Il confronto tra spesa storica e spesa standard per l’istruzione mostra che le regioni del Nord risultano penalizzate rispetto a quelle del Sud. Un passaggio di competenza sulla scuola non provocherebbe dunque danni economici alle altre zone del paese.
Autore: Gianfranco Cerea Pagina 1 di 2
Collaboratore di IRVAPP - Fondazione Bruno Kessler - Trento
Il reddito di cittadinanza prevede importi uniformi in tutta Italia. Ma la soglia di povertà assoluta varia da Nord a Sud. Il beneficio avrà dunque effetti diversi nei diversi territori. Una soluzione è differenziare almeno l’integrazione per l’affitto.
I risultati 2016 delle prove Invalsi nella scuola primaria e secondaria mostrano le solite differenze territoriali. Ma non alle elementari, dove i punteggi sono sostanzialmente omogenei. Dai dati sembra emergere una diversa modalità di aggregazione degli alunni per scuole e classi fra Nord e Sud.
La sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito che le indennità per disabilità non possono rientrare nel calcolo dell’Isee. Persone con indennità diverse avranno perciò lo stesso trattamento, avvantaggiando chi riceve di più. E non necessariamente sono quelli che hanno i maggiori bisogni e costi.
Se investito nella previdenza complementare, il Tfr può diventare la premessa per una riduzione dei contributi sociali e del costo del lavoro. Serve però un cambio di rotta rispetto al passato e una visione più ampia del ruolo che i fondi pensione possono svolgere in un moderno sistema di welfare.
Si torna a parlare di reddito minimo, dopo l’infelice esperienza del reddito di inserimento e quella discutibile della social card. Ma quanto può costare? E come evitare la “trappola della povertà”? Come impedire gli abusi e l’accesso ai soliti furbi? L’esperienza promossa dalla provincia autonoma di Trento.
Pdl e Lega propongono di costituire una macro-regione del Nord, che dovrebbe finanziarsi trattenendo il 75 per cento del gettito dei tributi erariali localmente pagati. È un’ipotesi finanziariamente sostenibile? E con quali conseguenze per il principio di solidarietà rispetto alle altre aree del paese?
Un modello di federalismo basato su costi e prestazioni standard e su un ampio decentramento del processo decisionale può rappresentare la migliore risposta al problema dell’Italia diseguale? Bastano gli incentivi economici e le sanzioni per superare i limiti di una diversa dotazione di capitale sociale tra Nord e Sud? Una logica simile è stata seguita nella lotta all’analfabetismo. E il risultato è stato l’incapacità delle politiche locali e nazionali di modulare qualità e intensità dell’istruzione in funzione degli effettivi e diversi fabbisogni del paese.
In quarant’anni il rapporto tra laureati e coetanei è passato in Italia dal 5,7 al 40,6 per cento. Aumentato in assoluto e ancor più in rapporto alle coorti di popolazione di pari età il numero di coloro che conseguono la maturità. Mentre la quota di maturi che si iscrive all’università non cambia molto nel tempo. La quota di matricole che consegue la laurea si avvicina oggi al 73 per cento. Un ruolo fondamentale l’hanno avuto le evoluzioni dell’offerta universitaria. E sistemi di finanziamento legati al numero di iscritti e laureati. Ora è tempo di pensare alla qualità.
Riconoscere il merito nell’ambito della formazione universitaria rappresenta un passaggio quasi irrinunciabile, in un contesto in cui l’80 per cento circa dei diplomati si iscrive a una facoltà. Per questo luniversità di Trento ha introdotto la borsa di merito. In generale, gli importi delle tasse universitarie sono stati aumentati di circa il 50 per cento. Però, per i singoli studenti varieranno sia in base alla condizione economica del nucleo familiare che ai risultati raggiunti. I maggiori proventi serviranno poi a finanziare altre iniziative per combattere l’abbandono.