L’accordo tra Tim e Cdp può finalmente sbloccare la situazione delle reti di telecomunicazione. E la creazione di un’unica rete fissa ultrabroadband sembra una scelta razionale. Restano però da definire molti aspetti. A partire dal ruolo dello stato.
Autore: Michele Polo Pagina 2 di 13
Ha svolto i suoi studi presso l'Università Bocconi e la London School of Economics. E' professore Ordinario di Economia Politica presso l'Università Bocconi. Ha trascorso periodi di ricerca a Lovanio, Barcellona, Londra e Tolosa. I suoi interessi di ricerca riguardano l'economia e la politica industriale, l'antitrust e la regolamentazione. Redattore de lavoce.info.
L’audizione del Congresso Usa ai colossi del web ha messo a nudo tutte le difficoltà che incontrano le autorità pubbliche nel regolarne la condotta. In gioco, al di là degli aspetti economici, ci sono gli equilibri politici e sociali delle moderne società.
Si è riaccesa la discussione sullo scorporo e sulla proprietà delle reti di telecomunicazione a banda ultralarga. Ancora una volta il tema della concorrenza s’intreccia con quello dello sviluppo delle infrastrutture e dei servizi innovativi.
Nel periodo di lockdown si è registrato un forte aumento del traffico sulle reti di telecomunicazione fisse e mobili. È come se l’Italia avesse fatto un corso accelerato di aggiornamento digitale. Le nuove abitudini resisteranno al ritorno alla normalità?
La tecnologia 5G rappresenta una vera rivoluzione nei servizi di telecomunicazione. Porta a una espansione delle funzioni di interconnessione, coinvolgendo infrastrutture mobili e fisse. E si apre la questione della gestione delle informazioni generate.
La commissaria uscente alla Concorrenza lascia un’impronta profonda. La sua azione ci ha ricordato che l’intervento antitrust è uno degli strumenti più potenti della Commissione europea, in grado di produrre benefici considerevoli per i cittadini europei.
Le inchieste giudiziarie hanno portato alla luce le infiltrazioni mafiose nell’eolico siciliano. Ora uno studio mostra come gli investimenti in impianti siano più frequenti nei territori controllati da famiglie mafiose. Anche quando di vento ce n’è poco.
Tim è oggi una società incapace di esprimere un management e una visione a lungo termine. Se è difficile comprendere le strategie dei due principali azionisti, Commissione europea e governo sembrano spingere per un maggior peso del settore pubblico.