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Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 79 di 86

Commercio estero

Commercio estero

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Occorrerebbe introdurre dazi nei confronti delle esportazioni dalla Cina?

 No. Più che auspicare restrizioni per le merci dei Paesi emergenti, il governo italiano si deve battere in sede comunitaria e interno per ottenere una reale reciprocità di trattamento negli scambi internazionali. No. La concorrenza cinese non è il vero problema dell’industria italiana.No. Le difficoltà dell’export italiano sono dovute al cambio sfavorevole dollaro euro. No occorrono dazi ma che le regole del Wto siano rispettate.  No. No. Bisogna puntare sulla qualità produttiva per vincere la concorrenza Bisognerebbe affidare al Wto un potere di controlloNo. Il sistema italiano, che non può più contare sulle svalutazioni della moneta, deve essere perciò orientato a valorizzare meglio le proprie capacità imprenditoriali e di innovazione.
 

Pensate che si debba spendere di più a favore della ricerca applicata a livello comunitario e nazionale?

Si. Le spese per la ricerca vanno aumentate sia dal versante pubblico, sia dal versante privato. Si potrebbe pensare ad una defiscalizzazione delle spese di R&SSi Aumentare le risorse per la ricerca applicata a livello europeo è importante, magari togliendo alcune risorse alle politiche agricole. Si Bisogna incentivare la ricerca applicata nei settori di maggior “successo” , evitando finanziamenti a pioggia. Si. A livello nazionale è necessario aumentare il prelievo fiscale per finanziare la ricercaSi. La ricerca dovrebbe essere condotta a livello europeo.Si . Lo spazio di ricerca europeo permetterà di incrementare la cooperazione tra le università , i centri di ricerca e le imprese
 

Avete intenzione di incoraggiare gli investimenti all’estero delle imprese italiane?

Si. Le imprese italiane dovrebbero aumentare gli investimenti italiani all’estero. Ci sarebbe un aumento dei posti di lavoro in Italia, dove rimarrebbero i centri produttivi.Si Aumentare le risorse per la ricerca applicata a livello europeo è importante, magari togliendo alcune risorse alle politiche agricole.  SiNo, gli investimenti privati devono essere totalmente liberiSi. Anche verso l’America Latina  Si. E dobbiamo anche incoraggiare l’arrivo di imprese estere nel nostro Paese.
       

L’insostenibile spreco di risorse della Pac

La Politica agricola comune (Pac) costa alle famiglie europee oltre cento miliardi di euro allÂ’anno. Oltre lÂ’80 per cento dei sussidi alle esportazioni pagati nel mondo sono finanziati dai contribuenti europei, che pagano anche i tre quarti circa di sussidi agricoli finalizzati al sostegno dei prezzi. Gli effetti sui mercati internazionali sono molteplici e significano minor benessere e minor ricchezza non solo per i paesi poveri. Il problema si aggrava ora con lÂ’estensione della Pac ai nuovi Stati membri Ue. Eppure di questo grande spreco di denaro pubblico si parla molto poco.

La tela di Penelope della tutela del risparmio

I ritardi nella definizione del progetto di legge di tutela del risparmio nascono dalla scelta di trattare i problemi di governance delle imprese e di conflitti di interesse degli operatori di mercato assieme alla riforma delle autorità di vigilanza, fra l’altro con soluzioni non sempre convincenti. Meglio sarebbe separare le due materie e completare l’iter del progetto di legge di tutela del risparmio. In attesa di un riassetto complessivo delle autorità, si potrebbe procedere con il solo potenziamento dei poteri di indagine di Consob.

Perché le imprese non crescono?

Sei ragioni per cui lÂ’impresa fatica a crescere in Italia. Tra queste, anche la scarsa proiezione multinazionale delle nostre imprese e aziende familiari poco orientate ad aprirsi al capitale esterno. Mentre i distretti subiscono lÂ’attacco competitivo dei nuovi paesi concorrenti nella fascia medio-bassa dei prodotti. Senza dimenticare il ruolo dei fattori “ambientali”.

Come si dice Malpensa in cinese?

Non sappiamo cosa succederà ad Alitalia. Ma è certo che Malpensa – indebolito dalla rivalità con Linate – non potrà rientrare nei programmi di Alitalia, troppo legata a Roma. E allora, non varrebbe la pena di farne un hub per qualche compagnia, ad esempio dell’Estremo Oriente?

Per Alitalia, guardiamo all’estero

Le esperienze delle compagnie aeree di Kenya e Sri Lanka dimostrano che l’apertura a capitali esteri migliora la gestione e assicura benefici reali. Per raggiungere questi risultati è però necessario che il Governo sviluppi una strategia chiara e credibile. Da far valere negli accordi con gli investitori stranieri e che permetta di non capitolare di fronte alle inevitabili resistenze e proteste. A partire da quelle che si leveranno contro la scelta necessaria di un unico hub nazionale.

Un Borsa ad alta tensione. Pure troppaÂ…

La Borsa elettrica è partita dal 1° Aprile, e già fa paura… Ma i dati devono essere letti con attenzione e cautela, perché, a parte gli ovvi problemi di ogni “gioco” nuovo, non sta andando tanto male. Anche se le imprese – uscite da un sistema di prezzi amministrati – devono stare attente a non ubriacarsi di libertà. Il mercato ha delle regole, e le imprese non possono tirare troppo la corda.

Più R&S! Più R&S! Sì, ma in quali settori?

L’Italia investe poco in ricerca e sviluppo. I dati mostrano che soprattutto i settori maggiormente “high tech” segnano il passo. Occorre una politica della ricerca che ci agganci al resto dell’Europa, non i pericolosi segnali di autarchia industriale che provengono dal Governo.

Il “valore” dei brevetti

LÂ’analisi delle citazioni brevettali consente di misurare lÂ’utilità, la novità e la non ovvietà di una innovazione e fornisce una mappa delle connessioni che si instaurano fra brevetti successivi. Dal confronto internazionale emerge che lÂ’Italia ha una propensione a brevettare inferiore a quella dei paesi tecnologicamente più progrediti. E non brilla neppure per il “valore” medio delle sue scoperte e invenzioni. Si conferma così lÂ’impressione di una debolezza endemica del nostro sistema nazionale dellÂ’innovazione.

Torino-Lione: 13 miliardi spesi bene?

La linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione costerà tredici miliardi di euro. Anche accettando le stime di domanda più ottimistiche, il rapporto costi/benefici appare estremamente basso. Se lÂ’obiettivo è quello di dare a Torino una dimensione internazionale e rilanciare lÂ’economia piemontese, forse dovremmo scegliere una forma di investimento pubblico più efficace. Per esempio, con molto meno di tredici miliardi potremmo creare a Torino la migliore università dÂ’Europa. Per i nostri lettori un commento di Giuseppe Pennisi e la controreplica dell’autore

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