Un pesante fardello di oneri e adempimenti burocratici obbliga i cittadini e le imprese a sostenere ingenti costi per gestire i rapporti con la Pa, stimati fino a 150 miliardi. Tutto ciò ha effetti negativi sul sistema produttivo e sul welfare.
Autore: Dario Immordino Pagina 1 di 2
Dottore di ricerca in diritto comunitario e interno all'Università di Palermo, si occupa principalmente di finanza pubblica, autonomia regionale e locale, contratti e servizi pubblici.
Obiettivi autoreferenziali e appiattimento delle valutazioni portano la pubblica amministrazione siciliana a dare un ottimo giudizio della sua attività, smentito da Corte dei conti e Tar. Una dimostrazione di più che l’efficienza non si impone per legge.
La corruzione costa all’economia italiana almeno 237 miliardi l’anno. E la situazione potrebbe aggravarsi a causa di deroghe alle regole standard dovute alla necessità di accelerare procedimenti e acquisti pubblici. Come intervenire per invertire la rotta.
Spesso le procedure contabili impediscono di spendere risorse già disponibili nei bilanci pubblici. E le prassi studiate per eludere il problema finiscono per aggravarlo. Va riformato il sistema dei rapporti finanziari tra stato ed enti territoriali.
A sette anni dalla legge regionale che ha abolito le province, la maggior parte dei consorzi e delle città metropolitane siciliani si trova senza risorse sufficienti per far fronte alle nuove funzioni. Serve una riforma complessiva all’insegna della flessibilità.
Lo stato stanzia ingenti risorse per dare liquidità al sistema produttivo, ma continua a non pagare i propri debiti verso le imprese. Per spingere le amministrazioni a tenere comportamenti corretti, si dovrebbero prevedere sanzioni e penalizzazioni.
Nel tentativo di superare l’impasse derivante dal timore dei funzionari pubblici di incorrere in responsabilità per danno erariale, il dl “semplificazione” liberalizza molti comportamenti negligenti. Ma il rischio è di favorire ulteriori sprechi e inefficienze.
Gli adempimenti burocratici costano al sistema produttivo e alla finanza pubblica circa 150 miliardi. Non servono nuove leggi, già solo la “semplice” applicazione di quelle vigenti renderebbe il sistema amministrativo molto più efficiente e competitivo.
Siamo in una fase di emergenza economica, caratterizzata dall’esigenza di dare liquidità al sistema produttivo. Ma non si riescono a spendere 220 miliardi già stanziati per infrastrutture, che potrebbero rappresentare un fattore trainante della ripresa.
È paradossale che il governo stanzi ingenti risorse per fornire liquidità alle imprese attraverso le banche, mentre le pubbliche amministrazioni non pagano i propri debiti. Eppure, somme già stanziate in bilancio non si trasformano in pagamenti effettivi.