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Autore: Daniele Pacifico Pagina 1 di 2

Pacifico

Economista presso la Direzione OCSE per l'Occupazione, il Lavoro e gli Affari Sociali. Ha conseguito il Dottorato in Economia a Bologna ed il MSc in Economics al University College London. In precedenza, è stato funzionario del Ministero dell’Economia e membro della segreteria tecnica del Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Membro del Centro per l’Analisi delle Politiche Pubbliche dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ha insegnato corsi avanzati di econometria e valutazione delle politiche pubbliche presso l’Università di Roma Tor Vergata e l’Università di Modena. È stato consulente per le Nazioni Unite e ha fatto parte del gruppo istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per l’elaborazione del “SIA” (Sostegno per l’Inclusione Attiva). All’OCSE si occupa principalmente dell'analisi e valutazione delle politiche sociali ed in particolare dei programmi di sostegno al reddito delle
famiglie.

Misure contro la povertà: i suggerimenti dell’Ocse

Nel suo ultimo rapporto sull’economia italiana, l’Ocse dà una valutazione di Adi e Sfl e indica alcuni interventi per migliorarle. Cancellato il Reddito di cittadinanza, l’Italia non ha più infatti una misura universale di contrasto alla povertà.

Un Supporto per la formazione non è un sostegno contro la povertà

Istituito con la riforma del Reddito di cittadinanza, il Supporto per la formazione e il lavoro è molto diverso dagli assegni sociali per il lavoro in vigore in otto paesi Ue. Le sue caratteristiche lo rendono ben poco adatto a contrastare la povertà.

Lo schema del governo per la riforma del Reddito di cittadinanza

La proposta del governo e quella di Caritas hanno in comune l’idea di sostituire il reddito di cittadinanza con due misure. Il loro impianto è tuttavia molto diverso. Le differenze riguardano principalmente il calcolo degli assegni, la continuitá dell’assistenza e la cumulabilitá tra le due misure.

Riforma del sostegno ai poveri: la proposta di Caritas italiana e l’esperienza internazionale

Le due forme di sostegno proposte dalla Caritas in sostituzione del Rdc consentirebbero di superare la confusione tra inserimento lavorativo e tutela di ultima istanza. L’idea é di affiancare ad una misura universale rivolta a tutti i poveri una misura complementare di assistenza alla disoccupazione, un modello che già esiste in molti altri paesi europei.

Riforma del sostegno contro la povertà: una prima valutazione*

Il nuovo sussidio contro la povertà vedrà una suddivisione tra famiglie di poveri fragili e poveri meno fragili. Per le prime l’importo del contributo potrebbe leggermente aumentare. Ma le previsioni per l’altro gruppo portano l’Italia agli ultimi posti in Europa nel sostegno al reddito.

Il salario minimo non basta per fermare il lavoro povero

Garantire minimi salariali adeguati è una condizione necessaria ma non sufficiente per arginare il lavoro povero in Italia. Il confronto con altri paesi mostra che per risolvere il problema va rivisto il sistema di sostegno alle famiglie a basso reddito.

Assegno unico per i figli: molti guadagnano, pochi perdono

L’assegno unico rende più semplice e inclusivo il sistema di welfare. Il sostegno ai figli aumenterà per la maggior parte delle famiglie italiane, soprattutto per quelle oggi poco tutelate. E per i pochi che perdono, la misura si può ancora migliorare.

Per i lavoratori poveri va ripensato tutto il sistema di sostegno

La mancanza di strumenti di sostegno al reddito non contributivi per i lavoratori poveri espone molti di loro a una condizione di forte disagio economico e sociale. Una riforma sul modello francese ridurrebbe anche i costi del reddito di cittadinanza.

Il reddito di cittadinanza secondo l’Ocse

L’ultimo Rapporto Ocse dà alcune indicazioni su come riformare il reddito di cittadinanza. L’obiettivo è costruire una misura in grado di coprire un numero più alto di persone in povertà, incentivare la ricerca di lavoro e migliorare l’inclusione.

Contro la povertà si può fare tanto anche con poco *

Il sostegno per l’inclusione attiva proposto dalla commissione ministeriale voluta dal Governo Letta costerebbe 7,5 miliardi: una cifra improponibile per il nostro bilancio. E tuttavia si potrebbe partire con un programma più selettivo dai costi molto ridotti, ma benefici comunque significativi.

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