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Autore: Maurizio Maggini Pagina 2 di 5

Imprenditore pensaci tu!

Caro amico, tu che fai l’’imprenditore,
io ti dico, poiché son tuo professore,
che il paese deve a crescere tornare
e ti chiede presto e bene d’’innovare.

A PIL-LINO CHE NON CRESCE

Tu sei proprio un bel bambino,
ma non cresci o mio Pillino,
per cui occorre un gran dottore
che ti curi, nutra e ti ridia vigore.

Troppi mali da prima ereditasti,
poi di nuovi pure ti ammalasti,
t’è salita col fisco la pressione,
e il debito produsse un’ infezione.

Il Mezzogiorno ti crea l’inappetenza,
sei deperito, lento come una sentenza.
Scarso lo sforzo e poco produttivo,
a stento muovi, non sei competitivo.

Troppi nonni, caro il mio Pillino,
tu ne ritrovi sopra il tuo capino,
vanno pagati a lungo i pensionati,
di pari passo coi falsi invalidati.

Come si può far crescere un paese,
che d’impegno da tempo non s’accese,
per lasciarsi pian piano affossare
nel suo fatal, placido sostare?!

Caro Pillino che cresci così piano,
qui si dovrebbe rifare l’Italiano,
che alla fatica e al rischio s’oppone,
forse gli basta, la Cassa Integrazione.

Ecco i dottori, se ne può far incetta,
tutti presentano infallibile ricetta,
sia dalla destra che dall’opposizione:
qua un bel miliardo, là qualche milione.

Ma chi prescrive una siffatta cura
ci spieghi pur qual’è la copertura:
ormai di Pantalon sono le tasche vuote,
c’è l’ardua crisi e spander non si puote.

Pillino mio, assai sono angustiato,
se non mi cresci finiamo nel fossato.
C’è ancora lo stellone o una sola stella?
Non disperiam…in video c’è Antonella!

IL MALE OSCURO DELL’ECONOMIA ITALIANA

L’Italia è un grande, bel paese
dove dolce è il vivere e cortese,
pur piove, ma poi risplende il sole,
l’aria risuona di musiche e parole.

Da tempo tuttavia il PIL è stracco
si cresce poco, non si va all’attacco,
sembra d’esser tornati nel Seicento,
quando il declino seguì al Rinascimento.

C’è un male oscuro che ci rode tutti
la navicella più non fende i flutti,
noi pigri, pingui e rilassati,
gli altri paesi c’ hanno sorpassati.

Negli anni ‘80 fu buono il consuntivo,
grazie invero al debito eccessivo,
ma si costrusse lungo le spiagge e i fiumi,
crebbe il sbilancio assieme alli consumi.

Siam divenuti alquanto benestanti,
ma ora i soldi più non son bastanti
e il consumare, ancor non s’è compreso,
richiede si produca quello che vien speso.

Giunse la crisi e non più si può far senza,
dell’efficacia ed anco di efficienza;
qui, come diceva il Gino, è tutto da rifare,
perché la nostra barca sta per arenare.

Dunque se in futuro vuolsi restare vivi
si dovrà, tosto, riuscir più produttivi
a cominciar dai pubblici serventi,
restii a fatiche ed alla pausa attenti.

Più rapida giustizia, più reddito al lavoro
il Sud alla riscossa, all’istruzion ristoro,
un equo fisco e poi la TAV si faccia,
guerra a chi evade, al criminal la caccia.

Ecco che serve per scongiurar ruina,
per risalir la china,…. scordandosi la Cina.
Il male oscuro fa accapponar la pelle,
ma noi ce la faremo, a riveder le stelle!

Sì lo confido, sperare m’è conforme,
quindi, tranquillo, attendo le riforme,
ma pur se sono afflitto dai malanni,
finirà che campo ….almen fino a cent’anni.

IL FORUM MONDIALE DELLA COMPETITIVITA’

Ogn’anno si classifican nel mondo,
in un forum che spazia a tutto tondo,
con giudizi rigorosi, fuor dai denti,
i paesi tra di loro concorrenti.

Pel verdetto ci son dodici criteri,
obiettivi, impietosi e molto seri,
con i quali si procede a ceckuppare
se tra i meglio è possibile di stare.

C’è l’Elvezia collocata al primo posto,
cui gli UeSse a seguire vanno tosto,
gli Europei che primeggian son diciotto,
e l’Italia è finita ben disotto.

All’incirca in classifica è al cinquanta,
da Germania e dagli altri ben distanta,
ci precede addirittura anche l’Oman,
però avanti ci poniam del Kazakhstan.

