Il monitoraggio sul Piano di potenziamento dei centri per l’impiego permette di tracciare un nuovo identikit della figura dell’operatore Cpi. Emerge la necessità di percorsi di formazione adeguati e di una definizione del ruolo all’interno del Ccnl.
Autore: Manuel Marocco Pagina 1 di 2
Manuel Marocco è ricercatore senior (ricercatore di primo livello) presso l’Inapp e responsabile del gruppo di ricerca “Regolazione del lavoro, relazioni industriali e innovazione tecnologica”. È dottore di ricerca in Diritto delle relazioni di lavoro e suoi principali temi di studio sono le politiche del lavoro, le relazioni industriali e il lavoro atipico.
I dati confermano che per trovare lavoro gli italiani ricorrono in modo sistematico ai canali informali. Ma ciò ha gravi conseguenze: frena la capacità di selezione del mercato e porta a perdite di produttività. E anche sui sussidi bisogna fare attenzione.
Con la pandemia frena la contrattazione collettiva decentrata. Non tutti i settori però sono stati colpiti nello stesso modo. Situazione differenziata anche fra i territori. E cambiano pure le strategie di performance concordate da imprese e lavoratori.
Quanto ha inciso la pandemia sulla diffusione del premio di risultato e della contrattazione di secondo livello? Oltre a determinare un calo generalizzato dei premi nel 2020, la crisi ha accentuato le già forti differenze dovute alla dimensione aziendale.
Per funzionare bene, i Cpi dovrebbero avere un mandato chiaro, che li metta in grado di fornire servizi integrati capaci di rispondere alle molteplici sfaccettature della discontinuità lavorativa. Oggi invece svolgono spesso solo un ruolo di vigilanza.
La quota di imprese italiane che dichiarano di essere iscritte a un’associazione di categoria è in progressivo calo. Il fenomeno ha ripercussioni sul numero di lavoratori non coperti da un contratto collettivo nazionale. Con due possibili soluzioni.
Il Jobs act ha abrogato la disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative introdotta dalla riforma Fornero. Con un risultato paradossale: si riapre la strada alle forme di falso lavoro autonomo che la norma del 2012 aveva contrastato. La questione del salario minimo stabilito per legge.
Il flusso di persone che si rivolge ai servizi per il lavoro è molto sostenuto. Centri per l’impiego e agenzie per il lavoro riescono a rispondere a circa la metà delle richieste. Chi si rivolge al pubblico, chi al privato e la soddisfazione degli utenti. Investimenti in infrastrutture e personale.
Tra il 2008 e il 2013 in Italia si è perso quasi un milione di posti di lavoro. Quale ruolo ha giocato la flessibilità? Un’analisi delle dinamiche che hanno portato al paradosso del lavoro senza lavoratori. Le tutele e l’auspicio di una riforma che non sia figlia dell’emergenza.
La riforma Fornero prevede l’introduzione di livelli essenziali anche per i servizi pubblici per l’impiego. Rischia di essere solo un marchio di qualità su servizi che però non risolvono il problema del collocamento dei disoccupati.