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Categoria: Licenza Poetica Pagina 6 di 16

LETTERA DEL MAGO DI OZ AGLI ECONOMISTI

Cari colleghi,

so che nelle vostre terre agli economisti, equiparati alla categoria dei maghi di cui faccio indegnamente parte, è stata imposta la consegna del silenzio. Ma io posso battere le proibizioni, come voleva chi mi ha ideato, Frank Baum, più di 100 anni fa. Infatti sono ventriloquo e quindi posso parlare anche tenendo la bocca chiusa. Come racconta il mio libro, io non sono altri che un vecchio pallonista (non necessariamente nel senso di contapalle; guidatore di mongolfiera si direbbe oggi) di Omaha, atterrato su terre sconosciute dopo una lunga traversata del deserto. Gli abitanti di quelle terre mi hanno preso per un mago e non ho fatto nulla per dissuaderli da questa loro convinzione. Ci sono tanti particolari nella mia storia che vi possono servire a capire meglio perché il vostro Ministro dell’Economia mi chiama talvolta in causa, citandomi quando parla di economia, cosa che per la verità avviene abbastanza raramente. Vi svelo un segreto: vorrebbe essere lui il Mago di Oz. E sta cercando in tutti i modi di farlo credere ai suoi sudditi. E’ lui il Mago, il grande visionario, che, contravvenendo a qualsiasi metodo scientifico, capisce tutto e decide le sorti di noi tutti. Si comporta proprio come un apprendista stregone. La mia storia lo insegna. Lasciatemi ricordare alcuni episodi narrati nel mio libro.
Nel mio Regno ho fatto mettere gli occhiali colorati a tutti i sudditi per far loro apparire la realtà più bella di quanto sia. Nella Città del Mago, in particolare, gli abitanti sono costretti a portare gli occhiali verdi. Si sono così convinti di vivere nella Città degli Smeraldi. Anche da voi, mi risulta, si chiede ai giornali e alle televisioni di riportare solo buone notizie, sbattere solo i verdi germogli in prima pagina.
A proposito di corvi che forniscono informazioni disfattiste al pubblico, nella mia Città ho chiesto ad uno spaventapasseri di fare il Governatore. Da voi i governatori non vengono ancora nominati dai maghi. Forse per questo il vostro Ministro è così inquieto: vorrebbe anche lui un Governatore che spargesse a piene mani solo messaggi rassicuranti al pubblico. Il vostro Governatore poi ha la sfortuna di evocare, col suo nome, figure minacciose!
Per arrivare alla mia Città, che tutti credono costellata di diamanti e pietre preziose, bisogna seguire la “strada dei mattoni”. Può tirar fuori dalla depressione in cui sono caduti Dorothy e gli altri protagonisti della mia storia. Anche da voi, mi sembra, si sia pensato che l’unico modo per far ripartire l’economia fosse costruire e far costruire. Se capisco bene, dei vostri quattro “piani casa” ne è rimasto solo uno. Ma la filosofia è la stessa: il mattone come via d’uscita. Bene comunque che lo sappiate sin d’ora: alla fine della strada non troverete nessuna pietra preziosa.
Tra gli eroi della mia storia c’è un boscaiolo di stagno. Taglia con l’accetta tutti gli alberi che gli capitano sotto tiro. Ma spesso si emoziona. E’ un problema, perché quando piange gli si arrugginiscono le giunture. Voi sapete bene cosa sia la stagnazione e quanta ruggine inserisca nei vostri ingranaggi. Quanto agli alberi, so che al vostro Ministro piace molto girare per la foresta di Nottingham tirando frecce a casaccio. Ma deve sapere che gli alberi feriti si vendicano. Chiedete ai protagonisti della mia storia quanto temibili siano gli alberi viventi!
Ne mio Regno tutti gli errori vengono condonati. Anche le streghe in punto di morte si redimono. Sui condoni ho davvero poco da insegnare al vostro Ministro che ne ha varati di tutti i tipi. E anche di scudi se ne intende più degli stagnini Martufi della mia storia. Tanto di cappello, dorato!
C’è anche una Città di porcellana nel regno di Oz, i cui abitanti vivono su tanti scalini: guai a cambiarli di posto. Potrebbero andare in mille pezzi! Chi lo ha fatto ha dovuto poi vedersela cogli agguerriti proprietari delle mucche di porcellana. Il vostro Ministro mi sembra abbia una certa familiarità con gli scalini e gli scaloni: nel riformare la previdenza sembra essersi mosso proprio come un elefante in un negozio di porcellane. E sta anche rimborsando gli agricoltori che hanno sforato le quote latte. Solo coincidenze?
A proposito, ce n’è ancora una. Nella mia storia la persona più buona, quella che interrompe il grande ciclo, detto anche ciclone, è la Strega del Nord. Se Tremonti si crede Oz chi sarà mai, mi chiedo, la vostra Strega del Nord? Lo ha baciato qualcuno sulla fronte negli ultimi tempi?