Tra le peggio son le nostre istituzioni,
le più alte abbiam noi di tassazioni,
le strutture han ben scarsa qualità,
fiacca, lenta va la produttività.

Pesan debito e spesa dello Stato,
il mercato del lavoro sta ingessato,
mentre poi la banca e la finanza,
d’efficienza mostrano mancanza.

Ricerca: non si sta con gli eccellenti,
tardano in scienze l’Italici studenti!
Innovazione: non molto noi si vale!
Ma siam tra i primi in scala criminale.

Ci piacerebbe star con Singapore
e come tal riuscir competitore,
ma di ventura il capitale manca,
e in basso c’è l’ateneo che arranca.

Cari signori, tutti, del nostro parlamento,
siamo perdenti nel mondial cimento,
siam fuori dal dei più bravi coro,
…ci consoliamo: stasera c’è Santoro!

LE RIFORME

Le riforme s’han da fare,
or si vada a cominciare:
ecco il solito stornello
che lo cantan questo e quello.

Si cominci all’istruzione,
un enorme carrozzone,
dove viaggia la Gelmini
che contar deve i quattrini,

dove i costi van tagliati,
ma son sordi i sindacati.
La ricerca ormai è alle corde,
va rifatta come a Oxforde;

siamo bassi in graduatoria,
riformiamo e a noi la gloria.
C’è il sistema sanitario,
prosciugar vuole l’erario

che d’urgenza va operato,
ma il chirurgo se n’è andato,
mentre intanto ad Agrigento
è ammalato anche il cemento.

Quanto al pubblico settore
lo si svegli dal torpore,
va rifatto in cima e in fondo,
pria però che cessi il mondo.

Panebianco anche l’ha scritto,
le riforme tirin dritto,
ma esse turban posizioni,
equilibri e relazioni

per cui tutti son disposti
ai vantaggi, non ai costi:
noi si resti indisturbati
e voialtri riformati!

Le riforme messe in moto
produrranno il terremoto,
e in frantumi più d’un vaso
li raccolga il Bertolaso.

Riformare per davvero,
ci vorrebbe un neo Lutero,
che provveda in tutta fretta:
per intanto, ci arrangiamo col Brunetta!

IL TEMPO BELLO DELL’ECONOMIA POLITICA

Io che d’anni ne ho diversi
ben ricordo i giorni persi
a studiare economia:
quanta, quanta nostalgia

Eran provvidi quei testi,
ch’oggi appaiono modesti,
degli autori sol nostrani,
Vito, Fanno ed il Bresciani,

pure aggiungo il Di Fenizio.
La chiarezza avean per vizio
e non v’erano d’eguali
pe’ insegnar i fondamentali.

Era allora ben chiarito
che può andar distribuito
la ricchezza c’hai prodotto,
e che il pasto pria va cotto.

A quel tempo il PIL correva,
il benessere cresceva,
era il debito contato,
alla lira l’Oscar dato.

Si trovava il posto a vita,
con l’industria su in salita,
pure in crescita il terziario
e chi mai era il precario?

Oggi i tempi son cambiati
ed i testi, assai ingrossati,
son tradotti dall’inglese,
presto pure dal cinese.

Sono pieni d’equazioni,
ma non danno soluzioni
all’Italia declinante.
Della crisi devastante,

i segnali hanno ignorati:
gli anni 30? Non pensati,
mentre tossica finanza
creò carta e non sostanza.

Ci vorrebbe un altro Adamo
o un Pareto anche italiano,
meglio ancora un Maynardo
che lontano abbia lo sguardo.

Ma frattanto meditate
su Caritas in Veritate!

I MODELLI ECONOMETRICI

Io normal fui da studente,
ma nell’algebra scadente
e i modelli algoritmati
mai li ho padroneggiati.

Forti avevo, irritazioni,
per quell’orride equazioni,
tutto preso dal rovello
pel misterico modello.

Il prodotto e occupazione,
poi l’export e importazione,
tassi in calo ed in aumento
il consumo e investimento,

tutto dentro al computore,
poi pigiando lo startore,
ecco qua un bel risultato,
sul giornale pubblicato.

Tutti i broker ebber modelli
e decisero con quelli,
che però davan ragione
sol se sal la quotazione.

Ha il modello il derivato,
pure il fondo strutturato
anche l’Ocse l’ebbe in più,
mentre il rating dava A+++.

