Ridurre i divari territoriali è cruciale per riattivare la crescita di tutto il nostro paese. Ma è inutile ripetere luoghi comuni sugli interventi della politica nazionale al Sud. Più utile capire le ragioni per le quali alcune politiche hanno funzionato.
Autore: Claudio De Vincenti Pagina 1 di 2
La sua attività professionale si è sviluppata lungo varie direttrici che comprendono, oltre ad un’intensa attività di ricerca e di insegnamento in qualità di Professore Ordinario di Economia Politica presso il Dipartimento di Economia e Diritto dell’Università di Roma "La Sapienza", l'attività di regolazione nei servizi di pubblica utilità, quella di Consigliere economico presso la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Economia e finanze, il Ministero della Salute, la partecipazione ad Organismi e Comitati di consultazione nazionali e internazionali. È stato ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno sotto il governo Gentiloni.
Anche se non esiste più un solo Sud, è rimasto elevato il divario di sviluppo con le regioni del Centro-Nord. Però, c’è stata di recente una nuova assunzione di responsabilità da parte dello stato, con misure che hanno permesso una inversione di tendenza.
La manovra di bilancio prevede risparmi consistenti sulla sanità. E di fatto rimette in discussione il Patto per la salute e la strategia che ha consentito di recuperare il controllo sulla spesa sanitaria. Perché è concreto il rischio di riattivare il meccanismo perverso che vedeva lo Stato lesinare le risorse del Ssn, per poi inseguire con un anno di ritardo le dinamiche spontanee della spesa. Sarebbe più utile riprendere il lavoro di elaborazione degli indicatori di costo e di performance per programmare su basi condivise da Stato e regioni il finanziamento 2010-2012.
Confronto con i principali paesi partner e squilibrata distribuzione del peso dell’Irpef sulle diverse categorie di contribuenti segnalano l’opportunità di combinare il recupero di base imponibile con una significativa riduzione dell’imposta netta gravante sui singoli contribuenti. Il Libro Bianco suggerisce un intervento di riforma sull’imposta progressiva su base individuale, accompagnata da un sistema di detrazioni da lavoro e da un istituto di sostegno delle responsabilità familiari, che per i cittadini incapienti fornisca un trasferimento netto a loro favore.
Il decreto legge collegato alla Finanziaria contiene una riforma complessiva della regolazione del mercato dei farmaci di fascia A, quelli rimborsati dal Ssn. L’Antitrust ha criticato la norma, in particolare per le modalità con cui verrà garantito il rispetto del tetto aggregato alla spesa farmaceutica nazionale. Ma sono critiche sbagliate. Perché i meccanismi introdotti costituiscono un modello che rispetta la competizione tra le imprese aderendo all’evoluzione del mercato che ne deriva e incentivando l’innovazione.
Due proposte in Parlamento per l’introduzione di un “quoziente” destinato a sostituire le detrazioni per carichi familiari. A prima vista un sistema corretto: all’aumentare della numerosità del nucleo familiare, diminuisce il reddito soggetto a imposta, cosicché si applica una aliquota più bassa. In realtà, a ridursi è la progressività, a vantaggio delle famiglie con redditi medio-alti e alti. E con effetti di disincentivo del lavoro femminile. La previsione di una soglia oltre la quale il quoziente non si applica mostra poi la contraddittorietà del progetto.
La riduzione di cinque punti del cuneo contributivo sul costo del lavoro ha varie controindicazioni. Per superarle, si può ipotizzare una progressività per scaglioni del contributo: aliquota ridotta fino a una determinata soglia del salario, normale sull’altra parte. In termini di aliquota media, la riduzione contributiva sarebbe così decrescente in modo continuo al crescere del salario. Il costo della riforma sarebbe di 7,7 miliardi. Ma con effetti positivi sull’occupazione. E coinvolgendo gli autonomi, si andrebbe verso un sistema previdenziale più omogeneo.
Un assegno da 2.500 euro l’anno per ogni bambino, fino ai diciott’anni. La proposta di Prodi anticipa la necessaria riforma degli istituti di sostegno dei redditi familiari. La misura riunifica assegni familiari e deduzioni, ha carattere strutturale, è universale e selettiva allo stesso tempo. Nell’immediato, l’onere per lo Stato è contenuto, mentre gli effetti distributivi sono virtuosi: l’incidenza percentuale del beneficio è più elevata per i decili inferiori della distribuzione e decresce all’aumentare del reddito. Più problematica la copertura a regime.
Il reddito minimo di inserimento dovrebbe far parte di una rete di protezione sociale che comprenda anche interventi centrati sul sostegno ai cittadini nel mercato del lavoro. Va condizionato alla partecipazione obbligatoria a percorsi di integrazione e all’accettazione della chiamata al lavoro. Essenziale delimitare rigorosamente la platea dei potenziali beneficiari. Solo così si può sperare di attivare programmi di reinserimento credibili e realizzare una efficace prova dei mezzi. Con un onere a regime per la finanza pubblica tra i tre e i quattro miliardi di euro.
Con un onere per la finanza pubblica pari a quello dellemendamento governativo, la proposta del centrosinistra su Ire e trasferimenti monetari alle famiglie ha effetti distributivi di segno opposto, con benefici più accentuati per i redditi bassi e decrescenti in modo abbastanza regolare allaumentare del reddito. Ha anche effetti di incentivo al lavoro e allemersione. Soprattutto, è ben chiaro lobiettivo da raggiungere: liberare risorse di bilancio per curare le basi strutturali della crescita e per rafforzare il sistema di welfare.