Il Mago di Oz

SETTE DOMANDE AL MINISTRO TREMONTI

Il 15  luglio 2009 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Dpef per il periodo 2010-13. Una sconcertante novità è finora passata sotto silenzio: l’impiego del Modello econometrico ITEM (Italian Treasury Econometric Model), a scopo previsionale e di valutazione delle riforme intraprese (1). Alla luce delle reiterate manifestazioni di sfiducia verso gli economisti, è urgente che il Ministro dell’Economia risponda alle seguenti sette domande:

  1. Signor Ministro dell’Economia, come e quando ha conosciuto il Modello ITEM impiegato nelle previsioni del DPEF 2010-13?
  2. Signor Ministro è disponibile la documentazione relativa al Modello ITEM? Chi ne è l’economista ideatore?
  3. Nel corso di questa elaborazione, quante volte ha avuto modo di incontrare tale persona?
  4. Nel corso di questi incontri ha anche discusso con lui/lei le stime delle elasticità del gettito fiscale rispetto alle basi imponibili, responsabili delle rosee previsioni per l’indebitamento pubblico?
  5. Come definirebbe il concetto di “elasticità”?
  6. Come descriverebbe le ragioni del suo sorprendente interesse per i Modelli econometrici, alla luce dello scetticismo più volte manifestato nei confronti degli economisti e dei loro metodi?
  7. Quando ed in che occasione ha avuto modo di conoscere e frequentare l’Econometria?

(1) Il modello ITEM è stato impiegato per le previsioni di consumi ed investimenti nel 2009 (p.7), la valutazione dell’impatto macroeconomico delle misure anticrisi (p.19), la stima dell’effetto della crisi sull’output potenziale (p.45), la stima dell’effetto della riforma della PA sulla produttività totale dei fattori e sul tasso di crescita (p.57).

IL TEMPO BELLO DELL’ECONOMIA POLITICA

Io che d’anni ne ho diversi
ben ricordo i giorni persi
a studiare economia:
quanta, quanta nostalgia

Eran provvidi quei testi,
ch’oggi appaiono modesti,
degli autori sol nostrani,
Vito, Fanno ed il Bresciani,

pure aggiungo il Di Fenizio.
La chiarezza avean per vizio
e non v’erano d’eguali
pe’ insegnar i fondamentali.

Era allora ben chiarito
che può andar distribuito
la ricchezza c’hai prodotto,
e che il pasto pria va cotto.

A quel tempo il PIL correva,
il benessere cresceva,
era il debito contato,
alla lira l’Oscar dato.

Si trovava il posto a vita,
con l’industria su in salita,
pure in crescita il terziario
e chi mai era il precario?

Oggi i tempi son cambiati
ed i testi, assai ingrossati,
son tradotti dall’inglese,
presto pure dal cinese.

Sono pieni d’equazioni,
ma non danno soluzioni
all’Italia declinante.
Della crisi devastante,

i segnali hanno ignorati:
gli anni 30? Non pensati,
mentre tossica finanza
creò carta e non sostanza.

Ci vorrebbe un altro Adamo
o un Pareto anche italiano,
meglio ancora un Maynardo
che lontano abbia lo sguardo.

Ma frattanto meditate
su Caritas in Veritate!

