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Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 49 di 86

REFERENDUM SULL’ACQUA: LE DOMANDE GIUSTE

Domande e risposte sui referendum numero 1 e 2. Non si prevede alcuna privatizzazione dell’acqua, ma la legge non mette in discussione neppure la natura pubblica del servizio, l’universalità dell’accesso, il diritto soggettivo dei cittadini a riceverlo a condizioni accessibili. Non è l’ingresso dei privati nella gestione dei servizi idrici a far salire i prezzi. E in ogni caso la tariffa dovrà continuare a coprire gli investimenti. Da evitare invece che contenga extraprofitti. La gestione dell’acqua è uno dei temi di cui si discuterà a Trento al Festival dell’economia, a cui parteciperà anche uno degli autori di questo articolo.

 

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringrazio i lettori per gli interessanti commenti che mi sembra integrino proficuamente l’articolo e costituiscano un utile spunto per continuare a dialogare su questi temi.
I fattori culturali sicuramente contano, esiste un clima generale privo di una "visione" che sappia guardare al futuro, oltre il breve termine. E’ verissimo, come dice Michele Giardino, che il primo pessimo esempio di questo clima è rappresentato dalla mancanza di idee di chi gestisce la cosa pubblica: il mio ultimo riferimento al bisogno di politica industriale aveva proprio questo senso: non devono essere solo gli imprenditori a "darsi una mossa"; e il vero politico riformista deve anche avere il coraggio, in tema di piccole e medie imprese, di sfidare l’impopolarità.
E’ chiaro, come sostiene Guido Meak, che se non si trovano percorsi facilitati per chi deve assumere e andare all’estero si è condannati al nanismo, ma qui la risposta la dà direttamente Maria Crisitina Pace con la quale concordo pienamente: le regole devono disegnare tutte le possibili opportunità, ma poiché, sul terreno della crescita, si è visto che più di tanto da comportamenti spontanei non ci si può aspettare, meglio spingere e, per riassumere, incentivare il piccolo che vuole crescere, ma disincentivarlo se vuole rimanere piccolo. Condivido, infine, le osservazioni di Paolo Mariti sulla mancanza di competenze professionali e gestionali, ma ho la sensazione che sia il classico cane che si morde la coda, perchè la piccola dimensione non consente adeguati e forti investimenti in formazione e ricerca. Anche su questo terreno una seria e rigorosa politica industriale può fare molto.   

TURISMO, NELLA CONFUSIONE VINCONO LE LOBBY

C’è molta confusione in Italia intorno al settore turismo. Non esiste un capitolo di contabilità nazionale che lo comprenda per intero e comunque mai in modo corretto. Così le categorie economiche organizzate fanno il bello e il cattivo tempo. Lo dimostrano una volta di più le misure previste nel decreto sviluppo e nel Codice del turismo sulla proroga delle concessioni demaniali alle imprese balneari e sulla creazione dei distretti marittimi.

PIÙ IMPRESE NEL NUOVO ICE *

Confindustria ha proposto di privatizzare l’Ice. Una utile provocazione perché il bilancio post-riforma dell’Istituto lascia molti dubbi sulle strategie e sulle inefficienze. Dovute alla rigidità nella selezione e nel governo del personale e alla sproporzione fra gli addetti della rete estera e quelli insediati in Italia. Paradossale poi la dispersione delle scarse risorse tra centinaia di iniziative prive di massa critica e grandi missioni di sistema, spesso inutili. Da moltiplicare invece gli sforzi di presenza sui medi e grandi mercati fuori dall’Europa.

