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Lo schema del governo per la riforma del Reddito di cittadinanza

La proposta del governo e quella di Caritas hanno in comune l’idea di sostituire il reddito di cittadinanza con due misure. Il loro impianto è tuttavia molto diverso. Le differenze riguardano principalmente il calcolo degli assegni, la continuitá dell’assistenza e la cumulabilitá tra le due misure.

La bozza del governo

Una nuova bozza del decreto che riformerà il Reddito di cittadinanza prevede che quest’ultimo sia sostituito da due misure, chiamate Garanzia per l’inclusione lavorativa (Gil) e Garanzia per l’attivazione lavorativa (Gal). La prima è rivolta ai nuclei poveri (con un Isee inferiore a 7.200 euro) con almeno un minore, un over-60, un invalido civile o un disabile. La seconda è rivolta ai nuclei ancora più poveri (con un Isee inferiore a 6 mila euro) composti esclusivamente da adulti con meno di 60 anni senza disabilità o invalidità civile.

Descriviamo qui la bozza di riforma del governo attraverso un confronto con la proposta recentemente formulata da Caritas italiana. Come vedremo, sebbene entrambe le proposte prevedano di sostituire il Rdc con due misure, il loro impianto è profondamente diverso e porta a risultati spesso opposti.

L’impianto complessivo

L’impianto del Rdc soffre, secondo un giudizio diffuso, di un limite di fondo: il sovraccarico di obiettivi. Infatti, vuole essere contemporaneamente una politica di contrasto alla povertà e una politica attiva del lavoro. La confusione ha prodotto innumerevoli criticità nella concreta realizzazione degli interventi. Per superarla, la proposta Caritas prevede il passaggio a due misure separate, ma complementari, l’Assegno sociale per il lavoro (Al), con l’obiettivo del reinserimento lavorativo dei disoccupati a rischio di povertà, e il Reddito di protezione (Rep), con l’obiettivo di assicurare uno standard di vita minimamente decente a tutti i poveri. Anche lo schema del governo prevede di sostituire il Rdc con due misure, confermando così le intenzioni espresse in campagna elettorale dai partiti di centro-destra.

Tuttavia, la proposta del governo istituisce due misure categoriali, mentre la proposta Caritas propone una misura di contrasto alla povertà di carattere universale analoga a quella presente in tutti i paesi europei, affiancata da una misura di sostegno alla disoccupazione simile all’Assegno sociale per la disoccupazione (Asdi) abolito nel 2018.

L’avviamento al lavoro

Nello schema del governo, nonostante la presenza di due misure distinte, tutti i componenti del nucleo non anziani o disabili e senza carichi di cura specifici (sostanzialmente valgono solo quelli per bambini con meno di tre anni oppure per disabili gravi o non autosufficienti) devono essere avviati verso percorsi di attivazione lavorativa, a prescindere dalla misura di appartenenza (Gil o Gal). Sono previste pochissime deroghe a questo meccanismo.

Nella proposta della Caritas, gli adulti del nucleo percettore del Rep considerati idonei al lavoro dai servizi sociali comunali vengono inviati ai centri per l’impiego per sottoscrivere un percorso di inserimento lavorativo. Lo stesso avviene per i disoccupati in condizione di difficoltà economica, che dopo avere terminato la Naspi o la Isgro possono richiedere l’Al e continuare così il loro percorso di reinserimento professionale con il centro per l’impiego competente (senza dover passare per i servizi sociali comunali).

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Le due proposte di riforma sono dunque simili sul piano dell’avviamento al lavoro, sebbene la proposta Caritas attribuisca un ruolo maggiore al contatto diretto e all’interazione tra l’operatore del centro sociale e il beneficiario, prevedendo ad esempio deroghe su chi debba essere inviato ai centri per l’impiego a seconda della valutazione dell’operatore.

Il sostegno economico

Le differenze tra le due proposte riguardano soprattutto il sostegno economico e la cumulabilità delle due misure. Infatti, mentre il Rep e l’Al possono essere ricevuti contemporaneamente, chi riceve la Gal non può ricevere la Gil. Ciò crea situazioni in cui famiglie simili ricevono un sostegno economico molto diverso.

