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Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 64 di 85

Un’aspirina per la concorrenza

Nel corso degli ultimi due anni, due interventi normativi (il Decreto Storace e il Decreto Bersani) hanno inciso sulla determinazione del prezzo al pubblico dei farmaci da banco e sulla loro distribuzione. Un’indagine di Altroconsumo mostra come l’aumentare dei punti vendita stia stimolando una diminuzione dei prezzi nelle stesse farmacie. Con piccoli risparmi per le famiglie.

E sui servizi pubblici locali la liberalizzazione finisce qui

Merito indiscutibile del processo di riforma dei servizi di pubblica utilità, avviato a metà anni Novanta, è l’aver attribuito una dimensione imprenditoriale alla loro organizzazione. Proprio ciò che ora viene rimesso in discussione, in particolare per quanto riguarda il servizio idrico. Si diffonde infatti una prorompente voglia di municipalizzazione. Ma come possono asfittiche e anacronistiche aziende pubbliche, monopolizzate dalla politica, con microscopici bacini di utenza, raccogliere la sfida tecnologica e industriale di questi settori?

Il protezionismo di parte

Il ricorso sistematico al protezionismo di parte è funzionale alla preservazione della tradizione ideologica, che identifica destra e sinistra con i fattori di produzione capitale e lavoro. Ma è al tempo stesso la ragione vera dell’incapacità di cambiamento della politica di fronte alla globalizzazione, della resistenza a estendere gli interessi politici al livello europeo, nonché della perdita di credibilità della politica e di chi governa. Ecco perché il Partito democratico e quello delle Libertà non possono ancora nascere.

Dai telefoni alle autostrade: la strana storia del “decreto fantasma”

Per bloccare la fusione Autostrade-Abertis, due ministri sono giunti a evocare una norma dello Stato che non esiste. Per niente chiari i motivi delle interferenze sulla vendita Telecom. Possedere un’impresa espone quindi a rischi diversi dai mutamenti delle condizioni di mercato o della tecnologia: il rischio politico costituisce un fattore autonomo e anche molto concreto. E diventa rapidamente un problema dei consumatori, quando si traduce in un maggiore costo del capitale e, di conseguenza, in un aumento, o in una minore diminuzione, delle tariffe.

Se la rete arriva a una muraglia cinese

La creazione di una società indipendente per la gestione della rete di distribuzione locale di telefonia fissa è un tema assai importante, portato alla ribalta dalla vicenda Telecom. Ma un modello di questo tipo potrà funzionare solo se verrà gestito in modo veramente autonomo, con un consiglio di amministrazione formato da personalità indipendenti sia dalle imprese che dal potere politico. Altrimenti la nuova struttura sarebbe solo una perdita di tempo e uno spreco soldi, a danno del consumatore finale e del futuro delle telecomunicazioni italiane.

Fino all’ultimo miglio

La discussione sul futuro della rete fissa di Telecom sembra incanalarsi sulla strada giusta, ma occorre evitare che le nuove regole siano in contrasto con il diritto comunitario. Deve essere opportunamente giustificata e motivata la decisione di attribuire all’Agcom ulteriori poteri. Che devono essere delimitati da chiari principi di necessità e proporzionalità rispetto alla finalità di garantire l’accesso in condizioni di uguaglianza alla rete fissa non duplicabile. Un buon quadro regolatorio fornisce anche la risposta alle preoccupazioni sugli investimenti.

Ma a Telecom serve una strategia industriale

Il dibattito su Telecom Italia si incentra per lo più su questioni societarie e economico-finanziarie, lasciando in secondo piano gli aspetti industriali. Invece la strategia industriale della società è un fattore importante per lo sviluppo del paese. E nel medio-lungo periodo ne è necessaria una che sappia coniugare la piena valorizzazione delle nuove tecnologie, la possibilità di rilanciare gli investimenti nel settore, la nascita di nuove imprese e la promozione del patrimonio di competenze e asset già acquisiti.

All’ombra delle piramidi

Il problema delle piramidi societarie torna di attualità con la vicenda Telecom. Rappresenta indubbiamente un freno alla crescita e allo sviluppo dei mercati finanziari, perciò è stato più volte affrontato in sede comunitaria ed è tuttora oggetto di discussioni. Alcuni interventi sono stati realizzati, anche nel nostro paese. Ma è l’autoregolamentazione che può fare di più, in attesa di un ripensamento complessivo della disciplina degli assetti proprietari.

Di cosa parliamo quando parliamo di reti

Si discute molto dell’infrastruttura di rete di proprietà Telecom e del destino che potrebbe subire nell’eventualità dell’arrivo di At&t. Il controllo pubblico non sembra desiderabile proprio perché si tratta di un’infrastruttura complessa e “intelligente”, che condiziona il tipo di servizi erogabili. E perché si invoca ora una “soluzione inglese”? Gli interessi degli utenti e del sistema paese richiedono operatori che abbiano adeguati incentivi, know-how e risorse finanziarie per investire nello sviluppo delle componenti hardware e software di rete.

Privatizzazioni, davvero si poteva fare meglio?

I casi Autostrade e Telecom ridanno voce ai critici delle privatizzazioni. In particolare, per la mancata liberalizzazione e regolazione delle utilities e per l’inefficienza della struttura proprietaria. Il processo di dismissione si realizzò infatti sotto i vincoli della crisi finanziaria e del timore di fallire l’ingresso nell’euro. E’ così mancata una profonda revisione delle istituzioni economiche che influenzano il mercato dei diritti proprietari. Ma non è lasciando un ruolo attivo allo Stato nel controllo delle imprese che si realizza una economia aperta.

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