La politica monetaria “verde” muove i suoi primi passi concreti nella zona euro. La Banca centrale europea si allinea così alla strategia dell’Unione europea, che assegna alla finanza un ruolo importante nella transizione verso un’economia sostenibile.
Autore: Angelo Baglioni Pagina 2 di 19
È professore ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano. È direttore di Osservatorio Monetario e membro del Comitato direttivo del Laboratorio di Analisi Monetaria (Università Cattolica e ASSBB). E’ presidente di REF Ricerche. Dal 2018 al 2020 è stato membro del Banking Stakeholder Group della European Banking Authority. Dal 1988 al 1997 è stato economista presso l’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo). I suoi interessi di ricerca si collocano nell’area dell’economia monetaria e finanziaria. Ha scritto numerosi articoli su riviste internazionali e libri; l’ultimo è Monetary policy implementation (Palgrave 2024).
Una manovra fiscale discutibile scatena la tempesta sui titoli di Stato inglesi e sulla sterlina. La Bank of England interviene prontamente. La Bce non potrebbe fare altrettanto: il futuro governo italiano lo sappia.
Il nuovo scudo anti-spread prevede condizioni severe per il suo utilizzo. Occorrerà rispettare tutte le regole europee e dimostrare di avere un debito sostenibile. Il Consiglio Bce si riserva ampi margini di discrezionalità.
L’Eurozona non ha ancora un vero scudo anti-spread. Il nuovo strumento annunciato dalla Bce è avvolto nel mistero. Basterà la flessibilità nel riacquisto dei titoli? Intanto l’Omt è andato in soffitta.
Sia la Bce sia la Fed proseguono sulla strada di una politica meno espansiva, nonostante la guerra in corso. Ma le ragioni della “normalizzazione” sembrano meno solide nell’Eurozona che negli Usa.
Liberare il bilancio della Bce dai titoli pubblici è meno urgente di quanto si pensi. All’inflazione in crescita si può rispondere in altro modo. Le proposte di introdurre un debito europeo sottovalutano il problema della condivisione del rischio.
Sulle due sponde dell’Atlantico, l’uscita dalla politica monetaria ultra-accomodante avverrà a velocità diverse: la Fed sarà più rapida della Bce. Nell’area euro prevale la preoccupazione di non destabilizzare il mercato del debito pubblico.
La politica monetaria è cambiata negli ultimi anni. Le banche centrali hanno arricchito la loro “cassetta degli attrezzi” e modificato la loro strategia. Il passaggio alla “nuova normalità” è spiegato in libro. Ecco i temi che affronta.
Il ritorno dell’inflazione potrebbe indurre la Bce a rivedere la sua politica ultra-espansiva. Non c’è però una relazione meccanica che, con un eventuale aumento dei tassi di interesse, la costringa a vendere i titoli di stato che ha già acquistato.
Nella riunione del 22 settembre, il Board della Fed ha confermato quanto era stato anticipato dal suo Presidente Powell nel convegno agostano di Jackson Hole: salvo sorprese, la banca centrale americana avvierà presto una graduale riduzione del ritmo degli acquisti di titoli attualmente in corso, dando così attuazione alla sua exit strategy dal programma di quantitative easing avviato per reagire all’impatto della pandemia sull’economia americana.
In attesa del meeting di novembre, nel quale si prevede che la Fed prenda una decisione in questa direzione, riproponiamo l’articolo pubblicato in occasione del discorso di Powell a Jackson Hole, che chiarisce i passaggi previsti dalla strategia di uscita della Fed.