La Corte di giustizia europea riconduce l’in house a un soggetto che opera dentro la pubblica amministrazione ed è funzionale al perseguimento degli interessi generali. Invece, nel nostro paese si conferma il timore della concorrenza in settori cruciali, come i servizi pubblici locali. L’adozione di misure liberalizzatrici più spinte nei settori a chiara vocazione industriale, potrebbe indurre la pubblica amministrazione a cercare di catturare i vantaggi di un mercato effettivamente concorrenziale, a beneficio della sua crescita professionale e degli utenti.
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Le associazioni di categoria hanno reagito con severità nei confronti dei soggetti coinvolti nelle recenti vicende giudiziarie. Tuttavia, nessuno si è chiesto cosa fare prima, per evitare che si ripetano i fenomeni patologici. Invece, una associazione che sappia definire in anticipo rigorosi standard di comportamento con idonee procedure di monitoraggio e di sanzione, non diverrebbe certo immune dalle illegalità, ma sarebbe in grado di ricostituire quel capitale di fiducia del quale le nostre relazioni economiche hanno oggi straordinario bisogno.
E’ un problema il mancato aggiustamento agli squilibri delle bilance commerciali mondiali dovuti al rialzo dei prezzi del greggio. Aumentano infatti i rischi di un ribasso del dollaro, con conseguente brusco rialzo dei tassi di interesse Usa e successiva recessione. Soprattutto per l’Italia. Servono azioni di politica economica. Nei paesi esportatori dovrebbe aumentare la spesa in educazione e infrastrutture, con effetti positivi permanenti sulla crescita e sugli standard di vita. Nei paesi importatori, bisogna invece arrivare a una riduzione dei consumi di petrolio.
Il rilancio della competitività passa anche dall’assetto del settore dei servizi pubblici locali a rilevanza industriale. La situazione attuale infatti non pare aver realizzato alcun intervento a favore della concorrenza “per il mercato” e neppure a favore di quella “nel mercato”. Si rischia così di accrescere le inefficienze a danno dei cittadini. La via da percorrere è la creazione di fondazioni che permettano la completa separazione tra gestione del patrimonio con finalità pubbliche e gestione delle imprese industriali con finalità imprenditoriale.
Per individuare dove si annida un deficit di concorrenza nel sistema bancario italiano più che con i rischi del monopolio, occorre misurarsi con quegli aspetti di organizzazione del settore che favoriscono comportamenti collusivi. L’Autorità di vigilanza ha sostenuto il processo di una riorganizzazione efficiente, ma lo ha perseguito con l’obiettivo di controllare e governare l’evoluzione dell’assetto industriale. La preoccupazione è che questa circostanza abbia esaltato i fattori di coordinamento tra le banche, condizionandone l’interazione concorrenziale.
A privatizzazioni e liberalizzazioni sono dedicate poche righe nel programma della Casa delle libertà, molte pagine in quello dell’Unione. Con una premessa comune: privatizzare senza liberalizzare è stato un errore. Una tesi che negli anni Novanta servì a ritardare l’avvio del processo di privatizzazione. La Cdl sottolinea l’importanza delle liberalizzazioni. Tema trattato in modo molto esteso dall’Unione. Che tuttavia per le professioni non si spinge fino al punto di proporre l’abolizione degli ordini
I politici hanno un atteggiamento ambivalente verso gli investimenti diretti dall’estero. Li apprezzano, ma vorrebbero fermarli quando significano la perdita di controllo su un’impresa ritenuta strategica. D’altra parte, spesso si attribuisce a questo dato troppa importanza. Soprattutto, se si guarda allo stock di investimenti e non al flusso. O se si prendono le cifre complessive senza considerare la loro composizione. Per esempio, misurati tenendo conto di questi elementi, gli Ide sembrano essere marginali e le posizioni di Francia e Germania si invertono.
Nell’ultimo anno i prezzi dei carburanti sono notevolmente aumentati. All’origine dei rincari vi sono l’aumento delle quotazioni del greggio e le strozzature nella raffinazione. Ma sui prezzi alla pompa del gasolio si è scaricato anche un sensibile aumento del margine di distribuzione, destinato a remunerare la compagnia petrolifera e la distribuzione al dettaglio. E’ cresciuto di circa il 30 per cento. Le compagnie e i distributori finali potrebbero aver compensato la discesa dei volumi di vendita di benzina con un aumento dei margini unitari sul gasolio.
L’assenza di un confronto con il mercato rischia di vanificare il risanamento di Poste italiane, proprio quando la liberalizzazione diviene ineludibile e la concorrenza inizia a essere efficacemente tutelata. Dalla riorganizzazione dei servizi postali non sono derivati guadagni di efficienza, che avrebbero potuto essere trasferiti almeno al contribuente, riducendo l’onere sulla finanza pubblica. Una seria riforma del mercato e della regolazione è indispensabile e non può essere ulteriormente subordinata alle esigenze dello Stato-proprietario.
Il programma dell’Unione è abbastanza vago sulla riforma del commercio, peraltro mai menzionata dalla Casa delle libertà. Estrema prudenza di entrambi gli schieramenti sugli ordini professionali. Quanto al governo dei settori, l’Unione batte molto sul tema delle Autorità indipendenti, da potenziare. Ma lascia perplessi il riferimento alle clausole sociali (scusa tradizionale per svuotare le liberalizzazioni) e l’affermazione che la proprietà delle reti deve rimanere pubblica. Mentre la Cdl elenca obiettivi senza indicare le azioni da intraprendere.