Le esportazioni italiane crescono da tre anni come quelle della Germania. È una buona notizia, eppure la Spagna fa meglio. D’altra parte, i miglioramenti competitivi sono ottenuti al costo di forti deterioramenti del mercato del lavoro. I rischi del riequilibrio asimmetrico perseguito in Europa.
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Sulla possibile ripresa dell’economia italiana è in atto una sorta di balletto delle cifre. Ma l’alternarsi di notizie e analisi contrastanti da parte delle istituzioni preposte alla formulazione delle previsioni contribuisce a rafforzare l’opinione molto diffusa che dei dati non ci si può fidare
La stabilizzazione dei 150mila precari della pubblica amministrazione è un pessimo segnale per il futuro. Non impedirà alle amministrazioni di ricorrere a contratti a tempo determinato anche quando non ce ne sono i presupposti. E viola i diritti costituzionali dei lavoratori che non vi rientrano.
Le scelte del Governo nelle prossime settimane sono decisive per consolidare i segnali positivi registrati dalla nostra economia. Va spezzato il circolo vizioso di stretta creditizia e sofferenze bancarie. E in Europa si deve puntare sul negoziato per la revisione del ruolo dei fondi strutturali.
Dopo tante false partenze i dati sugli ordini industriali segnalano l’arrivo della ripresa autunnale, soprattutto per le imprese che vendono all’estero. Ma rischia di essere una ripresa senza lavoro se non ritorna il credito e se, invece di riduzioni estemporanee di Imu e Iva, non si tagliano le imposte sul lavoro.
Negli ultimi due anni, la spesa pubblica primaria è diminuita in termini nominali. Non accadeva da 60 anni, ma non è ancora sufficiente per abbassare la pressione fiscale. Finora di spending review si è parlato molto ma non si è fatto nulla, bisogna rivedere i programmi di spesa.
Per uscire dalla recessione servirebbero una robusta svalutazione del tasso di cambio, una politica monetaria ben più espansiva di quella sinora realizzata dalla Bce e una politica fiscale adeguata, accompagnata da una forte monetizzazione del debito. Da attuare però insieme ai partner europei.
La seconda parte del confronto fra il trattamento economico dei parlamentari italiani e quello dei colleghi di altri paesi europei. Sotto la lente, assegno di fine mandato e pensioni. Per scoprire che, in fondo, gli eletti italiani non sono (più) così privilegiati. I compensi per i collaboratori.
A luglio scatterà l’aumento di un punto dell’aliquota ordinaria dell’Iva. Non è facile definirne l’impatto in termini redistributivi. Il rincaro ricade senz’altro di più sulle famiglie più abbienti. Ma se si considera l’incidenza dell’Iva, il discorso cambia.
Nonostante gli errori riscontrati nel lavoro dei due economisti, resta il fatto che la relazione tra crescita e rapporto debito/Pil diventa negativa superata una certa soglia. Che non sia possibile determinarne con esattezza il valore non significa che non esista, benché differenziata tra paesi.