L’Italia ha la metà dei laureati rispetto alla media degli altri paesi Ocse. E quei pochi hanno salari bassi. Un risultato dovuto alla preferenza per le facoltà umanistiche. Ma anche ai tagli a risorse e docenti registrati nell’università italiana.
Autore: Daniele Checchi Pagina 3 di 8
Professore di economia del lavoro all’Università Statale di Milano. Attualmente Dirigente del Centro Studi e Ricerche di Inps. Ha collaborato come consulente economico del sindacato e successivamente ha partecipato a diverse ricerche sulla contrattazione decentrata. Si occupa di comportamenti sindacali e di economia dell’istruzione. È stato membro del Consiglio Direttivo di ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione delle Università e della Ricerca) nel periodo 2015-19.
Redattore de lavoce.info.
Il governo ha definito un nuovo sistema per il reclutamento degli insegnanti. Ha indubbi aspetti positivi purché riesca a effettuare una valida selezione. Altrimenti si aumenterà solo il numero dei docenti, senza migliorare la qualità della scuola.
Tutti concordano sui mali che affliggono il nostro sistema scolastico. La Buona scuola ha cercato di introdurre uno scambio: più insegnanti, ma con valutazione del loro operato. E qui ha fallito. Anche perché per essere credibile la catena valutativa deve partire dall’operato dei dirigenti.
Un esame di maturità rinnovato e test Invalsi per gli studenti delle scuole superiori. Il ministero dell’Istruzione vuole rendere le valutazioni finali più omogenee in tutta Italia. Ecco cosa cambia.
Una selezione più severa degli insegnanti. Succede nei concorsi a cattedra per i docenti delle scuole. Perché in palio non ci sono semplici punteggi ma posti di lavoro. Gli esclusi protestano, ma una valutazione più rigorosa va a tutto vantaggio della qualità dell’insegnamento.
Quanti saranno gli insegnanti assunti con la “Buona scuola”? Nel complesso, il numero degli aspiranti docenti potrebbe arrivare a circa 800mila. Ma le effettive immissioni in ruolo seguiranno un percorso graduale. L’obiettivo finale di chiudere le graduatorie a esaurimento e il concorso del 2016.
La “Buona scuola” è legge di stato. Almeno sulla carta, ci sono tutte le premesse per un salto di qualità. I punti salienti sono l’inversione di tendenza sulla spesa, dopo la stagione dei tagli, il rafforzamento delle prerogative dei dirigenti e una maggiore possibilità di progettazione.
Le attrezzature informatiche migliorano gli apprendimenti degli alunni? Prima di investire nuove risorse pubbliche nell’acquisto di tablet o lavagne multimediali servirebbero risposte basate su dati e rigorosa valutazione di efficacia degli esperimenti pilota. L’esperienza del progetto Cl@ssi 2.0.
Compilare il modello 730 dovrebbe essere una procedura accessibile a un cittadino medio. Ma se un professore universitario di economia impiega cinque ore solo per accedere al “cassetto fiscale” individuale e leggere le informazioni preliminari, è evidente che qualcosa non funziona.
Il disegno di legge “La buona scuola” è centrato sulla figura del dirigente scolastico. Che, con poteri ampliati e discrezionali, diventa un leader del team educativo dell’istituto. Per questo occorrono strumenti di valutazione del suo operato trasparenti, equi e rigorosi . Non ancora stabiliti.