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Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 76 di 86

Settore bancario, la miglior difesa è l’attacco

Il mercato europeo del corporate e investment banking non è impenetrabile. Il successo di attori regionali europei fa ritenere che vi sia ancora spazio per operatori italiani che sappiano cogliere la sfida. I costi legati alla fusione di grandi gruppi, per esempio l’emergere di posizioni dominanti in alcune regioni, sarebbero di gran lunga compensati dai benefici che ne conseguirebbero per l’intera economia. Una specializzazione nelle attività all’ingrosso potrebbe anche favorire il processo di crescita dimensionale delle medie imprese italiane.

Le banche estere sono cattive?

Il dibattito degli ultimi mesi sembra dare per scontato che la presenza di banche straniere sia dannosa per il nostro sistema economico. Mentre l’esperienza mostra che è vero il contrario. Nel paese di destinazione dell’investimento estero si ha una crescita dell’efficienza complessiva del sistema bancario, con effetti positivi sullÂ’intera economia. Se invece si crede che il sistema bancario italiano non sia ancora pronto per fronteggiare la concorrenza delle grandi istituti europei si apre un’altra questione: perché considerare terminata la sua ristrutturazione?

Banche: i costi della mancata concorrenza

Gli ultimi dati aggiornati da Cap Gemini confermano che in Italia i costi dei servizi bancari sono più alti rispetto agli altri paesi Ocse. Riproponiamo ai nostri lettori un intervento che documentava i costi della mancata concorrenza in Italia e alleghiamo le nuove tabelle tratte dallo studio Cap Gemini.

Assicurati a caro prezzo

Negli ultimi dieci anni, i prezzi dei servizi assicurativi in Italia sono aumentati quattro volte di più della media europea. Accade perché nel nostro paese manca una cultura assicurativa diffusa. Ma soprattutto perché la concorrenza nel settore non è molto efficace. E dunque deve essere rafforzata. Mantenendo la vigilanza sulle condotte delle imprese, con interventi strutturali che rafforzino l’apertura dei mercati e la trasparenza dell’offerta. E per l’assicurazione Rc auto appare indispensabile intervenire ulteriormente sulla struttura dei costi.

Molta retorica per l’anatocismo

LÂ’anatocismo non è da guardare a priori con ostilità. In un conto corrente bancario è indissolubilmente legato alla presenza dellÂ’interesse. E se si regolano le frequenze di capitalizzazione ci si devono attendere nuovi equilibri nei quali i tassi di interesse debitori a capitalizzazione trimestrale vengono soppiantati da equivalenti e più elevati tassi a capitalizzazione annuale. La regolamentazione dellÂ’anatocismo non si giustifica dunque per una questione di prezzo del denaro, bensì per ragioni di trasparenza e di controllo. Costanza Torricelli commenta l’articolo; la controreplica degli autori.

Porte socchiuse alla concorrenza

Si può discutere sulla scelta di conferire alla Banca d’Italia un ruolo di regista e non di arbitro nel processo di concentrazione bancaria. Ma i dati mostrano che la forte potestà di coordinamento è stata utilizzata anche per tenere sotto controllo il potere di mercato delle nuove banche, evitando danni a consumatori e imprese. Tuttavia, resta scarsa la concorrenza all’interno del settore, con una ridotta mobilità della domanda, legata anche agli elevati costi di chiusura del rapporto. Ai quali si potrebbe iniziare a ovviare con alcuni semplici accorgimenti.

La prima banca non si scorda mai

L’Autorità garante della concorrenza avvia un’indagine sui costi che gli utenti devono affrontare se decidono di cambiare banca. La presenza di costi di cambiamento non implica di per sé un comportamento abusivo delle norme antitrust, però conferisce alle imprese potere di mercato e procura quindi maggiori profitti a scapito di clienti ed efficienza economica. La soluzione consiste nell’eliminare gli ostacoli alla mobilità dei consumatori. Ma il conflitto istituzionale tra Banca d’Italia e Agcm in materia di assetto del settore e di concorrenza rischia di complicare tutto.

Un’Opa dai molti interrogativi

E’ in corso l’Opa di Telecom su Tim. La lettura della documentazione ufficiale pone agli osservatori questioni di natura industriale e finanziaria. Il documento di offerta è vago sui vantaggi che deriveranno dalla fusione fisso e mobile, negando al mercato informazioni essenziali. Positivo invece che prosegua la marcia di accorciamento della catena di controllo del gruppo. I problemi finanziari riguardano invece l’entità delle adesioni allÂ’Opa, l’equità dei concambi Telecom-Tim e la sostenibilità del debito. Mentre un grande gruppo industriale italiano viene pezzo a pezzo sacrificato.

Ma Antitrust è una parola straniera?

Le Autorità indipendenti nascono e si giustificano come particolare soluzione istituzionale a tutela di diritti diffusi. Tuttavia, la competenza nello svolgere il mandato e l’indipendenza sono requisiti che derivano dalla quotidiana attività dei commissari. Composizione e meccanismi di nomina divengono perciò uno snodo cruciale che può favorire o limitare lÂ’attività di una Autorità indipendente. E sono molti i segnali che fanno ritenere conclusa la stagione che ha visto l’Italia protagonista a livello internazionale nella tutela della concorrenza.

Chi ha paura dell’Autorità?

L’Autorità antitrust è forse l’unica istituzione pubblica italiana che cerca di tutelare e promuovere la concorrenza, la cui gracilità è il vero punto debole del nostro sistema economico e politico. Il risultato delle recenti nomine, e di quelle che potrebbero arrivare in futuro, è invece un indebolimento dell’Antitrust. Di cui si avvantaggerà tutta l’area dei servizi, che in Italia ha una configurazione di mercato fortemente concentrata, quasi monopolistica. Senza dimenticare che a questa Autorità è affidato il controllo sul conflitto di interessi.

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