I nuovi provvedimenti sul commercio intervengono su alcune tematiche specifiche che la riforma del 1998 non aveva toccato. Soprattutto, però, si indicano alcuni principi generali da porre alla base dello svolgimento di qualunque attività di distribuzione commerciale, fondati sulla tutela della concorrenza e del consumatore. Temi sui quali si rivendica una competenza statale. Le Regioni, che hanno competenza esclusiva sul commercio in base al Titolo V della Costituzione, hanno infatti dimostrato di essere molto esposte alle pressioni degli interessi in causa.
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Per i taxisti la licenza è come una pensione: quando decidono di ritirarsi dalla vita attiva la vendono e, col ricavato, si procurano un reddito per il resto dei loro giorni. Comprensibile dunque che si oppongano alla perdita in conto capitale che potrebbe seguire dalla liberalizzazione. Ma chi protesta non si è reso conto che il provvedimento varato dal Governo prevede misure di compensazione, tanto che la perdita sarebbe molto contenuta. Certo non sarà così se continueranno con le loro esasperate forme di lotta.
Al di là dei contenuti, è il metodo che rappresenta la vera, piacevole sorpresa del decreto Bersani: il Governo nato sbandierando il ritorno della concertazione ha esordito con il suo opposto. Il nuovo esecutivo deve però dimostrare ora di sapersi smarcare dai sindacati, da Confindustria, e da altre categorie professionali, quali giornalisti, professori universitari e piloti dell’Alitalia, finora risparmiate da tutti i governi. Altrimenti anche la meritoria iniziativa di questi giorni rimarrà troppo isolata per incidere effettivamente.
Analizziamo i punti principali del decreto Bersani. La norma sui rapporti tra banca e cliente introduce maggiore trasparenza e ha un positivo impatto sulla concorrenza. Potrebbe però irrigidire la gestione dei tassi d’interesse. Aumentare l’offerta di servizio taxi è il primo passo per eliminare una significativa anomalia italiana. Ma i comuni si avvarranno effettivamente delle possibilità loro concesse? Per le libere professioni sarebbero necessarie alcune integrazioni. Come la tariffa a forfait per i professionisti e la liberalizzazione delle licenze delle farmacie.
Vincere le resistenze politiche ed elettorali alle riforme strutturali è possibile. Governi con ampie maggioranze parlamentari e internamente coesi possono imporre alle opposizioni parlamentari interventi che interessino un vasto strato dell’economia e che favoriscano, nel medio periodo, il loro elettorato. Per Governi meno forti, è invece necessaria una fase di costruzione del consenso politico attraverso la concertazione tra le diverse forze in campo. Soprattutto, però, serve informazione sui costi e i benefici presenti e futuri delle riforme.
La Corte di giustizia europea riconduce l’in house a un soggetto che opera dentro la pubblica amministrazione ed è funzionale al perseguimento degli interessi generali. Invece, nel nostro paese si conferma il timore della concorrenza in settori cruciali, come i servizi pubblici locali. L’adozione di misure liberalizzatrici più spinte nei settori a chiara vocazione industriale, potrebbe indurre la pubblica amministrazione a cercare di catturare i vantaggi di un mercato effettivamente concorrenziale, a beneficio della sua crescita professionale e degli utenti.
Il prezzo dell’elettricità in Italia resta ai vertici europei, mentre nel gas abbiamo attraversato un inverno a rischio grazie al monopolista nazionale che blocca lo sviluppo delle infrastrutture. Il disegno di legge del ministro Bersani dà solo indicazioni generiche. Forse riparte il processo di liberalizzazione dei mercati energetici. Ma a Eni si dovrebbe imporre di cedere la rete gas. E nell’elettricità occorrerebbe sviluppare meglio la rete di trasmissione, potenziando i collegamenti, per evitare le congestioni.
Le associazioni di categoria hanno reagito con severità nei confronti dei soggetti coinvolti nelle recenti vicende giudiziarie. Tuttavia, nessuno si è chiesto cosa fare prima, per evitare che si ripetano i fenomeni patologici. Invece, una associazione che sappia definire in anticipo rigorosi standard di comportamento con idonee procedure di monitoraggio e di sanzione, non diverrebbe certo immune dalle illegalità , ma sarebbe in grado di ricostituire quel capitale di fiducia del quale le nostre relazioni economiche hanno oggi straordinario bisogno.
E’ un problema il mancato aggiustamento agli squilibri delle bilance commerciali mondiali dovuti al rialzo dei prezzi del greggio. Aumentano infatti i rischi di un ribasso del dollaro, con conseguente brusco rialzo dei tassi di interesse Usa e successiva recessione. Soprattutto per l’Italia. Servono azioni di politica economica. Nei paesi esportatori dovrebbe aumentare la spesa in educazione e infrastrutture, con effetti positivi permanenti sulla crescita e sugli standard di vita. Nei paesi importatori, bisogna invece arrivare a una riduzione dei consumi di petrolio.
Il rilancio della competitività passa anche dall’assetto del settore dei servizi pubblici locali a rilevanza industriale. La situazione attuale infatti non pare aver realizzato alcun intervento a favore della concorrenza “per il mercato” e neppure a favore di quella “nel mercato”. Si rischia così di accrescere le inefficienze a danno dei cittadini. La via da percorrere è la creazione di fondazioni che permettano la completa separazione tra gestione del patrimonio con finalità pubbliche e gestione delle imprese industriali con finalità imprenditoriale.