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Autore: Andrea Tardiola

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Sul ruolo dei patronati e dei medici di famiglia: entrambi erogano servizi fondamentali per conto dell’amministrazione e vanno sottolineati l’importanza e il valore di questi soggetti in funzione di tutela dei diritti. Ciononostante, in ragione della loro prossimità all’utenza che si “affaccia” alla procedura dell’invalidità e del ruolo specifico che rivestono nella fase iniziale (i patronati in realtà nell’intera procedura) c’è da chiedersi se la regolamentazione dei loro ruoli presenti incentivi/disincentivi nel conformare i rispettivi comportamenti. L’ipotesi che presento è che la regolamentazione e il finanziamento attuale spinga verso un surplus di domande.

Per fare questo ho utilizzato i numeri offerti da INPS, che attualmente consentono di analizzare esclusivamente il rapporto tra domande e benefici economici. Ha ragione Pancaldi a sottolineare che esistono anche benefici in kind connessi al riconoscimento dell’invalidità, ma in relazione a questi non è possibile disporre di dati che consentano una integrazione dell’analisi (mentre sarebbe molto utile disporne, non ne dubito).

Devo invece ribattere l’intervento firmato da luis che parla di affari torbidi. Si tratta di un giudizio e di una terminologia che non può essere utilizzata. L’attività dei patronati è regolarmente monitorata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in base allo stesso regolamento citato in nota nell’articolo e il loro finanziamento (complessivo) non ammonta certamente a miliardi. Nel 2011 l’aliquota del finanziamento è stata ridotta per un taglio totale di circa 87 milioni, mentre nell’anno precedente il finanziamento complessivo ammonta a circa 400 milioni.

Tornando ai dati, certamente sarebbe interessante poter disporre di informazioni più dettagliate sull’attività dei patronati e, a maggior ragione, di informazioni qualitativamente più complete sulle domande di prestazioni presentate all’INPS, sugli esiti degli accertamenti (tutti, non solo quelli che danno diritto ad un assegno) e sull’erogazione della stessa. Occorrerebbe, in altri termini, un passo nella direzione dell’open data. Il dibattito sul punto si allarga anche in Italia ma rimane troppa strada da compiere, come dimostra anche questo caso in discussione.

L’INVALIDITÀ E LA FABBRICA DELLE DOMANDE

Alla farraginosità e lunghezza della procedura per il riconoscimento dell’invalidità non contribuiscono solo i falsi invalidi, ma anche tutte quelle persone che presentano domanda senza averne i requisiti. I presunti invalidi non ottengono l’assegno dell’Inps, ma costano tempo e risorse amministrative nell’iter di verifica, a scapito di coloro che sono realmente bisognosi. Accade perché alcuni attori del sistema hanno incentivi a proporre comunque la domanda di invalidità. Primi fra tutti, i medici di famiglia e i patronati. Ed è lì che bisognerebbe agire.

SANITA’ E POLITICA: SEPARARSI E’ DIFFICILE

Con un disegno di legge collegato alla Finanziaria il governo cerca di limitare l’ingerenza della politica nelle procedure di nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie e dei primari. Ma le regioni rivendicano l’autonomia sancita in materia dalla riforma costituzionale del 2001. E nella loro visione, la politica della salute si identifica con la gestione dell’apparato. Per ragioni diverse tra Nord e Sud. Il governo dovrebbe allora sviluppare modalità pattizie, anche sulle regole, che possano differenziarsi nei diversi ambiti territoriali.

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