Gli attori del mercato finanziario hanno approfittato della creazione di barcollanti strumenti di debito ma non pagheranno il grosso del costo della crisi e le perdite ricadranno sulle spalle degli investitori finali. Vanno corrette tre cose: le stime del credito, valutazioni della negoziabilità degli asset e la trasparenza nel mercato al dettaglio delle attività finanziarie.
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Si dice che nel nostro paese gli investimenti esteri siano scarsi. In realtà , molti settori sono da tempo caratterizzati da imprese a controllo straniero che detengono quote importanti dell’attività nazionale. E se la nostra specializzazione produttiva è fondata sulle Pmi, gli investitori esteri sono invece attratti in Italia dalle medio–grandi che portano in dote alte quote di mercato. Ma la paura dello straniero è maggiore quando sono coinvolte alcune specifiche aziende definite, spesso impropriamente, a valenza pubblica.
Con una recente sentenza, la Corte Suprema ha eliminato il divieto “per se” per il produttore di imporre un prezzo minimo al dettaglio al distributore, che pur con alterne vicende resisteva dal 1911. Si procederà d’ora in avanti con la logica del caso per caso. Eppure, la letteratura economica mette molto più l’accento sui rischi anticompetitivi che sui vantaggi sociali del prezzo minimo imposto. E dunque la vecchia regola avrebbe forse tutelato meglio i consumatori. Rimane adesso da vedere quale orientamento prenderà la Commissione europea.
I conglomerati sembrano avere il vento in poppa. A Wall Street e soprattutto sui mercati emergenti. Eppure analisti finanziari e accademici sostengono che solo la specializzazione nel core business crea valore. In realtà , non c’è nulla di intimamente sbagliato nella diversificazione. E quando il sistema di incentivi è chiaro e stimola la cultura imprenditoriale, un numero elevato di gruppi dalle attività disparate ottiene risultati superiori a quelli del mercato. Tuttavia in economia il determinismo non paga e molto dipende dal contesto e delle circostanze.
L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato un regolamento che costituisce lo scheletro dell’asta per assegnare le licenze WiMax, la nuova tecnologia di accesso radio a banda larga. Due sembrano essere gli obiettivi: efficienza allocativa e apertura del mercato a nuovi operatori. Ma è di cruciale importanza che il numero delle licenze sia stato definito dopo aver ponderato realisticamente il numero di potenziali partecipanti. Importare meccanicamente un modello di successo da un altro mercato rischia di minare gli obiettivi prefissati.
La presenza degli enti locali e regionali nella vita economica del paese è un fenomeno importante anche se poco indagato. Una recente ricerca ha provato a misurare la loro partecipazione nel capitale delle imprese. I comuni più ricchi, in termini di capitale a bilancio, sono Milano, Roma e Torino. Ma se si considera la dimensione della città , in testa è Brescia, seguita da Aosta. Le imprese energetiche sono considerevoli fonti di reddito. Effetti benefici dell’apertura al capitale privato in termini di redditività ed efficienza gestionale.
Per vendere Alitalia si rischia che a pagare siano ancora una volta i contribuenti. Per “salvare” i privilegi di qualche migliaio di lavoratori, spesso assunti per ragioni clientelari e pagati stipendi fuori mercato. E se a comprare sarà AirOne, rischiano di pagare anche i consumatori, che vedranno scomparire la concorrenza tra Linate e Fiumicino. Un ulteriore costo sarà poi la perdita di reputazione dell’Autorità antitrust, nel caso decida di non intervenire. Sembra un gioco a somma molto negativa.
L’Antitrust lancia un monito severo sugli intrecci azionari tra le imprese bancarie e tra queste e il settore assicurativo. E le recenti concentrazioni impongono alla analisi concorrenziale una attenta valutazione degli strumenti. Interventi di tipo preventivo hanno dubbia efficacia. In attesa dei risultati dell’indagine sui rapporti tra libertà di mercato e corporate governance nel settore finanziario, si potrebbero varare misure di stimolo alla concorrenza che puntino ad aumentare la mobilità dei consumatori senza intervenire sulla struttura dell’offerta.
Nel corso degli ultimi due anni, due interventi normativi (il Decreto Storace e il Decreto Bersani) hanno inciso sulla determinazione del prezzo al pubblico dei farmaci da banco e sulla loro distribuzione. UnÂ’indagine di Altroconsumo mostra come lÂ’aumentare dei punti vendita stia stimolando una diminuzione dei prezzi nelle stesse farmacie. Con piccoli risparmi per le famiglie.
Merito indiscutibile del processo di riforma dei servizi di pubblica utilità , avviato a metà anni Novanta, è l’aver attribuito una dimensione imprenditoriale alla loro organizzazione. Proprio ciò che ora viene rimesso in discussione, in particolare per quanto riguarda il servizio idrico. Si diffonde infatti una prorompente voglia di municipalizzazione. Ma come possono asfittiche e anacronistiche aziende pubbliche, monopolizzate dalla politica, con microscopici bacini di utenza, raccogliere la sfida tecnologica e industriale di questi settori?