La popolazione immigrata rappresenta una componente vitale per il nostro paese, con un’età media molto più bassa e un tasso di natalità molto più alto rispetto agli italiani. A regolare gli ingressi per lavoro è però un meccanismo ormai superato.
Autore: Enrico Di Pasquale Pagina 1 di 8
Ricercatore della Fondazione Leone Moressa. Esperto di immigrazione e di euro-progettazione. Ha collaborato in diversi progetti sui seguenti temi: integrazione socio-economica, associazionismo, formazione e comunicazione. Dal 2013 collabora alla realizzazione del Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione. Collabora con "Lavoce.info", "Il Mulino", "Neodemos.it".
Durante l’estate si è tornati a parlare di un possibile cambiamento della legge sulla cittadinanza, per concederla a chi è nato in Italia da genitori stranieri o a chi vi ha frequentato un ciclo scolastico. Al centro del meccanismo sarebbe la scuola.
La politica migratoria italiana sembra procedere su due binari paralleli: da un lato i tentativi di fermare gli sbarchi, dall’altro, le richieste di manodopera delle imprese. Una visione unitaria sarebbe utile anche per abbandonare la logica emergenziale.
Il punto cardine delle politiche di immigrazione e asilo in Europa continua a essere il regolamento Dublino III. Più volte le istituzioni europee hanno cercato di riformarlo, scontrandosi però con le resistenze degli stati, comprese quelle dell’Italia.
La politica migratoria italiana non ha finora risposto agli interessi economici e demografici del nostro paese. Si dovrebbe abbandonare l’approccio ideologico e affrontare la questione in modo pragmatico. Ora, alcuni segnali fanno ben sperare.
Continua a crescere in Italia il numero degli imprenditori immigrati. Il fenomeno può avere effetti positivi e portare benefici a tutto il sistema economico. Vanno però ben gestite alcune problematiche, come il rischio di “sostituzione al ribasso”.
Il prossimo decreto flussi rischia di avere troppi obiettivi: garantire manodopera alle imprese, mettere pressione sui paesi di origine e aumentare i controlli sul reddito di cittadinanza. Potrebbe così finire per causare intoppi e ritardi.
Gli immigrati sono un costo per lo stato italiano? Anche nel 2020 le entrate garantite dai cittadini stranieri hanno superato le uscite. Se sostenuta da una programmazione efficace, l’integrazione può assicurare forza lavoro, consumi e investimenti.
L’Italia è tra i paesi che hanno rilasciato meno permessi di lavoro per immigrati qualificati. Incentivare l’arrivo di competenze dall’estero aiuterebbe le imprese e migliorerebbe la percezione verso l’immigrazione.
Si torna a discutere di ius scholae. È molto difficile che la legge possa essere approvata. Eppure permetterebbere di aggiornare una norma vecchia di trent’anni, non più adeguata alla situazione attuale, con comunità ormai radicate nel nostro paese.