TESTIMONIANZA D’UN SUPERSTITE DELLA CRISI

Quando alla radio udii
“Il peggio è già passato !”
da casa dipartii
col volto un po’ irritato.

Ma poi tornò tal voce
“Ce  l’hai dietro le spalle !
Il pessimismo nuoce,
altri raccontan balle “.

E aggiunse ancor la stessa
“Non sai di economia ?
E’ scienza triste e fessa
senza psicologia”.

Tra me e me pensai
“Non credo più all’astrologo”
e dritto me ne andai
in cerca d’un psicologo.

Uno mi ricevette,
ancor non c’era gente;
giusta attenzion mi dette
strizzando la mia mente.

“Vede signor” mi espose
“il suo problema è niente.
Aumenti le sue spese
e goda immensamente”.

Rimasi un po’ perplesso
a udir tale favella.
Ma ritornai in me stesso
di fronte alla parcella.

“Vede, signor dottore”
gli dissi risoluto
“ha fatto un grande errore:
non son quel che ha creduto,

i soldi mi han lasciato,
fuggendo con la crisi”.
Che non l’avrei pagato
ben tristemente ammisi.

Ma, visto il  suo sconcerto,
aggiunsi “O mio psicologo,
la pagherò, stia certo;
però… senta un astrologo”.

INDOVINELLO: UNO E TRINO, ANZI…?

Chi sarà mai l’unico economista italiano a cui Tremonti non dice “silete”, non intima di stare zitti “per igiene”?
Vediamo di arrivarci con indizi successivi.
Primo indizio. E’ uno e doppio. E’ uno, ma doppio è il suo cognome. L’unico commentatore a scrivere in prima pagina su due testate nazionali (Corriere della Sera e Sole 24 Ore) al tempo stesso. 
Secondo indizio. Anzi, è uno e trino perché ripete almeno tre volte i suoi elogi al suo compagno valligiano che di monti ne vanta ben tre.
Terzo indizio. Ecco in effetti alcuni stralci dei suoi interventi sul Corriere della Sera. Il 7 novembre 2008 scriveva: “nella crisi il nostro Paese ha rivelato un Ministro dell’economia, Giulio Tremonti, di impostazione europeista e all’altezza della situazione sia negli Ecofin sia in Italia con l’impronta da lui data ai decreti legge 155 e 157 del 9 e del 13 ottobre”. Il successivo 17 dicembre così descriveva la politica economica del Ministro: “Si tratta di un progetto di politica economica di ampio respiro presentato nitidamente nelle prime pagine del Dpef”. Passavano due settimane e il 30 dicembre voleva chiudere l’anno con un “razionale è stata la scelta del Cipe di sbloccare subito sei miliardi di euro per infrastrutture da selezionare, in un elenco già disponibile, nei prossimi due mesi”.  Bene anche l’inizio del 2009, il 13 gennaio così scriveva “In questa crisi, per ora, il nostro Paese, troppo spesso criticato, si è comportato bene”.  Il 6 febbraio ribadiva “Nel Dpef del luglio scorso vi è un valido programma di legislatura con riforme strutturali”. E così via. Per poi chiudere nel suo ultimo articolo, il 22 giugno: “Il Governo dell’Economia ha adottato misure fino ad ora adeguate e calibrate alle nostre condizioni di finanza pubblica che Giulio Tremonti tiene bene sotto controllo”. Un vero antidoto al disfattismo che pervade gli economisti italiani, insomma.
Quarto e ultimo indizio. Più che uno e trino, è uno e…

Quintio e Orazio

Abbiamo ricevuto 15 risposte esatte e una errata. Forse troppo facile…

I MODELLI ECONOMETRICI

Io normal fui da studente,
ma nell’algebra scadente
e i modelli algoritmati
mai li ho padroneggiati.

Forti avevo, irritazioni,
per quell’orride equazioni,
tutto preso dal rovello
pel misterico modello.

Il prodotto e occupazione,
poi l’export e importazione,
tassi in calo ed in aumento
il consumo e investimento,

tutto dentro al computore,
poi pigiando lo startore,
ecco qua un bel risultato,
sul giornale pubblicato.

