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Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 50 di 82

Ricchezza per aria

Lo spettro delle frequenze radio è un bene di proprietà pubblica. Quando arriva nelle mani di operatori che sanno come utilizzarlo, si ottengono benefici collettivi per i cittadini, risparmi per le tasche dei consumatori e incassi per lo Stato. Non in Italia. Come mostra anche l’ultimo esempio delle reti digitali riservate da Agcom a emittenti regionali. Se solo un terzo di quello spettro venisse usato per la telefonia mobile, il governo potrebbe incassare circa 4 miliardi di euro. Gli ostacoli alla tv via cavo, concorrente agguerrito per la banda larga.

Una rete per le piccole imprese

Nasce una rappresentanza della piccola impresa e del lavoro autonomo, R.ete. imprese Italia. Mette assieme le cinque associazioni storiche degli artigiani e dei commercianti e rappresenta nel suo complesso oltre due milioni e mezzo di imprese. Ha davanti alcune sfide, come quella di riuscire a rimanere un soggetto effettivamente autonomo dai partiti senza cedere a tentazioni di neocollateralismo, mentre resta da definire dove si fermerà il processo di aggregazione di altre realtà associative. Ma ancora più importante è il nodo dei rapporti con Confindustria.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringrazio i lettori, anche per la condivisione delle loro esperienze personali, che aiutano a farsi un’idea su cosa è successo durante la crisi del vulcano. I commenti si dividono fra pro (marco ferrari, gia-set, axl, paolospin, Mattia, silvana) e contro (alessandro molinaroli, Ricardo_D, willycoyote) Ryanair. Decisamente una società che si ama o si odia. È importante ribadire due cose. Se ci sono comportamenti illeciti, vanno denunciati e sanzionati. Per il resto, se le politiche aziendali di Ryanair non piacciono, non si è obbligati a volare con loro. Ma il punto principale dell’articolo non voleva essere questo. Il punto è chiedersi se, come recita l’Enac nel suo sito (testualmente, refuso incluso): “Nello svolgimento della propria attività istituzionale di regolazione e controllo del settore aereo l’Ente promuove lo sviluppo dell’Aviaizone  Civile, garantendo al Paese, in particolare agli utenti ed alle imprese, la sicurezza dei voli, la tutela dei diritti, la qualità dei servizi e l’equa competitività nel rispetto dell’ambiente.*” O quanto piuttosto si perseguano obiettivi che ben poco hanno a che fare con gli interessi dei consumatori, ma rispondono a logiche politiche. È una questione che investe tutte le autorità di vigilanza. Le nomine in questi enti vengono spesso fatte con una logica che premia l’appartenenza sulla competenza e sull’indipendenza. Authorities indipendenti e fedeli al loro mandato sono una componente fondamentale per una moderna democrazia ben funzionante. Appunto.

* http://www.enac-italia.it/L’Enac/La_Missione/index.html

 

RYANAIR, ENAC, CONSUMATORI E TASSE IMPLICITE

L’Enac, l’ente governativo che regola il trasporto aereo civile in Italia, ha multato Ryanair per 3 milioni di euro a seguito della mancata assistenza ai passeggeri rimasti a terra durante il blocco dei voli causato dall’eruzione del vulcano islandese. Non sono in grado di giudicare né le colpe della compagnia aerea né l’adeguatezza della sanzione. È giusto che chi viola i diritti dei consumatori paghi. Tuttavia, l’Enac ha sostenuto che “la quasi totalità delle altre compagnie aeree risultano invece aver prestato la dovuta assistenza”: “quasi” non significa tutte. Se altre non lo hanno fatto  –le esperienze personali suggeriscono che i disservizi sono stati diffusi, anche a causa dell’enormità dell’evento– devono essere trattate con la stessa severità. Diversamente, si alimenta l’impressione che l’Enac abbia ingaggiato una guerra contro Ryanair (e le altre compagnie low-cost), osteggiandone le politiche di imbarco (la vicenda dei documenti di riconoscimento dello scorso dicembre) e sorvegliando con particolare solerzia il suo operato. Ryanair fa volare ogni anno milioni di Italiani a prezzi imbattibili, con tassi di puntualità superiori della media dei concorrenti. Indurre la compagnia a lasciare il mercato italiano sarebbe una disdetta per milioni di consumatori, oltre che per i dipendenti della compagnia e per l’indotto. D’altra parte, farebbe felici i “campioni nazionali” su cui il Governo ha investito tanta credibilità, Alitalia in primis e, in misura minore, Trenitalia. Purtroppo, i provvedimenti del Governo riguardo alle politiche per la concorrenza vanno nella direzione di proteggere gli incumbents, con buona pace per i consumatori. Personalmente, non ho nessuna nostalgia di quando si volava sono con compagnie di bandiera. Le tariffe più alte che paghiamo nei settori con poca concorrenza sono vere e proprie tasse implicite  a favore dei produttori. Politiche che scoraggiano le compagnie low-cost ad operare in Italia riducono la concorrenza e sono assimilabili ad aumenti di queste tasse implicite. Non se ne sente il bisogno, particolarmente adesso che le tasse “esplicite” sono destinate a crescere.

