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Autore: Maria De Paola

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Professoressa di Politica Economica presso il Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza dell’Università della Calabria. Attualmente in congedo, è dirigente presso la Direzione Centrale Studi e Ricerche INPS. Si occupa prevalentemente di Economia del lavoro e dell’istruzione, Discriminazione di genere, Political Economy e valutazione di politiche pubbliche.

Le donne? Competitive come gli uomini

I risultati peggiori ottenuti dalle donne in campo sociale ed economico potrebbero dipendere da una minore attitudine alla competizione, come sembrano dire alcuni esperimenti di laboratorio? Una prova sul campo con studenti universitari dei due sessi lo smentisce. Meglio guardare ad altri fattori.

A CHI FA BENE LA FRUTTA A SCUOLA

“Frutta nelle scuole” è una campagna promossa dall’Unione Europea per favorire una corretta alimentazione. Costa oltre 16 milioni di euro all’anno e coinvolge più di 5mila scuole primarie italiane. Ma mangiare più frutta non basta per combattere l’obesità nei bambini se contemporaneamente non diminuisce il consumo di cibo spazzatura. E secondo uno studio, gli acquisti di merendine e patatine sono scesi solo nella parte di popolazione che è già meno esposta ai problemi di obesità e sovrappeso, mentre sono rimasti invariati per il gruppo a maggiore rischio.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie ai lettori per i commenti. Cercheremo di rispondere alle diverse questioni che sono state poste.
Non conta solo la ricerca: è vero anche la didattica e le capacità organizzative dovrebbero essere valutate, ma valutare questi aspetti è ancora più difficile che valutare la ricerca e per quanto ne sappiamo non esiste un sistema che ne permetta una valutazione almeno parzialmente trasparente. Prendere in considerazione aspetti che non possono essere valutati su una base di informazioni condivise significa accrescere la discrezionalità della commissione. Anche un pessimo docente, se non c’è modo di dimostrare il contrario, può diventare un ottimo insegnante. In un sistema come quello Italiano in  cui, come sostiene un altro lettore, esiste un problema etico forse è meglio legarsi il più possibile le mani con tutti i costi che ne derivano.
Quanti sono i “veri esterni” nel campione: i veri esterni (cioè persone esterne al mondo universitario) sono pochi (11%), ma non sembrano essere più svantaggiati rispetto ai concorrenti provenienti da Università diverse da quella che ha bandito il concorso.
Genere e vantaggio dell’"interno": Se facciamo il confronto tra uomini e donne tenendo conto dell’effetto derivante dall’essere candidati interni, emerge che le donne soffrono ancora di uno svantaggio rispetto agli uomini. Una candidata interna non dispone degli stessi vantaggi di cui godono i candidati interni uomini. In particolare, dai dati emerge che il vantaggio di essere interni per una donna è di 27 punti percentuali mentre per un uomo è di 32 punti percentuali.
Differenze tra tipi di concorso: Il nostro lavoro non riscontra, a differenza di quello di Zinovyeva e Bagues, citato dalla lettrice Giulia Zacchia, differenze a seconda della tipologia di concorso. La discriminazione contro le donne sembra maggiore per i concorsi a professore associato, ma l’effetto della composizione della commissione va nella stessa direzione e produce un effetto simile per i due tipi di concorso. In realtà non è ben chiaro perché dovremmo aspettarci che ci siano comportamenti differenti man mano che si sale lungo la scala gerarchica. Stiamo adesso cercando di capire se le candidate donne si autoescludono ritirando la propria candidatura quando si trovano di fronte una commissione composta da soli maschi (aspettative che si auto-realizzano), oppure se pur mantenendo la propria candidatura tendono a vincere meno rispetto agli uomini. Forse in questo caso potremmo riscontrare differenze tra tipi di concorso.
Concorsi da ricercatore: è vero la selezione all’ingresso è la più importante, ma anche nel corso della carriera è rilevante dare incentivi corretti. Se il sistema premia gli individui non in base ai risultati ottenuti, ma in relazione a meccanismi intricati e poco trasparenti, gli incentivi a lavorare bene possono risultare affievoliti.

