Lavoce.info

Autore: Giuseppe Pisauro

pisauro Si è laureato in Scienze Statistiche all'Università "La Sapienza" di Roma e ha proseguito gli studi di Economia presso la London School of Economics. Professore di Scienza delle Finanze presso l'Università "La Sapienza" di Roma (in precedenza ha insegnato all'Università di Campobasso, alla LUISS di Roma, alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione e all'Università di Perugia). Si occupa prevalentemente di temi di finanza pubblica. Ha svolto attività di consulenza per istituzioni italiane e internazionali (IMF, Camera dei Deputati, Presidenza della Repubblica). Ha fatto parte della Commissione tecnica per la spesa pubblica (Ministero del Tesoro) dal 1991 fino al suo scioglimento nel 2003. Dal luglio 2006 dirige la Scuola Superiore dell'Economia e delle Finanze. Redattore de lavoce.info.
È stato Presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio dal 2014 al 2022.

Libertà di scelta per ridurre l’incertezza

Per molte carriere retributive è prevedibile che la riforma del 1995 comporterà una drastica diminuzione del tasso di sostituzione tra pensione e ultima retribuzione. Ma il lavoratore italiano non dispone oggi di alcuna informazione sulla sua situazione contributiva ed è abbandonato all’incertezza. Una condizione da risolvere al più presto, altrimenti il passaggio al contributivo sarà traumatico. In realtà, sarebbe possibile eliminare l’incertezza sul grado di copertura della pensione futura consentendo ai lavoratori di integrare volontariamente la contribuzione al sistema pubblico.

La Finanziaria 2004 tra bandierine e una-tantum

Una manovra poco lungimirante, che ottiene miglioramenti della finanza pubblica nel prossimo anno al prezzo di peggioramenti nel lungo periodo. Esattamente l’opposto di quello che serve all’Italia. L’indispensabile riforma delle pensioni è in realtà un rinvio. I condoni tributario e edilizio pregiudicano entrate e uscite future. Gli interventi sulla spesa sono indiscriminati. E le poche risorse disponibili si disperdono in mille rivoli. Una politica economica siffatta rischia soprattutto di minare la credibilità delle istituzioni, con danni notevoli per tutti.

Il clamoroso autogol del Totocalcio

Si gioca una sola partita, ma la schedina non si ferma. Eppure l’unica risposta corretta a una situazione paradossale sarebbe stata l’annullamento del concorso e la restituzione delle somme versate agli scommettitori. Ma i Monopoli hanno scelto la strada tortuosa del “risultato virtuale”. Esponendosi ad accuse di irregolarità e insider trading. In definitiva, una presa in giro per migliaia di cittadini e un grave danno d’immagine, che potrebbe pregiudicare la maggiore fonte di incassi per le attività sportive nel nostro Paese.

Quanto conta la politica economica?

Nel giro di tre anni le fede di questo governo nelle virtù taumaturgiche delle sue politiche economiche è bruscamente calata. Nel Dpef 2002 si prefigurava una crescita reale del PIL sopra il tendenziale di un punto l’anno per tutto il periodo 2002-2006; nel Dpef 2003 il contributo della politica economica alla crescita era stimato in 0,2 punti nel 2003 e 0,6-0,7 punti in ciascuno dei tre anni successivi. Nel Dpef 2004 si presume che le azioni di politica economica avranno effetti ancora più modesti: 0,2 punti l’anno nel 2004 e 2005, 0,3 nel 2006, 0,5 nel 2007. Ritorno coi piedi per terra o rinuncia a qualsiasi azione riformatrice?

Possiamo fare a meno del Dpef?

Il Dpef 2004-2007 non serve a capire lo stato di attuazione dei programmi di governo, né gli impegni e i programmi futuri. Ma non possiamo fare a meno del Dpef. Piuttosto il Dpef va ripensato per aumentare la trasparenza dei conti pubblici e per tener conto dell’evoluzione della nostra finanza pubblica verso un assetto federale.

Come girava il mondo prima del Dpef

Uno degli scopi dell’introduzione del Dpef (nel 1988) era separare il momento in cui si fissano gli obiettivi sul disavanzo pubblico da quello in cui si definiscono in modo preciso i provvedimenti da inserire nella manovra di finanza pubblica. Prima di allora gli obiettivi venivano stravolti durante la sessione di bilancio in Parlamento e, quasi sempre, si ricorreva all’esercizio provvisorio.

Pagina 8 di 8

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén