Il ministro Tremonti ha individuato nella “apertura troppo violenta dei mercati” a Paesi come la Cina la causa del declino economico italiano. Ma le ragioni del declino sono piuttosto addebitabili ai mancati investimenti in infrastrutture, nella ricerca, nei sistemi formativi, nelle grandi reti di servizio. Con i risultati che vediamo. Insomma i cinesi non devono servire a coprire responsibilità politiche.
Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 85 di 86
Stati Uniti ed Europa hanno la principale responsabilità nell’assicurare che il sistema multilaterale degli scambi sia sempre più aperto ed efficiente. Per questo devono evitare nuove possibili spinte protezionistiche che rischiano di compromettere la ripresa commerciale e la crescita mondiale.
Riproponiamo ai nostri lettori lo studio ripreso dall’Economist del 31 luglio. Trae spunto dal fatto che oggi si confronta spesso l’offerta di De Benedetti a Prodi per l’acquisto della Sme nel 1985 e il ricavato dalla vendita tra 1993 e 1996, raffrontando cifre molto lontane nel tempo e tra loro non comparabili, a meno di non attualizzarle in modo adeguato
Appare nel bilancio consolidato 2002 di General Motors e rivela un deficit patrimoniale dei fondi pensione intorno agli 80 miliardi di dollari, quattro volte la capitalizzazione di Borsa della società . Per coprirlo la casa automobilistica ha emesso obbligazioni, molto ben accolte dal mercato. Ma il caso Gm non è isolato: anche per i fondi previdenziali americani si affaccia un problema di insostenibilità ?
La riforma della legge fallimentare non può più essere rimandata. Di fronte all’impasse della commissione Trevisanato, serve quindi una chiara direttiva politica sulle priorità e gli obiettivi da perseguire. Che devono riguardare in particolare la prevenzione della crisi, il ruolo del mercato e del giudice, la revocatoria e le insolvenze dei privati. E forse qualche suggerimento può arrivare dalle soluzioni prospettate nella passata legislatura.
Canale 5 diventa il primo canale televisivo nel prime time, mentre la Rai è penalizzata da una strategia di programmazione più preoccupata dei costi che della qualità dei programmi. E avvantaggia le reti private “regalando” spettatori, e contratti pubblicitari più vantaggiosi, ma anche la possibilità di contenere le spese. I ravvicinati cambi e la litigiosità dei vertici aziendali hanno paralizzato decisioni importanti e portato a casi di concorrenza interna al limite dell’autolesionismo.
Il recente regolamento europeo prevede che la gestione degli scambi di energia elettrica sia effettuata attraverso meccanismi di mercato. Una soluzione che non piace ai grandi consumatori italiani perché li priva del sussidio implicito garantito finora dal razionamento delle quantità . Ma per l’Italia potrebbe essere l’occasione per uscire dalla condizione di Paese meno competitivo in Europa in questo settore.
Sono i capitalisti che hanno più da perdere dall’espandersi del libero mercato. Per questo esercitano la loro influenza per impedire l’adozione di regole e leggi che ne permettano lo sviluppo corretto e per ottenere sussidi e protezioni dai Governi. Contrastare gli interessi costituiti, “Salvare il capitalismo dai capitalisti”, significa perciò rafforzare la consapevolezza che il mercato è il mezzo migliore per promuovere la crescita e ridurre la povertà .
Le baruffe sui nomi per il rinnovo dei vertici delle tre società nate per gestire la liberalizzazione del settore elettrico rendono evidente un conflitto tra diritto di proprietà (del ministero dell’Economia) e potere di indirizzo strategico (del ministero delle Attività produttive). Da qui un’impasse che invece di essere risolta con una ridistribuzione dei pacchetti azionari, è affrontata come ai tempi delle partecipazioni statali, con il regime di prorogatio.
A Bruxelles si discute l’ennesima riforma della politica agricola comune. Come da copione, l’Italia chiede nuovi sussidi. Ma ancora una volta il dibattito elude il punto cruciale: lÂ’eccessiva protezione accordata allÂ’agricoltura fin dalla istituzione del Mercato Comune. Prezzi dei prodotti alimentari più alti e una struttura produttiva inefficiente sono i risultati. Che finiscono per penalizzare gran parte degli agricoltori italiani.