SORTEGGIO NON FA RIMA CON MERITO

Le nuove norme per i concorsi per professore associato e ordinario prevedono che i commissari esterni siano sorteggiati e non più eletti dai colleghi. Cambia qualcosa per i candidati? Gli interni continuano a godere di un consistente vantaggio sugli esterni. Ma, almeno per Economia, se la qualità dei commissari è al di sopra della media, si presta maggiore attenzione al merito. Le candidate sono in linea generale discriminate, a meno che non ci siano donne in commissione. L’introduzione di quote di genere nella composizione delle commissioni potrebbe rivelarsi utile.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo i lettori per i commenti.
Concordiamo che gli incentivi maggiori dovrebbero venire dal mercato del lavoro, tuttavia quando il mercato del lavoro non premia il merito può essere utile cercare di fornire incentivi alternativi. 
Qualsiasi sistema teso a incentivare docenti e studenti all’ottenimento di risultati migliori può contribuire ad accrescere le competenze generate dal sistema scolastico. Purtroppo, alcuni meccanismi di incentivazione ai docenti, suggeriti dai lettori, sembrano incontrare la resistenza del sistema scolastico.
"Far studiare gratis i migliori senza guardare al reddito" è un meccanismo simile al sistema di incentivi utilizzato nel nostro esperimento.
Siamo d’accordo con gli interventi dei lettori che i sistemi di incentivazione basati sul miglioramento conseguito possono essere oggetto di distorsione e che quindi sono di difficile implementazione. D’altra parte, è difficile motivare gli studenti più deboli, che si sentono già esclusi, con sistemi che premiano la performance assoluta. Mentre questo può essere un problema minore per l’istruzione universitaria, esso è particolarmente rilevante durante le prime fasi del processo formativo, quando l’attenzione verso i soggetti che partono da condizioni più sfavorevoli deve essere maggiore.
In quanto economisti continuiamo a credere che gli incentivi servano. La ricerca da noi condotta mostra che gli studenti la pensano allo stesso modo. Gli incentivi monetari, come altri tipi di incentivi, sono anche utili per segnalare il valore che viene attributo a certi comportamenti.

INCENTIVI ALLO STUDIO

Gli studenti italiani non brillano nelle classifiche internazionali. E allora alcune scuole e università hanno pensato di ricorrere ai premi in denaro per spingerli a impegnarsi di più. È una strategia che funziona? Un esperimento condotto all’Università della Calabria mostra che l’incentivo monetario ha un effetto positivo sui risultati, sia in termini di crediti conseguiti che di voto ottenuto agli esami. Vale però per gli studenti con maggiori abilità, sugli altri l’effetto è nullo. Per loro, l’incentivo dovrebbe considerare i miglioramenti rispetto al passato.

Mi manda papà

La mobilità sociale in Italia è tra le più basse in Europa. I risultati dei figli per reddito, livello di istruzione o tipo di lavoro riflettono spesso quelli ottenuti dai padri. Certo, le scelte individuali dipendono delle risorse economiche della famiglia o dal tipo di sistema sociale. Ma influiscono in maniera cruciale anche le preferenze. Per esempio, avere genitori occupati nel settore pubblico o genitori imprenditori ha effetti diversi sull’avversione al rischio. Il ruolo delle preferenze nelle politiche per favorire l’integrazione fra gruppi sociali.

 

Patente di successo

Funzionerà il nuovo Codice della strada? Per capirlo, guardiamo cosa è accaduto con la patente a punti. I numeri della polizia e dell’Istat dicono che dopo la sua introduzione incidenti stradali e vittime sono notevolmente diminuiti. Un risultato confermato dall’analisi econometrica, che permette di escludere l’influenza di altri fattori. E dai dati emerge anche una significativa riduzione nel numero di infrazioni accertate. Cali più consistenti quanto più forte è stato l’inasprimento delle sanzioni.

MA LE QUOTE DI GENERE FUNZIONANO

Sono poche le donne elette in Parlamento e nelle amministrazioni locali. Per ovviarvi molti paesi hanno introdotto quote di genere. Anche in Italia sono state in vigore per un breve periodo. Con quali effetti? La percentuale di seggi occupati da donne nei consigli comunali è cresciuta dal 7,6 al 18,4 per cento. Un andamento confermato anche dopo l’abolizione della norma. E le elette sono più istruite dei colleghi maschi.

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