LA PRODUZIONE INDUSTRIALE AI MASSIMI. ANZI, NO.

Lo spazio, come il tempo, è tiranno e quindi capita che i titoli dei giornali e dei tg offrano drastiche semplificazioni della realtà. Sarebbe meglio che la semplificazione aiutasse i lettori a capire che la crescita è ricominciata ma che la fine del tunnel è ancora lontana, anziché alternare titoli catastrofici e messaggi rassicuranti a seconda dei giorni. Ecco un esempio sui dati di produzione industriale. Dei problemi dell’informazione si discuterà al prossimo Festival dell’Economia di Trento.

LA SETTIMANA LUNGA DEI PREZZI*

Un tetto settimanale imposto ai prezzi dei carburanti può rivelarsi inutile e addirittura controproducente, come mostra l’esperienza di altre tariffe predeterminate per periodi più o meno lunghi. Infatti il meccanismo può indurre gestori e compagnie a fissare cautelativamente prezzi artificiosamente alti. Una campagna informativa e una rimodulazione delle imposte sarebbero probabilmente molto più efficaci per scoraggiare i rincari.

DUE ANNI DI GOVERNO: CONCORRENZA E LIBERALIZZAZIONI

Liberalizzazioni e promozione della concorrenza erano stati uno dei tratti più marcati del governo Prodi nella precedente legislatura. Il governo Berlusconi non ha seguito la stessa linea, pur rifacendosi, tra le sue diverse anime, anche a una componente liberale.
Tra i suoi primi atti, la gestione della vicenda Alitalia e la creazione della cordata italiana Alitalia-Cai con la fusione tra compagnia di bandiera e Airone. Protagonista nella campagna elettorale del 2006 di una forte opposizione al progetto di acquisizione da parte di Air-France Klm in nome dell’italianità, una volta al governo, il centro-destra ha promosso una soluzione sotto molti punti di vista inferiore a quella francese: dal punto di vista del contribuente, che si è dovuto accollare circa 3 miliardi di debiti che sarebbero stati rilevati dai francesi. E dal punto di vista dei viaggiatori, ossia, in tema con l’argomento di questa scheda, sotto il profilo della concorrenza. La fusione tra Alitalia e Airone ha infatti creato situazioni di sostanziale monopolio su molte rotte interne, inclusa quella strategica tra Linate e Fiumicino. Per consentire il completamento dell’operazione, il governo ha sospeso temporaneamente i poteri dell’Antitrust nel valutare l’operazione.
In questi ultimi due anni, inoltre, non sono state proseguite le liberalizzazioni nei servizi professionali, sui quali le “lenzualate” del ministro Bersani avevano predisposto un punto di partenza che richiedeva la dettagliata implementazione in ciascuno dei settori interessati. Nulla è invece successo, e gli ordini professionali hanno avuto buon gioco nel riportare la barra verso la difesa degli interessi di categoria. L’aspetto più marcatamente anti-competitivo riguarda la riforma dell’avvocatura, approvata dalla commissione Giustizia del Senato. Sono reintrodotte le tariffe minime, “inderogabili e vincolanti”. Sono vietati accordi fra cliente e avvocato che prevedano il pagamento di una parcella solo nel caso che la causa sia vinta (contingency fees). La pubblicità, seppur non vietata, viene fortemente regolamentata. Viene ampliata la riserva di attività degli avvocati nel campo della consulenza legale e nelle procedure arbitrali. L’esame di abilitazione diviene più oneroso, così come le condizioni di praticantato, senza riconoscere ai praticanti nessun diritto di compenso. Si ribadisce il divieto di esercitare l’attività organizzandosi in società di capitali. Nelle intenzioni del ministro della Giustizia Alfano, questo approccio sarà applicato a tutte le categorie di professionisti entro la fine della legislatura. Non solo non si liberalizza, ma si smontano i pochi provvedimenti riformatori fatti in Italia negli ultimi quindici anni, fondamentalmente le “lenzuolate” di Bersani.
Scarsi i progressi per quanto riguarda la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, tema che aveva peraltro già trovato anche nella scorsa legislatura un fuoco di sbarramento trasversale. Più promettente, anche se nelle sue fasi preliminari, il provvedimento relativo all’affidamento ai privati della gestione dei servizi idrici.
Criticabile anche l’introduzione di norme anti-scalata da parte della Consob, con la benedizione del governo, nella fase più acuta della crisi, motivata anche in questo caso con la difesa dell’italianità delle imprese quotate. 