Tutti i broker ebber modelli
e decisero con quelli,
che però davan ragione
sol se sal la quotazione.

Ha il modello il derivato,
pure il fondo strutturato
anche l’Ocse l’ebbe in più,
mentre il rating dava A+++.

Ma un bel giorno l’esercizio
dimostrò tutto il suo vizio,
che di quello che è accaduto
niente aveva preveduto.

Si trattò di un mega errore,
che pagò il risparmiatore,
ma neppure scusa chiese,
né arrossì ch’il granchio prese.

Ora io non fo questione
su chi fa la regressione,
ma però sul grande crollo
lui dovea volgere il collo.

Ma se tutto va per bene,
il modello non ci preme
e se omise il fortunale,
ancor meno allora vale.

IL COMMESSO DEL SENATO

Del lavoro si è stancato
il commesso del Senato
e ha deciso di lasciare
per infine  riposare.

Il Corrier ne da notizia,
co’una punta di malizia,
quando dice ch’egli ottenne,
poco più che cinquantenne,

un corposo trattamento
di mensile emolumento
pari ad euro milaotto,
assai più d’un terno a lotto,

giacché quindici di mesi
annualmente verran presi.
Per cui cari genitori
il consiglio pei minori

non è quello dell’impegno
a studiar legge o disegno
e neppur l’ingegneria
o in Bocconi economia.

Né di prendere un diploma,
ma cercarsi proprio a Roma
un bel posto di commesso
nel Senato o altro consesso,

che alla fin della carriera
la pensione è tutta intera!
La fortuna l’ha baciato,
è un commesso del Senato!

ITALIA MIA

Italia mia, in crisi caduta come un sasso,
ti guardo e’l core mio colto è d’ angina,
nel constatar che il Pil da tempo è basso
e in depressione si va giù per la china.

Le due fazion, rose da rancor canino,
si scontrano veementi ed infuriate,
come in passato guelfo e ghibellino,
tal ch’ esule fu ‘l poeta, là nel Ravennate.

La scuola è lassa, brancola il precario,
lenta la legge, incerta la sua pena,
il treno arranca per rispettar l’orario,
Salerno-Reggio si fa entral’alba e cena.

Lo spreco cresce e pesa in più la casta,
si dan milioni ai guitti e noi restiamo muti,
scarseggia l’ euro per comperar la pasta,
piena la strada di buche e di rifiuti.

Il fisco ignora  i redditi opulenti,
sono accresciuti i costi sanitari
pensioni ai giovani ancor con tutti i denti,
magri i bilanci,  ma bonus milionari.

Non più nemico è il teutone invasore,
bensì il burocrate, odierno feudal barone,
la mala incalza, libero va lo spacciatore
e la cultura occultasi, ormai di sé finzione.

E a tu artigiano, coi calli nelle mani,
e a voi botteghe e d’IVA le partite,
che il Pil portate e lustro agli Italiani,
si rinfaccian solo evasion ‘nfinite .

Questo di tanta speme oggi mi resta
e lo spirto guerrier ch’entro mi rugge,
nel vano mio pugnar sbattendo testa,
si va spegnendo e mesto fugge.

Italia mia benché ‘l parlar sia indarno
a le piaghe mortal che nel tuo corpo veggo,
piango pel tristo fato e sul tuo viso scarno,
leggo un immenso dolore e più non reggo.

La terra trema, dei lutti mi dispero,
….no,  non m’arrendo,  ancora  in te  io spero!

LA LOTTA ALL’EVASIONE

Terra di artisti, terra di scienziati,
terra di santi e di navigatori,
terra di poeti e grandi letterati,
tutti, comunque, abili evasori.

Ogni governo nel programma assume
l’ imperativo, fuori discussione,
di usar la forza, insieme con l’acume,
nel perseguir la lotta all’evasione.

Ma quella bestia dove si nasconde ?
Dentro a fortezza armata da espugnare ?
O tra l’umana gente si confonde,
con volto ignoto e senza alcun collare ?

