Finora i programmi di ricerca e innovazione europei hanno di fatto escluso dalla partecipazione le piccole e medie aziende e in particolare le giovani imprese ad alta tecnologia. Ora l’Unione Europea introdurrà un meccanismo di incentivo per le Pmi molto simile al programma Small Business Innovation Research statunitense. I concetti chiave dovrebbero essere la forte competizione per l’ottenimento delle risorse, il finanziamento per fasi e la trasparenza. La mancanza di un committente pubblico europeo potrebbe però pregiudicare il successo dell’iniziativa.
Autore: Massimo Colombo
E' titolare del corso di Economia Applicata all’Ingegneria per i corsi di laurea di Ingegneria Elettrica, Elettronica, Energetica, Informatica, Biomedica e Meccanica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pavia. Inoltre, tiene dal 1992 il corso di Economia del Cambiamento Tecnologico presso il Politecnico di Milano.
Lo scorso mese, il Consiglio dei ministri ha discusso il decreto legislativo per la riforma degli incentivi alle imprese. Il massiccio ricorso a provvedimenti automatici, in un contesto di risorse scarse quale quello italiano, desta notevoli perplessità. Meglio sarebbe puntare su strumenti selettivi che, se ben gestiti, segnalano a investitori privati la bontà dei progetti delle imprese finanziate. Recenti studi svolti presso il Politecnico di Milano sulle giovani imprese italiane operanti nei settori ad alta tecnologia confermano questa tesi.
Un Governo intenzionato a ridurre il gap di innovazione dovrebbe puntare sulla crescita di nuove imprese in settori ad alto contenuto tecnologico. Un obiettivo non irraggiungibile: l’Italia ha elevati tassi di formazione di nuove imprese, storie imprenditoriali di successo nel low e medium tech e incoraggianti segnali per le giovani aziende ad alta tecnologia. Come incoraggiarne la nascita? E come finanziarle senza incorrere in effetti indesiderati? Creando un ecosistema favorevole, che coinvolga imprese, università e istituzioni finanziarie.