Il Pnrr coglie alcuni nodi centrali dell’istruzione universitaria. Ma gli interventi indicati per scioglierli non sono lineari. Perché possano dare risultati è importante prevedere un coordinamento stretto fra tutti i soggetti chiamati a realizzarli.
Autore: Matteo Turri
Professore aggregato e Ricercatore confermato di economia aziendale presso l’Università degli studi di Milano dove insegna economia delle aziende e amministrazione pubbliche. L’attività di ricerca e la connessa produzione scientifica si sviluppa intorno alle seguenti tematiche: (1) funzionalità economica delle aziende e amministrazioni pubbliche; (2) sistemi di valutazione e controllo nelle amministrazioni pubbliche anche in relazione ai fenomeni aziendali associati: utilizzo dei referti, conseguenze istituzionali e organizzative, degenerazioni, impatti; (3) aspetti economico aziendali e organizzativi nel settore dell’istruzione terziaria.
In Italia il numero dei laureati è basso. Una delle ragioni è la scarsa diffusione di forme di istruzione terziaria a carattere professionalizzante. Per rimediarvi il Pnrr investe sugli Its. Ma non ne promuove il necessario coordinamento con l’università.
A quattro anni dalla discussa riforma Gelmini, l’attenzione si concentra sugli effetti del nuovo sistema di reclutamento e valutazione dell’Anvur. Tre articoli sugli effetti attesi e inattesi della riforma.
IL PERSONALE PRIMA E DOPO LA RIFORMA
La riorganizzazione amministrativa è uno degli aspetti meno dibattuti, ma più importanti, nel determinare le conseguenze dell’attuazione della legge 240 negli atenei.
Sull’università uno dei pilastri dell’azione di governo è la distribuzione meritocratica delle risorse. Ma se si guarda all’assegnazione del Fondo di finanziamento ordinario per il 2010 sorge il sospetto che si sia voluto correggere la distribuzione del 2009, ritenuta troppo sbilanciata a favore delle sedi settentrionali. Eppure, per incoraggiare gli atenei a intraprendere cammini virtuosi secondo direttive ministeriali, servono criteri annunciati in anticipo e stabili per un certo numero di anni. Oggi invece il meccanismo di incentivazione assomiglia a una lotteria.
La ripartizione del finanziamento statale rappresenta l’atto fondamentale di governo del sistema universitario da parte del ministero. Dal 1994 le risorse sono trasferite con modalità che favoriscono una responsabilizzazione degli atenei. Il ministro Gelmini in luglio ha dato risonanza all’assegnazione del 7 per cento del Ffo sulla base di criteri meritocratici. Positivo che la quota ottenuta da ciascuna università si basi sulla capacità di produrre ricerca e didattica di qualità. Le ombre riguardano invece il modo in cui il processo di erogazione è stato gestito.