E PER SEMPLIFICARE SI SACRIFICA LA TRASPARENZA

Il decreto sviluppo modifica pesantemente il codice dei contratti. Non è la prima volta. Sempre alla ricerca di una semplificazione delle gare con aperture ancora più ampie a procedure negoziate senza bando, ma mai ottenuta finora. Altre fasi del processo sono ben più lunghe e complesse: dalla programmazione e progettazione alla realizzazione dell’opera. Nel decreto, poi, ci sono misure che sono solo imposizioni normative finalizzate al contenimento dei costi.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Che la questione dei taxi fosse un elemento caldo, che suscita un mare di polemiche, mi era ben chiaro. Non sono pertanto stupito né per la quantità dei commenti, né per la veemenza di alcuni di loro. Debbo dire che, così come mi aspettavo reazioni stizzite dei taxisti, mi attendevo maggior indignazione da parte da parte dei cittadini contribuenti.
Ringrazio tutti gli intervenuti, anche quelli che hanno espresso opinioni molto distanti dalle mie, perché il loro contributo mi aiuta a meglio definire il mio pensiero che, a giudicare dal tono di alcuni interventi, o non è stato capito o è stato "travisato".
L’obiettivo del mio intervento non era né quello di contestare la legittimità delle rivendicazioni "economiche" della categoria, né quello di definire una proposta complessiva per migliorare il servizio.
L’obiettivo era molto più limitato, ed era quello di criticare l’ipotesi secondo cui per non far lievitare le tariffe si addebitano alla collettività parte dei costi del servizio. Mi è ben chiaro che questa operazione viene regolarmente fatta in diversi altri settori e che le risorse destinate ai taxi sarebbero poca cosa rispetto alle montagne di incentivi dati ad altri settori. Così come mi è chiaro che incentivi all’acquisto di vetture ecologiche potrebbero avere effetti positivi sull’inquinamento. Non mi sembra vi siano però sufficienti ragioni economiche e sociali per estendere i benefici dell’incentivazione pubblica al settore dei taxi: anzi sarebbe molto meglio ridurre gli incentivi anche in altri settori.
Per quanto riguarda gli adeguamenti tariffari non ho alcuna obiezione a che le tariffe aumentino per bilanciare l’incremento dei costi. Gli adeguamenti tariffari però, a normativa vigente, vanno adeguatamente motivati, altrimenti si incappa in qualche TAR che fa saltare tutta l’operazione. Se poi le tariffe aumentano troppo il mercato si restringe e si aggrava la crisi. Sarebbe opportuno, questa è la mia opinione, prevedere la liberalizzazione delle tariffe, lasciando ad una autorità pubblica il solo compito di vigilare affinché non si realizzino truffe ed abusi ai danni dell’utenza.
Vi è un tema che io ho solo accennato ma sui cui sono intervenuti diversi lettori: il tema che ho definito dell’"industrializzazione" del settore, ovvero di tutte le modifiche necessarie per migliorare quantità e qualità del servizio, riducendone al tempo stesso i costi. Non ho deliberatamente approfondito questo tema perché l’obiettivo dell’intervento era molto più limitato. Non ho intenzione di affrontarlo in questa breve replica perché il tema è troppo complesso per essere risolto in poche righe. Trovo comunque interessanti e condivisibili alcune delle idee espresse, sia quelle che riguardano l’inserimento della politica sui taxi all’interno della più ampia politica di governo della mobilità (chiusura dei centri storici e dissuasione all’uso del mezzo privato), sia quelle relative all’applicazione delle tecnologie dell’informazione per migliorare il servizio.
In merito a quanto affermato dal signor Genovese vorrei ricordare che l’assegnazione delle 2000 licenze taxi a Roma è avvenuta nella più totale correttezza amministrativa e se vi sono stati episodi illeciti questi hanno riguardato i singoli concorrenti che hanno dichiarato il falso e che per questo verranno perseguiti.
Un’ultima osservazione, che esula dal tema che ho affrontato, ma su cui non riesco a far finta di niente: se è vero che in alcune fasce orarie vi sono molti taxi fermi ai parcheggi, è altrettanto vero che se cerchi un taxi tra le 9 e le 11 te lo puoi scordare: al tempo stesso mi sembra di capire che i noleggiatori di "fuori Roma" sono continuati a crescere anche negli ultimi anni, fino ad arrivare alle 6-7000 unità di cui leggo sulla stampa. Non mi sembra quindi che manchi la domanda: c’è da chiedersi perché i taxi non la intercettino. E la risposta non può essere affidata alle restrizioni ed ai divieti, ma deve essere ricercata in una nuova capacità di far fronte alle esigenze del mercato.
In conclusione vorrei però tornare al tema che più mi sta a cuore oggi: possiamo fare di tutto, possiamo adottare qualsiasi soluzione, purché non si addebitino alla collettività i costi di un servizio che viene utilizzato da una minoranza di cittadini.

CHI PAGA IL TAXI

L’aumento delle tariffe dei taxi a Roma si è trasformato in un pasticcio e la soluzione che si prospetta è la peggiore possibile. Perché una parte dei costi ricadrebbe sulla collettività, ovvero anche su chi mai usufruisce del servizio. Non è solo una scelta ingiusta e iniqua, rischia anche di alterare in modo grave il mercato del trasporto pubblico non di linea e di dare il via a nuovi contenziosi legali. Ma quello che più preoccupa è che nessuna forza politica si oppone in modo esplicito alla manovra, come se i soldi pubblici non fossero soldi dei cittadini.

