali e sulle Borse.
Stati Uniti e Cina hanno firmato un accordo che mette fine alla guerra commerciale. Per l’amministrazione americana è un indubbio successo. Senza una riforma del Wto, però, per il sistema multilaterale degli scambi potrebbe rivelarsi una vittoria di Pirro.
Un accordo per chiudere la guerra commerciale tra Usa e Cina è sempre più lontano. Non solo gli americani non hanno alcun interesse a concluderlo, ma forse oggi non ci sono neanche le condizioni per ipotizzarlo. Il rischio è che il conflitto si allarghi.
Dopo la firma del Memorandum of Understanding in primavera, ora l’Italia è ospite d’onore all’esposizione di Shanghai. Ma tutto ciò non ha comportato un aumento delle nostre esportazioni verso Pechino, limitate nel 2019 al solo settore alimentare.
Washington ha stilato una lista di prodotti ben selezionati da sottoporre ai dazi autorizzati dal Wto. L’agroalimentare made in Italy ne esce molto penalizzato. Ma il nostro paese, che non partecipa al consorzio Airbus, difficilmente potrà rispondere.