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Il decretone

Il “decretone” sulla sanità in discussione in questi giorni in Consiglio dei Ministri contiene un variegato insieme di proposte, di portata più o meno rilevante, con le quali il ministro intende “promuovere lo sviluppo del Paese attraverso un più alto livello di tutela della salute”.

Mps e l’abbraccio mortale banca-stato

Secondo quanto riportato dal Sole-24-Ore del 29 agosto, il Presidente del Monte dei Paschi di Siena Alessandro Profumo avrebbe dichiarato, a proposito della precedente gestione della banca, che “l’errore più grave non è stato l’acquisto di Antonveneta … quanto l’aver messo in portafoglio 27 miliardi di Btp: una scelta che, a oggi, è costata 5 miliardi di capitale alla banca. Senza quel fardello non avremmo avuto bisogno di aiuti pubblici”.

Bagni Potemkin

In questo clima agostano diviso tra calura e fibrillazioni dello spread per un giorno il tema delle liberalizzazioni è ricomparso sulle pagine dei giornali. Nella forma un po’ bizzarra di due ore di serrata degli ombrelloni negli stabilimenti balneari italiani.

Draghi: la resa dei conti con la Bundesbank è iniziata?

Mario Draghi dichiara che la soluzione del problema degli spread tra i debiti sovrani della zona euro “rientra nel mandato della Bce, nella misura in cui il livello di questi premi di rischio impedisce la giusta trasmissione delle decisioni di politica monetaria”; e ancora: “all’interno del proprio mandato, la Bce è pronta a fare qualunque cosa per preservare l’euro”.

Vendite allo scoperto: perserverare diabolicum

Ieri la Consob ha reintrodotto il divieto delle vendite allo scoperto sui titoli del settore finanziario e assicurativo per la settimana in corso. Il divieto riguarda sia le vendite allo scoperto assistite dal prestito dei titoli (“covered”) che quelle “nude”,  come già  nell’agosto 2011 – divieto poi parzialmente rimosso nel febbraio 2012. In tal modo, purtroppo la Consob mostra di non apprendere dall’esperienza del passato. L’evidenza empirica sugli effetti dei divieti delle vendite allo scoperto imposti dalle autorità di molti paesi nel 2008 dopo il fallimento di Lehman Brothers mostra che essi danneggiano la liquidità del mercato e non offrono sostegno del mercato (tranne che tutt’al più nel brevissimo periodo), come già abbiamo evidenziato in un intervento pubblicato su questo sito nel 2010 e che riproponiamo. Questa evidenza è stata confermata da studi condotti  sugli effetti dei divieti delle vendite allo scoperto reintrodotti in Austria, Belgio, Grecia, Francia, Italia e Spagna nell’agosto 2011. Ciò non ha però scoraggiato la decisione di ieri da parte della Consob, salvo forse che sotto il profilo della (per ora breve) estensione temporale del divieto. Purtroppo sembra che il divieto delle vendite allo scoperto sia un riflesso condizionato delle autorità di regolamentazione, a prescindere dai suoi effetti. Tuttavia “errare humanum est, perseverare diabolicum”.

GRECIA, UN’OCCASIONE DA NON SPRECARE

Il popolo greco si è dimostrato più lungimirante della Troika. Non ha ceduto alla tentazione di premiare con il voto il partito (Syriza) che prometteva di stracciare il tristemente famoso Memorandum, che ha imposto pesanti condizioni alla Grecia in cambio degli aiuti finanziari dei partner europei. La campagna elettorale di quel partito ha finito per trasformare le elezioni del 17 giugno in un referendum sulla permanenza nell’euro, e i Greci hanno responsabilmente scelto di restare nell’area euro, facendo così prevalere un obiettivo di lungo periodo sui sacrifici immediati necessari per raggiungerlo. Al contrario, la gestione delle trattative da parte della Troika è stata finora caratterizzata dall’imposizione di target di bilancio impegnativi e con scadenze molto ravvicinate. Più volte abbiamo sottolineato che questo modo di gestire la crisi greca è stato miope e ha esposto i paesi dell’area euro al rischio di un evento traumatico quale l’uscita di un paese membro dalla moneta unica. Se ciò avvenisse, l’unione monetaria sarebbe declassata ad un accordo di cambio, nel quale gli attacchi speculativi potrebbero rendere insostenibile il costo del debito pubblico per altri paesi, costringendoli ad uscire dall’area euro. La crisi di un piccolo paese si trasformerebbe così nella crisi della moneta unica nel suo insieme.
Ora si apre una finestra di opportunità. Il peggio potrà essere evitato solo se l’Europa sarà veramente disponibile a rivedere la sua impostazione, trattando con il nuovo governo una revisione degli accordi che conceda alla Grecia il tempo per fare le riforme strutturali di cui ha bisogno: revisione del meccanismo di riscossione delle imposte, snellimento della pubblica amministrazione, privatizzazioni. Paradossalmente, la Troika si troverà costretta a trattare con il maggiore responsabile di questa situazione: Samaras, leader del partito (Nuova Democrazia) che, quando era al governo nel 2009, comunicò dati falsi sul bilancio pubblico. Questo è il risultato di avere messo alle corde il governo socialista di Papandreou, costringendolo di fatto alle dimissioni, e di non avere fatto nulla per agevolare il governo tecnico di Papademos. I margini di trattativa sono ristretti, data la scarsa flessibilità della Troika. Prepariamoci al rito delle estenuanti negoziazioni, sotto la minaccia di non erogare le prossima tranche di finanziamenti europei, senza la quale il governo di Atene sarà insolvente tra un mese.  