Si considerino ad esempio due single di età compresa tra i 18 e i 59 anni senza problemi di salute. Assumiamo che una abbia due figli conviventi di 16 e 17 anni, mentre l’altro vive con due figli di 18 e 19 anni. La prima famiglia sarebbe destinataria della Gil per via della presenza dei due minori, mentre la seconda riceverebbe la Gal. La prima riceverebbe un assegno Gil pari a 500*(1+0.15+0.15) = 650 euro al mese, mentre la seconda riceverebbe un assegno Gal di 350 euro al mese. Il differenziale di trattamento tra le due misure diventa ancora più rilevante se si considera il supplemento per l’affitto (fino a 280 euro al mese) a cui possono accedere solo i beneficiari della Gil.

La durata

In tutti i paesi europei le misure di contrasto alla povertà sono ricevute dalle famiglie fintanto che persiste la condizione di povertà economica. Non sarebbe così nello schema del governo: la Gal dura al massimo 12 mesi, senza possibilità di presentare nuovamente domanda, anche se i beneficiari hanno rispettato tutti gli impegni di attivazione e sono disponibili al lavoro. L’Italia, dunque, diventerebbe l’unico paese europeo a togliere un sostegno pubblico continuativo ad alcuni gruppi di persone in stato di povertà, un aspetto in contraddizione con la recente raccomandazione del Consiglio europeo.

La proposta Caritas vuole assicurare, invece, il diritto a un’esistenza dignitosa a tutte le famiglie povere senza vincoli temporali. A tal fine, il Rep si può continuare a ricevere finché persiste la condizione di povertà (con riesami periodici). Non sarebbe così per l’Al, data la sua diversa finalità (inserimento lavorativo). Tuttavia, al termine del periodo di fruizione dell’Al si passa automaticamente al Rep se ve ne sono i requisiti.

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Si garantirebbe quindi una maggiore capacità di raggiungere i poveri in maniera continuativa. È questa la differenza maggiore tra le due proposte. Sarebbe inoltre possibile, nello schema Caritas, cumulare le due misure nel caso di famiglie numerose che abbiano mezzi economici inferiori alla soglia reddituale del Rep. Tuttavia, in tal caso l’Al verrebbe incluso nel calcolo del Rep (riducendone l’ammontare).

La capacità di reggiungere le famiglie più bisognose

Uno degli obiettivi della proposta Caritas è di raggiungere quanti piú poveri possibile, un aspetto su cui il RdC é piuttosto carente. Infatti, come discusso qui (capitolo 3.3), il Rdc fornisce supporto a molte famiglie che in realtà povere non sono, mentre molti poveri assoluti (definizione Istat) non sono invece raggiunti dalla misura. Per migliorare il targeting verso i piú bisognosi, il Rep proposto dalla Caritas suggerisce di modificare i seguenti aspetti del Rdc: ridurre il numero di anni di residenza per poter presentare domanda (da 10 a 5), rimodulare le soglie di accesso patrimoniali, dare maggior peso ai figli nella scala di equivalenza, differenziare gli importi massimi del supplemento per l’affitto sulla base del costo della vita nella zona di residenza. 

La proposta del governo sembra muoversi in direzione opposta. Infatti, se escludiamo l’abbassamento dei requisiti di residenza in Italia da 10 a 5 anni (un punto in realtà reso necessario dall’avvio di una procedura di infrazione della Commissione Europea), la proposta del Governo riduce il targeting e l’adeguatezza del sostegno attraverso vari meccanismi: (1) esclude dalla scala di equivalenza i figli maggiorenni e qualunque altro adulto con meno di 60 anni non disabile o invalido civile, (2) riduce le soglie di accesso ISEE rispetto al RdC (restringendo cosí la platea di potenziali beneficiari, a discapito in particolare dei lavoratori poveri), (3) nega ai percettori di Gal di richiedere il supplementi per l’affitto e (4) impedisce ai percettori di Gal di passare alla Gil dopo i 12 mesi di fruizione, lasciando dunque queste famiglie povere senza alcun aiuto.

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  1. Rocco Nolfo

    Ho appena letto le due proposte della Caritas e del governo Meloni. Pongo una domanda nel merito: una mia cara amica, 51 anni di età, invalida civile all’80%, single e senza nucleo familiare, disoccupata, senza reddito, nel leggere le due predette proposte di legge non vedo alcuna possibilità che questa persona possa avere un aiuto per vivere, anche e soprattutto in relazione alla possibilità di ottenere un lavoro compatibile con la sua invalidità civile all’80%. Gradirei ricevere cortese risposta sia in relazione al necessario aiuto economico che per quanto riguarda un eventuale soluzione ad un onesto lavoro per vivere. Ringrazio per la cortese attenzione

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