Da oggi e nei prossimi giorni proviamo a valutare nel dettaglio i primi due anni del governo Renzi tracciando un bilancio di quanto fatto, delle occasioni mancate, di quel che c’è da fare. La ricetta del premier – ridare fiato all’Italia con un misto di riforme fatte e da completare e in più soldi pubblici per aiutare la ripresa – per ora non è bastata a far tornare una ripresa visibile e diffusa: produzione industriale e vendite al dettaglio rimangono al palo. Sul fronte delle banche l’attivismo di Renzi si è visto negli ultimi 12 mesi. Le riforme delle popolari e quella – fresca di approvazione – degli istituti di credito cooperativo dovrebbero rafforzare la struttura del sistema. Rimane controversa e ancora irrisolta la gestione di due patate bollenti: i crack delle quattro banche regionali e il negoziato con l’Europa per creare le bad bank dove far confluire i crediti incagliati. Tra i successi che il governo si attribuisce c’è l’Italicum, legge elettorale per la Camera, votata ma non funzionante finché non sarà compiuta la riforma del Senato. È un farraginoso compromesso che rimpiazza l’indecoroso “porcellum” ma esibisce capilista bloccati e la possibilità di candidature multiple. Dove si è un po’ tagliata la spesa (rispetto all’aumento tendenziale) è nella sanità, destinata forse a ridursi sotto il 7 per cento del Pil. Va bene disciplinare le regioni sprecone. Ma il governo dovrebbe chiarire quanta autonomia vuole lasciare loro, presentando una visione chiara di cosa sarà della sanità pubblica.
È partita la corsa degli enti territoriali ad adeguarsi ai sistemi contabili entrati in vigore a inizio anno. Prevedono un rendiconto semplificato per il cittadino con sintesi del bilancio, risorse finanziarie e umane utilizzate, risultati in termini di quantità e qualità dei servizi alla popolazione. Tutto sul sito internet.
Autore: Desk Pagina 103 di 196
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Fonte: INPS – elaborazione al 10 Dicembre 2015
Campo di osservazione: archivi Uniemens dei lavoratori dipendenti privati esclusi lavoratori domestici e operai agricoli. Sono compresi i lavoratori degli enti pubblici economici.
Nel grafico sono evidenziati i cambiamenti tendenziali annualizzati nel numero di posti di lavoro negli ultimi due anni, per tipo di contratto. Prendiamo la linea blu quella dei contratti a tempo indeterminato. Come si evince, a partire da gennaio 2015 i posti di lavoro a tempo indeterminato sono iniziati ad aumentare rispetto allo stesso periodo del 2014. A ottobre 2015, vi sono circa 400mila posti a tempo indeterminato in più rispetto a a ottobre 2014.
Cosa possiamo imparare, rispetto al Jobs act, da questo grafico? E’ difficile trarre conclusioni. Dal mese di gennaio di quest’anno è operativa la decontribuzione per nuovi assunti a tempo indeterminato mentre da fine marzo è operativo il nuovo contratto. Certamente hanno avuto un ruolo importante entrambe le politiche, anche se dal grafico si evicne un boom già a partire dei primi mesi del 2015, quando solo la decontribuzione era operativa.
A partire da gennaio, la decontribuzione sarà notevolmente ridotta, mentre il nuovo contratto a tutele crescenti sarà ancora operativo. Nei prossimi mesi continueremo a monitorare questi dati per avere maggiori certezze.
La recente riforma costituzionale ha sancito l’equilibrio del bilancio strutturale e la sostenibilità del debito pubblico, vincolando la politica economica del governo ai patti di stabilità europei. Tra le nuove regole europee è stato introdotto un indicatore più restrittivo per il rapporto debito/pil; tale indicatore evidenzia la principale criticità dei conti pubblici italiani.
Nella grande distribuzione, nel turismo, nei trasporti, nella ristorazione stavolta la Francia ha subito sentito l’onda d’urto economica delle stragi del 13 novembre. Il terrorismo influenza i consumi e gli stili di vita dei cittadini. Ma in altri drammatici episodi della storia recente l’effetto è stato solo temporaneo.
