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Autore: Tito Boeri Pagina 25 di 38

tito Tito Boeri è professore di economia presso l'Università Bocconi di Milano e Senior Visiting Professor alla London School of Economics. È stato senior economist all’Ocse, consulente del Fmi, della Banca Mondiale, della Ue, dell’Ilo oltre che del governo italiano. Dal marzo 2015 al febbraio 2019 ha ricoperto la carica di Presidente dell'Inps. È Consigliere Scientifico della Fondazione Rodolfo Debenedetti. È stato editorialista del Sole24ore, de La Stampa e de La Repubblica e ha collaborato con quotidiani esteri quali il Financial Times e Le Monde. È tra i fondatori del sito di informazione economica www.lavoce.info e del sito federato in lingua inglese www.voxeu.org.

FEDERALISMO AD PERSONAM

Le riforme istituzionali si dovrebbero fare avendo in mente il futuro del Paese. In Italia si fanno con in mente il futuro del governo, per tenere buoni tutti i partiti della coalizione. E’ il caso dell’articolo 20 della Bozza Calderoli sul federalismo fiscale. Una norma pensata per Raffele Lombardo e il suo MPA. Una norma che sfugge ad ogni razionalità  economica e giuridica. Vediamo perché.

NON DIMENTICHIAMO CALCIOPOLI

Tra qualche giorno prenderà il via la nuova stagione del campionato di calcio. A due anni di distanza, nessuno parla più degli scandali scoperti durante l’inchiesta di Calciopoli. Ma quell’intreccio di fattori che ha generato la corruzione nel calcio italiano è ancora presente e non sono stati attivati quegli anticorpi che potrebbero ridurre il rischio di nuovi episodi di illecito. Di più, molti dei protagonisti continuano ad avere un ruolo importante. Insomma, è davvero troppo presto per dimenticarsi di Calciopoli.

LA SCUOLA ITALIANA TRA NOSTALGIE E CRISI DI IDENTITÀ

Grazie a un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sulla crisi di identità della scuola italiana e a un dibattito apertosi sulle colonne del Corriere della Sera, sappiamo finalmente quali siano i piani del governo sulla scuola italiana. Non che siano particolarmente promettenti. Oscillano tra passatismo e irrilevanza. Speriamo in qualche ripensamento. Senza dimenticare che una società che risparmia sull’investimento nella scuola è una società che sta rinunciando al suo futuro.

 

UNA MANOVRA SENZA SPERANZA*

Il Parlamento approva la manovra economica depressiva del Governo, che prevede un ulteriore incremento della pressione fiscale, mentre ci sarebbe bisogno di ridurre le tasse sul lavoro per allontanare lo spettro di una recessione. L’unica novità di rilievo introdotta dal Parlamento è la misura sui precari che applica al mercato del lavoro il metodo seguito dal Presidente del Consiglio nell’affrontare i suoi problemi con la giustizia: si interviene sui processi in corso. Una manovra insomma che non da speranza. Mentre non si perde occasione per predicare la paura.

IL FABBISOGNO DIMEZZATO: A VOLTE RITORNA

Anche questa legislatura, come quella precedente, si apre all’insegna di stime del fabbisogno eccessivamente pessimistiche. Per fine anno il Dpef lo indica a 46,1 miliardi contro i 23,5 miliardi di euro registrati a giugno, quando, come documentiamo, il fabbisogno cresce nei primi sei mesi dell’anno, per poi assestarsi su quei livelli a fine anno. Ma si tratta di errori di stima o di un pessimismo ricercato per escludere a priori misure anticicliche, che servirebbero ad allontanare lo spettro di una recessione? In ogni caso fondamentale rafforzare il servizio bilancio di Camera e Senato. Il Parlamento non può approvare queste stime a scatola chiusa.

UNA POLITICA ECONOMICA BELLA NELLA FORMA MA AVVILENTE NELLA SOSTANZA

Con l’approvazione del decreto fiscale che anticipa la legge Finanziaria, la programmazione economica ha fatto un passo avanti epocale. Ma il percorso di politica economica per la legislatura tracciato dal Dpef è avvilente nella sostanza. Ci sarà un significativo aumento della pressione fiscale per tutta la legislatura e una riduzione delle spese in conto capitale, anziché della spesa corrente. Tutto il contrario di ciò che servirebbe al paese per uscire dalla stagnazione.

COME RIFORMARE LA CONTRATTAZIONE

Si riapre dopo la pausa elettorale il negoziato sulla riforma del sistema contrattuale. A dispetto dei tanti richiami all’inderogabilità della questione salariale, è da dieci anni che questa riforma viene rimandata. Siamo così rimasti agli assetti di quindici anni fa, che da tempo hanno mostrato tutti i loro limiti. (Aggiornamento dell’intervento pubblicato il 20 marzo 2008).
Un contributo alla discussione del ministro per la Pubblica Amministrazione e per l’Innovazione Renato Brunetta.

GRANDI INTESE O GRANDI ELUSIONI FISCALI?

Si profila all’orizzonte un grande accordo sulla detassazione dello straordinario e delle componenti variabili del salario. Sarebbero d’accordo tutti: dalla maggioranza all’opposizione, da Confindustria al sindacato. Nelle migliori intenzioni dovrebbe servire a rafforzare il decentramento della contrattazione salariale e un più forte legame dei salari con la produttività. Ma vi sono grandi rischi di elusione fiscale. Non a caso il Governo sta predisponendo tanti paletti, complicando ulteriormente il sistema fiscale. E per decentrare la contrattazione non c’è alcun bisogno di sgravi fiscali. Meglio sarebbe tagliare le tasse sul lavoro per tutti e riformare davvero la contrattazione.

E OGGI PAGHIAMO L’INDULTO

Il voto ha premiato gli unici due partiti che si sono opposti all’indulto. Non a caso. L’indulto non solo ha fatto aumentare l’attività criminale in Italia, ma ha anche modificato la composizione dei flussi migratori, finendo per attrarre nel nostro paese più criminali che altrove. Tanto che oggi quattro italiani su dieci temono gli immigrati, non per il lavoro, ma per i reati che possono commettere. Se non si rafforza la repressione dell’attività criminale in Italia prima o poi saremo costretti a chiudere le frontiere. A quel punto, importeremmo solo immigrazione irregolare, in un circolo vizioso di illegalità che alimenta nuova illegalità.

 

La risposta audio dell’autore ai commenti.

TRE SFIDE PER LA NUOVA MAGGIORANZA

C’è un netto vincitore in queste elezioni. Ha saputo, meglio di altri, interpretare ansie diffuse sul territorio, soprattutto al di fuori dei grandi centri urbani. Per rispondere alle aspettative dei propri elettori dovrà per forza di cose rimuovere i vincoli che da ormai vent’anni rallentano la crescita del nostro paese. Auguriamoci tutti che ci riesca, completando anche l’opera di risanamento dei conti pubblici, indispensabile perché la turbolenza nei mercati finanziari non ci penalizzi. Ci vogliono circa due punti in meno nel rapporto fra spesa pubblica e Pil. Federalismo fiscale, legge elettorale e recupero dell’evasione fiscale sono le tre sfide più impegnative del primo anno.

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