NOMINE, BASTEREBBE IL MINIMO SINDACALE

Sulle nomine, partiamo da qualche citazione. Sul sito bersanisegretario.it si legge “Dobbiamo riportare il merito dal cielo alla terra” (Pier Luigi Bersani).  Su angelinoalfano.it si dice della “volontà di dar vita a un ”partito degli onesti” e che valorizzi il ”merito” (discorso tenuto a Mirabello).  Lascio ai lettori valutare se esista qualche ragione per la quale dobbiamo prendere sul serio queste due persone.
Le nomine sono chiaramente un segnale importante di quanto si prende sul serio il momento attuale e la gestione di snodi importanti del nostro sistema economico quali il sistema delle telecomunicazioni (l’autorità per le comunicazioni) o dei trasporti (si attende già da un po’ la nomina del primo collegio della neo-costituita Autorità per questo settore). Sotto questo profilo è evidente, ma già lo sapevamo, che la nostra classe politica è inadeguata.
Detto questo, su due ruoli fondamentali quali il presidente dell’Agcom e l’Autorità dei trasporti il pallino è in mano al Governo. C’è solo da sperare che il Governo sappia prendere le distanze, ma non con le solite parole poco utili: con i fatti. Occorrono – semplicemente – persone con competenze e capacità che le rendano all’altezza dei problemi che dovranno affrontare.
Qualcuno parla di “coraggio”. No. La nomina di persone competenti non sarebbe un atto di coraggio, di elevato contenuto morale o simili. Vorrebbe semplicemente dire “fare le cose normali”.
Si tratta di nomine chiave in posti non ornamentali, di ruoli di gestione di nodi importanti del nostro sistema economico. Chiedere che incarichi delicati siano attribuiti a persone competenti è chiedere semplicemente che il Governo faccia il suo “banale” dovere. Il fatto che questo Governo abbia poco coraggio è purtroppo evidente da tempo. Quello che chiediamo ora è molto meno del coraggio: chiediamo solo il minimo sindacale.

CHI C’È DIETRO A BEPPE GRILLO

Il presidente Napolitano ha scelto di sminuire il successo elettorale dei grillini, ricordando nostalgicamente che il vero boom ebbe luogo negli anni 60. Per molti commentatori politici, si è trattato di un (inutile) voto di protesta da paragonare all’astensione. Il voto degli scontenti. Forse è perché oggi sono in molti in Italia ad essere scontenti, ma gli elettori dei grillini non possono essere descritti come persone che vivono ai margini della società. Anzi. Si tratta per la maggior parte di uomini tra i 35 e i 45 anni, con un elevato titolo di studio, che risiedono nelle grandi città. Gli elettori del Movimento 5 Stelle non sono dunque solo indignados, giovanissimi che, come in Spagna, vedono il loro futuro ipotecato dalla crisi economica, né donne in cerca di maggiori spazi in una società ancora troppo maschilista. Sono piuttosto i rappresentanti di una delle fasce d’età tipicamente più dinamiche della società e del mercato del lavoro, che dovrebbe essere in prima fila per contribuire alla rinascita ed alla crescita del paese. E che invece in Italia si ritrova senza presente, con un lavoro incerto, in un paese ingessato dai corporativismi, e dalla gerontocrazia, che ha smarrito da troppi anni la via della crescita economica. Se si tratta di un voto di protesta è una protesta che viene dal cuore della società, e che deve far riflettere sul futuro del paese. Gli anni 60 sono lontani. Le elezioni amministrative hanno mostrato che oggi c’è bisogno di un profondo rinnovamento della classe politica. Ciò è possibile. Alcuni esempi: nuove regole elettorali, come il doppio turno di collegio, che consentano ai cittadini di eleggere veramente i propri rappresentanti anche nelle elezioni politiche, garantendo però nel contempo la governabilità, così come appunto succede con i comuni. Drastica riduzione dei deputati e senatori, affinché il rapporto numerico tra rappresentanti e cittadini sia in linea con quello degli altri paesi europei. Modifica della legge sui finanziamenti ai partiti, che vanno immediatamente ridotti, con sistemi di rimborso che non premino solo coloro che in quel momento sono al potere.