Solo in Italia l’università è organizzata in 367 settori scientifico-disciplinari (Ssd) raggruppati in 188 settori concorsuali (Sc) cui afferiscono tutti i ricercatori e i professori. Così si preservano le specificità professionali. E soprattutto si tengono in piedi tanti piccoli orticelli di potere. Sarebbe ora di semplificare.
Entra nella fase operativa lo sviluppo della banda ultra-larga. Con una pluralità di operatori (compresa Enel) e 2,2 miliardi di sostegno pubblico che – per rispettare le regole Ue sugli aiuti statali – dovrebbero andare solo dove l’investimento privato non è conveniente. Facile a dirsi, meno facile a farsi.
Giusto il tempo di approvare la normativa relativa e arriva subito l’ora del bail-in per quattro piccole banche del Centro Italia. Sotto l’egida di Bankitalia, comincia un percorso di risoluzione di situazioni di crisi che saranno – ci assicurano – tutte a carico del sistema creditizio e non dei contribuenti. Speriamo sia davvero così.
La legge di Stabilità stabilisce che l’Italia partecipi al finanziamento degli investimenti previsti dal piano Juncker tramite la Cassa depositi e prestiti. Sono 8 miliardi di spese non conteggiati nel deficit pubblico che però potrebbero non ritornare al nostro paese.
L’innalzamento, nella legge di Stabilità, del limite all’uso del contante è giustificato nella relazione illustrativa in base al valore delle banconote in circolazione e al numero di cittadini che non hanno accesso a conti correnti o carte di credito. Ne escono cifre molto discutibili.
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Il disegno di legge originario del Governo avrebbe completamente liberalizzato il settore della previdenza complementare grazie alla cosiddetta “portabilità selvaggia del TFR” ma la Camera invece l’ha stravolto in senso fortemente anti-concorrenziale. Un paradosso per la Legge sulla Concorrenza.
Esce finalmente la legge di stabilità, con tanti dettagli che commenteremo uno a uno nelle prossime settimane. Fuori dalla “finanziaria” rimane la Buona scuola dove si prevede un bonus per i docenti meritevoli, oggi mortificati dal non vedere riconosciuta la loro professionalità. Il criterio scelto – quello di offrire incentivi monetari individuali – è però una pezza peggiore del buco perché inevitabilmente influenzato da elementi soggettivi dei valutatori.
È arrivata in Italia Netflix, società di video on demand venduti via internet a 63 milioni di abbonati che negli Usa sta sbaragliando le pay tv tradizionali. Qui darà probabilmente una spinta allo sviluppo della banda ultra-larga. E una scossa salutare alla concorrenza. Perché il broadcasting non è più quello di una volta.
Addebitare il canone Rai insieme al costo dell’elettricità sniderà un bel po’ di evasori. Al costo di complicare ancora la lettura della bolletta, già oggi gravata da aiuti alle fonti rinnovabili e altri oneri di sistema. Un cattivo servizio alla trasparenza delle tariffe.
Ogni metodo forzoso di riduzione dell’uso del contante per combattere l’evasione fiscale prefigura uno stato “grande fratello” che invade le vite dei cittadini. Almeno lo si può disegnare come un meccanismo premiale, di detassazione. Continuiamo il confronto su un tema sensibile per la giustizia fiscale e per le libertà individuali.
Se un comune dà l’allacciamento all’acquedotto agli inquilini che occupano abusivamente una casa popolare o accetta che vi stabiliscano la loro residenza anagrafica, ne va di mezzo il sindaco che può dover rispondere di abuso d’ufficio. Forse vanno riscritte le norme del 2014 sull’emergenza abitativa.
Una precisazione sui contributi alla Verdi
Di Desk
il 27/10/2015
in Commenti e repliche
Ho letto con interesse l’articolo pubblicato lo scorso 17 “L’Orchestra Verdi e i masnadieri ministeriali” di Andrea Boitani. In qualità di presidente pro tempore dell’Associazione delle Ico e direttore generale dell’Orchestra della Toscana mi corre l’obbligo di fare alcune necessarie precisazioni per completare l’informazione.
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