MAMMA, HO PERSO IL TURISTA

Le voci ufficiali del turismo italiano glissano sui risultati preoccupanti della domanda interna e magnificano le sorti dell’export. Ma le cose non stanno propriamente così: nel 2010 i turisti stranieri hanno fatto registrare cali molto consistenti con perdite economiche per quasi 1,3 miliardi di euro. Mancano all’appello quegli europei che per anni hanno fatto la fortuna di molte località italiane, anche minori. E i tempi della crescita numerica e culturale del nuovo turismo globale rischiano di essere troppo lenti.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Cari lettori,
“300 parole” è una rubrica  in cui i redattori de lavoce.info esprimono punti di vista con lo stile – talvolta polemico e caustico – che caratterizza i “corsivi” della carta stampata. Può dunque rientrare in questo stile lÂ’uso di qualche metafora “forte”.  Se “vestale” –ancorché usato ironicamente- è tutto fuorché un termine con accezione negativa, il termine pasdaran, come nota l’accorto lettore , individua un combattente guidato dalla fede. Appunto.
Ma l’aspetto più rilevante è un altro: ancora una volta notiamo come il tema dell’acqua pubblica tenda immancabilmente a scatenare reazioni viscerali. Proprio per questo lavoce.info ha organizzato, in occasione del Festival dellÂ’economia di Trento, una serie di “pro e contro”, uno dei quali, il 4 giugno a Rovereto avrà come titolo: “La gestione dellÂ’acqua deve essere totalmente pubblica?”
 In quest’occasione i partecipanti all’evento verranno chiamati a votare prima e dopo il confronto tra i relatori. Sarà un esperimento interessante per valutare il valore aggiunto del Festival nel cambiare le percezioni.
Tra i relatori vi sarò anche Ugo Mattei. Dispiace che giudichi il nostro tono “aggressivo e insolente”. Gli assicuriamo che il confronto in occasione del Festival non lo sarà, anzi sarà caratterizzato dall’approccio scientifico che  sempre accompagna gli articoli de lavoce e il festival stesso.
Proprio su queste colonne,  infatti, abbiamo già ampiamente trattato lÂ’argomento  (si veda gli articoli di Scarpa, Ponti, Massarutto) evidenziando in più occasioni come il dibattito mediatico sulla cosiddetta "privatizzazione dell’acqua" sia stato fuorviante visto che il 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 prevede cambi il meccanismo di affidamento e non la proprietà dell’impresa.
Tuttavia l’argomento dell’intervento non era questo, bensì le conseguenze su settori, come quello dei trasporti locali, che con l’acqua nulla hanno che fare e che verrebbero toccati dall’eventuale abrogazione del 23 bisÂ…

I DANNI COLLATERALI DI UN REFERENDUM

In nome dellÂ’acqua pubblica, uno dei quesiti referendari propone lÂ’abrogazione di un intero articolo di legge (il 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008 n.112, più volte modificato). Inutile dire che (contrariamente a quanto vogliono farci credere i pasdaran del referendum) quellÂ’articolo di legge non ha nulla a che fare con la proprietà della “risorsa acqua”, ma solo con le modalità di gestione del servizio idrico. È invece utile sottolineare che il 23 bis (come viene familiarmente chiamato dagli addetti ai lavori) riguarda anche altri servizi pubblici locali, tra cui i trasporti. LÂ’eventuale abrogazione del 23 bis, dunque, riporterebbe il trasporto locale alle norme vigenti prima del giugno 2008. Qualcuno potrebbe fare spallucce e dire “poco male: dopotutto, il 23 bis non innovava granché”. Certo, il 23 bis non era la rivoluzione che alcuni speravano (e altri temevano); ma rispetto alla normativa precedente qualche pregio lÂ’aveva. Vale la pena ricordare che – abrogato il 23 bis – tornerebbero a valere esclusivamente le norme del pasticciato e reticente Regolamento europeo CE/1370/2007 e dellÂ’ormai lontano D.Lgs. 422 del 1997, nelle parti migliori purtroppo superato proprio dal Regolamento europeo. Non fosse altro, il 23 bis dice almeno con chiarezza che la modalità ordinaria di affidamento dei servizi è “la procedura competitiva ad evidenza pubblica” e pone una serie di vincoli agli affidamenti “in house”, cui invece il citato Regolamento comunitario lascia più o meno libero corso. Dunque, se il 23 bis verrà abrogato con il referendum del 12 giugno, liberi tutti di ricorrere al “fatto in casa”.
Chissà come è contento il sindaco di Roma Alemanno del regalo che gli vogliono confezionare le vestali dell’acqua pubblica! Proprio nei giorni scorsi, in previsione di un esito abrogativo del referendum, il leader capitolino ha stretto accordi con i sindacati per confermare ad libitum il regime “in house” del trasporto pubblico romano (il fascino del “casereccio” a Roma è irresistibile) e ha poi accettato le dimissioni di quell’amministratore delegato che, nella bufera dei mesi scorsi, era stato nominato alla guida dell’Atac per riportare un po’ di ordine e di moralità in azienda. Purtroppo, il regalo non sarà solo per Alemanno: infatti è ormai esplicita e dichiarata la volontà di buona parte degli amministratori locali di non fare gare per diminuire il costo dei servizi locali, anche in caso di sprechi vistosi o gestioni dissennate: sono certi che le loro imprese non potranno fallire e che i contribuenti (e gli utenti) alla fine saranno chiamati a pagare. Sono anche convinti, evidentemente, che perderanno meno consensi così facendo piuttosto che ottenendo gestioni più sane e meno costose. Anche solo per dare loro finalmente torto, sarebbe bello che il quesito referendario venisse sonoramente bocciato.

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