Ma un bel giorno l’esercizio
dimostrò tutto il suo vizio,
che di quello che è accaduto
niente aveva preveduto.

Si trattò di un mega errore,
che pagò il risparmiatore,
ma neppure scusa chiese,
né arrossì ch’il granchio prese.

Ora io non fo questione
su chi fa la regressione,
ma però sul grande crollo
lui dovea volgere il collo.

Ma se tutto va per bene,
il modello non ci preme
e se omise il fortunale,
ancor meno allora vale.

IL COMMESSO DEL SENATO

Del lavoro si è stancato
il commesso del Senato
e ha deciso di lasciare
per infine  riposare.

Il Corrier ne da notizia,
co’una punta di malizia,
quando dice ch’egli ottenne,
poco più che cinquantenne,

un corposo trattamento
di mensile emolumento
pari ad euro milaotto,
assai più d’un terno a lotto,

giacché quindici di mesi
annualmente verran presi.
Per cui cari genitori
il consiglio pei minori

non è quello dell’impegno
a studiar legge o disegno
e neppur l’ingegneria
o in Bocconi economia.

Né di prendere un diploma,
ma cercarsi proprio a Roma
un bel posto di commesso
nel Senato o altro consesso,

che alla fin della carriera
la pensione è tutta intera!
La fortuna l’ha baciato,
è un commesso del Senato!

ITALIA MIA

Italia mia, in crisi caduta come un sasso,
ti guardo e’l core mio colto è d’ angina,
nel constatar che il Pil da tempo è basso
e in depressione si va giù per la china.

Le due fazion, rose da rancor canino,
si scontrano veementi ed infuriate,
come in passato guelfo e ghibellino,
tal ch’ esule fu ‘l poeta, là nel Ravennate.

La scuola è lassa, brancola il precario,
lenta la legge, incerta la sua pena,
il treno arranca per rispettar l’orario,
Salerno-Reggio si fa entral’alba e cena.

Lo spreco cresce e pesa in più la casta,
si dan milioni ai guitti e noi restiamo muti,
scarseggia l’ euro per comperar la pasta,
piena la strada di buche e di rifiuti.

Il fisco ignora  i redditi opulenti,
sono accresciuti i costi sanitari
pensioni ai giovani ancor con tutti i denti,
magri i bilanci,  ma bonus milionari.

Non più nemico è il teutone invasore,
bensì il burocrate, odierno feudal barone,
la mala incalza, libero va lo spacciatore
e la cultura occultasi, ormai di sé finzione.

E a tu artigiano, coi calli nelle mani,
e a voi botteghe e d’IVA le partite,
che il Pil portate e lustro agli Italiani,
si rinfaccian solo evasion ‘nfinite .

Questo di tanta speme oggi mi resta
e lo spirto guerrier ch’entro mi rugge,
nel vano mio pugnar sbattendo testa,
si va spegnendo e mesto fugge.

Italia mia benché ‘l parlar sia indarno
a le piaghe mortal che nel tuo corpo veggo,
piango pel tristo fato e sul tuo viso scarno,
leggo un immenso dolore e più non reggo.

La terra trema, dei lutti mi dispero,
….no,  non m’arrendo,  ancora  in te  io spero!

LA RIVINCITA DELL’UOMO COMUNE

Sono qui, uomo comune,
da gran lussi reso immune,
il mio  Cud è assai modesto,
ed a letto vado presto.

Mi rivesto con i saldi,
sogno invano i mari caldi,
tengo scarpe risuolate,
molto breve è la mia estate.

Ho le  tasche quasi  vuote
e col bus o le due ruote,
vado sempre la mattina,
in ufficio o in officina.

Non mi reco alle Seychelle
e l’albergo a cinque stelle
l’ho veduto dal di fuori,
non ho  barche coi motori.

Di Davòs non so niente,
mi è la borsa indifferente
e non sempre, a prima vista,
so capir l’economista

quando scrive,  in carta rosa,
tutto e il contro d’ogni cosa
e mi spiega l’accaduto,
ma il sentor non l’ebbe avuto.

Mi ritrovo un po’ frustrato,
non capivo il derivato,
quando dopo l’ho capito,
non mi sono divertito!

Ora leggo sui giornali:
son caduti nei fondali
vip, guru e superman,
iniziando dal Greenspan.

Son dolente pel tycone,
non ha più la stock opzione
ed il jet suo privato
con la Vespa ha permutato.

La rivincita è arrivata,
ho la fronte un po’ rialzata,
c’è giustizia pel  furbetto!
sono desto o sogno a letto!?

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