Onde stanarla e farla venir fuore
c’è chi s’adopra a metter per iscritto
astruse norme, anche di settore,
che all’aria danno un vago odor di fritto.

C’è chi il cappello e la divisa afferra
e in campo avverso compie un’irruzione,
per poi riempire un bollettin di guerra,
nella speranza… d’una promozione.

Nell’inventarne poi d’ogni colore
van sparacchiando grandi risultati,
che a’ pochi onesti crean stizza e furore
mentre s’ingrassan torme di avvocati.

C’è chi condanna il crimine e il malvezzo,
di cui discetta o scrive sul giornale.
Ma nel cestino finirà quel pezzo
se, come è ver, nessuno se ne cale.

Quel ch’è di bello, poi, è che ciascuno
s’indigna sol dell’evasion degli altri,
non ritenendo utile e opportuno
dar dimission dal branco degli scaltri.

Già l’Evangel nel segno avea ben colto
quando dicea “ chi onesto appar nel poco
senza alcun dubbio lo sarà nel molto,
ed ugualmente se rovesci il gioco “.

V’è da sperar sol che ognuno guardi
nell’occhio suo al mattin dentro lo specchio,
per ripulirlo, a costo di far tardi,
da qualche trave andata giù parecchio.

Ma se sperare in ciò è vana attesa
in questa terra dove alberga il male,
non ci rimane che appellar la Chiesa
acché ci dia un condono…universale.

IL PIANO CASA DEL SERRUCHÓN

Di ville, di ville!; di villette otto locali doppi servissi; di principesche ville locali quaranta ampio terrazzo sui laghi veduta panoramica del Serruchón – orto, frutteto, garage, portineria, tennis, acqua potabile, vasca pozzo nero oltre settecento ettolitri: – esposte mezzogiorno, o ponente, o levante, o levante-mezzogiorno, o mezzogiorno-ponente, protette d’olmi o d’antique ombre dei faggi avverso il tramontano e il pampero, ma non dai monsoni delle ipoteche, che spirano a tutt’andare anche sull’anfiteatro morenico del Serruchón e lungo le pioppaie del Prado; di ville! di villule!, di villoni ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville rustiche, di rustici delle ville, gli architetti pastrufaziani avevano ingioiellato, poco a poco un po’ tutti, i vaghissimi e placidi colli delle pendici preandine, che, manco a dirlo, “digradano dolcemente”: alle miti bacinelle dei loro laghi. […] Della gran parte di quelle ville, quando venivan fuori più “civettuole” che mai dalle robinie, o dal ridondante fogliame del banzavóis come da un bananeto delle Canarie, si sarebbe proprio potuto affermare, in caso di bisogno,e ad essere uno scrittore in gamba, che “occhieggiavano di tra il verzicare dei colli”. Noi ci contenteremo, dato che le verze non sono il nostro forte, di segnalare come qualmente taluno de’ più in vista fra quei politecnicali prodotti, col tetto tutto gronde, e le gronde tutte punte, a triangolacci settentrionali e glaciali, inalberasse pretese di chalet svizzero, pur seguitando a cuocere nella vastità del ferragosto americano: ma il legno dell’Oberland era però soltanto dipinto (sulla scialbatura serruchonese) e un po’ troppo stinto, anche, dalle dacquate e dai monsoni. Altre villule, dov’è lo spigoluccio più in fuora, si drizzavano su, belle belle, in una torricella pseudo-senese o pastrufazianamente normanna, con una lunga e nera stanga in coppa, per il parafulmine e la bandiera. Altre ancora si insignivano di cupolette e pinnacoli vari, di tipo russo o quasi, un po’ come dei rapanelli o cipolle capovolti, a copertura embricata e bene spesso policroma, e cioè squamme d’un carnevalesco rettile, metà gialle e metà celesti. Cosicché tenevano della pagoda e della filanda, ed erano anche una via di mezzo fra l’Alhambra e il Kremlino. Poiché tutto, tutto! era passato pel capo degli architetti pastrufaziani, salvo forse i connotati del Buon Gusto.

Carlo Emilio Gadda – La cognizione del dolore, Torino, Einaudi, 1971, pp. 21-23.

 

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