Le associazioni di categoria hanno reagito con severità nei confronti dei soggetti coinvolti nelle recenti vicende giudiziarie. Tuttavia, nessuno si è chiesto cosa fare prima, per evitare che si ripetano i fenomeni patologici. Invece, una associazione che sappia definire in anticipo rigorosi standard di comportamento con idonee procedure di monitoraggio e di sanzione, non diverrebbe certo immune dalle illegalità, ma sarebbe in grado di ricostituire quel capitale di fiducia del quale le nostre relazioni economiche hanno oggi straordinario bisogno.
Autore: Francesco Vella Pagina 14 di 15
Francesco Vella insegna Diritto Commerciale e Diritto Bancario all’Università di Bologna. Nella sua attività di ricerca ha prodotto quattro manuali (tutti editi dal Mulino), quattro monografie e numerose pubblicazioni in volumi collettanei e riviste in materia bancaria, finanziaria e societaria. Ha ricoperto e ricopre incarichi in organismi di controllo e di amministrazione, come amministratore indipendente, in società quotate. E’ tra i soci fondatori dell’Associazione Disiano Preite. È membro della redazione della voce.info.
I rapporti tra giornalisti e proprietari dei mezzi di informazione sono un problema tanto importante quanto sottovalutato. Eppure basterebbe applicare il codice di autoregolamentazione, varato in base alle direttive comunitarie sulla trasparenza e l’informazione nei mercati finanziari. Prevede che il lettore sia sempre informato sulla struttura proprietaria dell’impresa editoriale affinché possa valutare ciò che legge con maggiore consapevolezza. E forse contribuirebbe a migliorare il non molto lusinghiero giudizio straniero sulla situazione dei nostri media.
Dopo l’approvazione della legge sul risparmio, è stato convocato, per il 22 febbraio, il Comitato interministeriale del risparmio. E’ un organo con competenze limitate e ormai obsoleto. Il nostro ordinamento si regge sul ruolo centrale delle Autorità indipendenti, nel presupposto che debbano esercitare i loro poteri in modo del tutto autonomo rispetto alle determinazioni politiche. Per prevenire il rischio di un controllo politico sulla vigilanza è meglio abolire il Cicr. Ma in tempo di campagna elettorale, qualcuno avrà il coraggio di proporlo?
La vicenda della Banca popolare di Lodi dimostra come ancora una volta sia fallita l’intera catena dei controlli. Sulle omissioni o collusioni sarà compito della magistratura individuare le responsabilità, ma è importante chiedersi se gli assetti di governance della banche, e in particolare delle popolari, siano adeguati per prevenire fenomeni patologici. Senza aspettare l’intervento del legislatore, si possono adottare alcune misure che impediscano l’affermazione di nuclei dirigenti autoreferenziali e sganciati da qualsiasi verifica sul loro operato.
Il testo della Finanziaria prevede l’istituzione di un fondo per indennizzare i risparmiatori danneggiati dai crack finanziari, obbligazioni argentine comprese. Molto probabilmente finirà per risolversi in una distribuzione generalizzata delle risorse. Una scelta sbagliata perché non tiene conto di principi base fondamentali per il fisiologico funzionamento di un mercato finanziario, come l’oggettiva rischiosità di alcune operazioni. Accantonata invece la class action, lo strumento più adatto per far valere le ragioni dei risparmiatori “traditi”.
La riforma della Banca d’Italia presentata dal Governo compie il solo “miracolo” di lasciare tutto come prima, aggravando la situazione. Si definisce il mandato a termine, ma manca la disciplina transitoria per garantire un rapido ricambio. Molta incoerenza anche sulla questione della collegialità nell’esercizio dei poteri di vigilanza. L’intervento sull’assetto proprietario della Banca previene un conflitto di interessi che non c’è. Per infilarsi in un labirinto: come valutare le quote di partecipazione che le banche dovranno cedere allo Stato.
La recente riforma delle diritto fallimentare non interviene sulle procedure speciali e lascia ampio spazio agli interventi della pubblica amministrazione nella gestione delle crisi d’impresa. L’amministrazione straordinaria sta diventando una procedura sempre più adottata non solo per le grandi, ma anche per le medie imprese. Una vera riforma che valorizzi il ruolo del mercato e la funzione di garanzia del giudice deve costringere la mano pubblica a fare un passo indietro e deve imporre una maggiore specializzazione dei giudici.
L’accesso alle attività nel mercato finanziario non snatura le imprese cooperative. E infatti vi operano già da decenni. La loro peculiarità si fonda piuttosto sulla democraticità interna, sulla trasparenza, sulla centralità e il coinvolgimento dei soci. Il vero problema è allora la scarsa contendibilità delle cooperative. Che devono perciò sopportare gli inevitabili costi di un passaggio a regole di governance “democratica” se non vogliono correre il rischio di essere condannate a rimanere piccole da retorici richiami ai principi mutualistici.
I vincoli comunitari tutelano lautonomia e lindipendenza delle Banche Centrali degli stati membri, ma non impongono la strada dellautoriforma. Un parere della BCE del 2004 contiene importanti indicazioni sul mandato a termine, il periodo transitorio e sulle regole di trasparenza e accountability.
Nella vicenda Banca dItalia il Governo sta a guardare, dando limpressione di non poter far nulla. E un atteggiamento irresponsabile che rischia di dilapidare il grande capitale di competenze e credibilità che rimane nella Banca dItalia. E necessario, invece, che il Governo intervenga su tre aspetti: durata del mandato, collegialità delle decisioni e competenze della Banca. Questi problemi devono essere affrontati prima di una eventuale nomina di un nuovo Governatore. Non è necessario inventare nulla di nuovo: basta applicare le regole già previste per la Banca centrale europea.