TITO BOERI E CARLO SCARPA REPLICANO A MARCO FORTIS

Ci fa piacere notare che Marco Fortis sul Sole24ore del 25 aprile riconosca finalmente che il nostro paese è in crisi e potenzialmente in declino. Lo fa però accusandoci di mostrare poco rispetto nei confronti degli imprenditori. Nel nostro intervento sollevavamo un punto di metodo (che non riguarda le imprese, ma chi produce nuovi indici e commenta  i dati) sostenendo che confrontare i valori è più utile di un conteggio dei settori. Il fatto che il made in Italy si affermi in tanti comparti ci fa (ovviamente!) solo piacere.  Abbiamo sottolineato (anzi, lo ha scritto Confindustria che speriamo non sia accusata di scarso rispetto per gli imprenditori) che la competitività del nostro paese è in declino. Su questo, di nuovo, i dati di Confindustria ci sembrano più utili della conta dei settori.
Abbiamo poi fatto notare che i dati (sui quali Fortis torna) dal 2005 al 2008 sono relativamente confortanti solo se uno:

– ignora che l’import resta comunque superiore all’export (dal 2004 a oggi, il saldo commerciale del paese è sempre stato negativo)

– ignora che a fronte della crescita dell’export l’import aumenta ancora di più

– ignora il fatto che invece dal 2000 al 2003 il saldo commerciale del paese era positivo. (si veda la tabella allegata).

Se vogliamo consolarci, possiamo sempre trovare delle ragioni per farlo. L’eterogeneità tra le nostre imprese è grande, e per fortuna continua a presentare indubbie punte di eccellenza, che peraltro creano filiere produttive più all’estero che in Italia.
Se invece vogliamo guardare ai numeri leggiamoli a partire dai dati aggregati. Questi ci indicano le condizioni in cui opera la media delle nostre imprese e la dinamica della produttività, che è, al tempo stesso, la chiave per la crescita e la competitività.

GAS: E CHI TUTELA IL CONSUMATORE?

A dieci anni dalla liberalizzazione, il governo pensa a una nuova riforma del mercato del gas. Partendo dalla scadenza dei tetti antitrust. L’idea è di rimuoverli e nel contempo coinvolgere i grandi consumatori industriali negli investimenti in nuova capacità di stoccaggio, permettendogli di partecipare subito alla spartizione della rendita legata alla differenza tra prezzi invernali e prezzi estivi. Ma chi tutela i piccoli consumatori? Il rischio di dar vita a una anti- Robin Tax.

GIOCOLIERI CON LE CIFRE

In tempo di crisi, capita spesso che i numeri sull’andamento dell’economia non piacciano ai governi. In Italia si cerca di oscurare i dati più importanti con una marea di indicatori parziali, non poche volte irrilevanti o costruiti in modo tale da essere del tutto fuorvianti. E si rifiuta il sistema con cui l’Istat mette insieme tutte le informazioni in indicatori aggregati. Noi continuiamo a difendere le fonti statistiche ufficiali e a pensare che i dati sui redditi medi offrano un’idea più precisa del benessere degli italiani di quelli sulle esportazioni.

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