La Nadef porta le previsioni di crescita del Pil nominale per il 2021 al 7,6 per cento. Ne segue un mutamento del quadro macroeconomico che libera risorse aggiuntive. Dovrebbero essere indirizzate a potenziare gli investimenti fissi pubblici.
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L’intervento dello stato per sostenere economicamente imprese, famiglie e governi locali nell’emergenza sanitaria era inevitabile. Ma forse le risorse a debito impegnate sono state eccessive. E non sempre sono andate a chi ne aveva bisogno.
La fase di uscita dal Covid-19 ricorda la fine della seconda guerra mondiale? Allora si ebbe una temporanea impennata dei prezzi, con una crescita inizialmente incerta. Ma le politiche economiche furono molto più restrittive di quelle annunciate oggi.
All’uscita dalla pandemia sono due le questioni all’ordine del giorno: le spinte inflazionistiche degli ultimi mesi saranno transitorie? La forte ripresa che si profila sarà sostenibile e duratura? Per l’Europa decisive le risposte della Bce.
I comuni dovranno gestire ingenti risorse del Pnrr. L’analisi dei progetti finanziati dal Fondo sociale europeo rivela che quelli troppo piccoli e quelli grandi, specie al Sud, hanno difficoltà a spendere i fondi. Servirebbe una struttura di sostegno.
Le regole europee prevedono che i conti di tutta la pubblica amministrazione siano sotto controllo. Per questo anche i comuni sono sottoposti a vincoli. Va però chiarito quale sia la quota di indebitamento netto consolidato della Pa loro riconosciuta.
Alcune spese, anche se in deficit, hanno minori effetti sul debito e stimolano la crescita del Pil. Sono gli investimenti e spese correnti per formazione, cultura, difesa e welfare. Mentre interessi e incentivi alle imprese fanno aumentare il debito.
Produttività, reddito e occupazione ristagnano in Italia da tempo. Per avvicinarci alle economie europee dovremmo realizzare riforme complessive e non limitarci a quella del fisco, che però è la meno costosa. Lo confermano i risultati di una simulazione.
Spesso le procedure contabili impediscono di spendere risorse già disponibili nei bilanci pubblici. E le prassi studiate per eludere il problema finiscono per aggravarlo. Va riformato il sistema dei rapporti finanziari tra stato ed enti territoriali.
L’analisi empirica rigorosa migliora le politiche pubbliche e dunque rende il paese più ricco e più giusto. Un libro recente lo riafferma con esempi concreti. Ma su questo fronte l’Italia è in clamoroso ritardo. È arrivato il momento di recuperarlo.