I flussi di immigrazione che nel recente passato hanno caratterizzato il nostro paese hanno contribuito a modificare le preferenze dell’elettorato, a favore dei partiti che sostengono una regolamentazione più restrittiva del fenomeno. Escluse, però, le grandi città. I risultati di uno studio.
Autore: Guglielmo Barone
Professore ordinario di economia all'Università di Bologna. Laureato in Economia politica all'Università Bocconi, ha conseguito il dottorato di ricerca in Metodologia statistica per la ricerca scientifica presso l'Università di Bologna. In passato ha lavorato in consulenza, come economista della Banca d'Italia e ha insegnato all’Università di Padova. I suoi principali interessi di ricerca riguardano le politiche per lo sviluppo locale, l’economia del settore pubblico, l'economia industriale.
In tempo di governo dei tecnici, i partiti tornano a discutere di riforma del sistema elettorale, spesso mescolando considerazioni sulla bontà di ciascuna particolare formula con calcoli di convenienza. Un’analisi svolta di recente sui comuni italiani mostra però che il sistema a doppio turno comporta una serie di vantaggi rispetto al turno unico. Ad esempio, favorisce la partecipazione elettorale, la rappresentatività negli organismi elettivi, la qualità della compagine di governo, la qualità delle politiche poste in atto.
Si parla tanto, e da tempo, di abolizione delle province o comunque di razionalizzazione del sistema. Intanto il loro numero cresce: da 95 a 110 negli ultimi venti anni. Perché si pensa che avere molte province, di dimensioni ridotte, sia importante per le specificità dei territori: più è omogenea l’area governata dall’ente locale, migliore sarà la sua azione. Ma alla nascita di otto nuove province nel corso degli anni Novanta e al conseguente frazionamento territoriale non ha fatto seguito alcun miglioramento nella qualità di alcuni beni pubblici offerti.
La Finanziaria per il 2010 aveva previsto una sensibile riduzione del numero di assessori e di consiglieri comunali. Poi il provvedimento è stato ritirato. Ma qual è l’effetto di tanti politici locali sulla finanza pubblica e lo sviluppo territoriale? Al crescere del numero di assessori e consiglieri si ha una ricomposizione delle spese correnti a favore di quelle per il personale, una minore autonomia impositiva e una qualità inferiore dell’offerta di beni pubblici, approssimata in base alle scelte di residenza degli individui.