IDEONA: IL PAREGGIO DI BILANCIO!

Il Senato ha approvato in seconda lettura e con la maggioranza dei due terzi dei parlamentari (dunque senza richiedere un referendum confermativo) la legge che introduce nella nostra Costituzione l’obbligo del bilancio in pareggio. A distanza di meno di 24 ore il governo ha varato il Documento di Economia e Finanza (Def) che sancisce che l’obiettivo del pareggio di bilancio non verrà raggiunto nel 2013, come il nostro Paese si era impegnato a livello europeo, ma, nella migliore delle ipotesi nel 2015. Secondo il Fondo Monetario dovremo attendere addirittura fino al 2017 per centrare questo obiettivo. Abbiamo perciò introdotto nella nostra Costituzione  un principio per violarlo fin dall’inizio? Non si rischia in questo modo di ulteriormente indebolire la Costituzione che dovrebbe invece racchiudere norme non facilmente derogabili e modificabili dal Parlamento? In realtà, la tabella sugli obiettivi di finanza pubblica contiene una nota che sostiene che non solo “l’obiettivo sarà raggiunto, ma anche ampiamente superato in termini strutturali (corsivo nostro)”. In altre parole, ci sarà un deficit ma solo perché il livello del Pil sarà molto basso a causa del ciclo economico sfavorevole. Il bilancio aggiustato per il ciclo sarà in attivo già nel 2013. Tutto bene, dunque? Il problema è che, come scriveva Martin Wolf sul Financial Times, nessuno sa cosa precisamente sia il bilancio aggiustato per il ciclo o il disavanzo strutturale. Ad esempio, nel 2007 il Fondo Monetario Internazionale accreditava la Spagna di un surplus strutturale consistente e l’Irlanda di un bilancio strutturalmente in pareggio. A quattro anni di distanza, il Fondo aveva rivisto le stime del bilancio strutturale per questi stessi paesi concludendo che entrambi i paesi nel 2007 erano in deficit di bilancio e l’Irlanda addirittura di più dell’8 per cento. Come è possibile dare forza di legge a stime che sono, per la loro stessa natura, fortemente aleatorie? E chi farà tali stime? Sarà il governo stesso a stabilire l’entità dello scostamento ciclico? O dovremo chiedere alla Corte Costituzionale di imparare l’econometria? A inizio agosto 2011, nel commentare l’intenzione del Governo Berlusconi di introdurre il bilancio in pareggio in Costituzione, citavamo un proverbio turco “Se stai annegando ti aggrappi anche a un serpente”. Per fortuna, grazie al Governo Monti, ci siamo un po’ allontanati dal rischio di annegamento. Proprio per questo pensiamo sarebbe meglio trovare modi più convincenti nel rendere credibile il nostro impegno di rientro del debito. Invece di imitare il Ministro Tremonti il quale, per stimolare la crescita, voleva cambiare l’articolo 41 della Costituzione, sarebbe meglio iniziare facendo sul serio la spending review, a partire dai capitoli di spesa che sono oggi sotto gli occhi di tutti gli italiani perché contornati di episodi di corruzione: la spesa sanitaria e i costi della politica, in primis rivedendo le norme sul finanziamento pubblico ai partiti. Parafrasando il Ministro Passera, crediamo possano venire maggiori benefici dall’attuazione di ideuzze concrete su come tagliare la spesa che dall’ideona del pareggio di bilancio in Costituzione.

IL PRIVATO è POLITICO

E’ un vecchio slogan degli anni Settanta. Segnò l’irrompere della politica in territori fino ad allora esclusi, dalla sessualità ai rapporti di coppia all’impegno come progetto complessivo di vita. Deve essere tornato in mente a Francesco Belsito, un uomo alla cui vista proviamo un naturale moto di stima per Cesare Lombroso. Belsito, amministratore della Lega Nord, Sottosegretario alla Semplificazione, Consigliere di Amministrazione di Fincantieri, una delle maggiori imprese italiane a proprietà pubblica, un curriculum costellato di incidenti, dal diploma conseguito (forse) a Fratta Maggiore con firme dubbie del preside alle due Lauree estere da istituzioni non riconosciute, una scalata politica degna di un oro olimpico, da autista di Biondi agli albori di Forza Italia alle attuali e ben remunerate responsabilità pubbliche, una disinvoltura nei rapporti che lo vede in pericolose prossimità con personaggi della ‘ndrangheta, una naturale attrazione per gli investimenti in luoghi esotici e discreti, dalla Tanzania a Cipro. Il privato è politico, dicevamo, deve essere tornato a mente dell’ottimo Belsito quando ha pagato la fattura per il rinnovo del tinello di casa Bossi con i soldi del rimborso delle spese elettorali. Non destasse orrore, si potrebbe dire: un uomo del nostro tempo.

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